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Pinot Grigio delle Venezie DOC, tra nuove tendenze e cambiamenti di mercato

Si è svolto a Verona il convegno internazionale firmato DOC delle Venezie. Operatori di settore, opinion leader e stampa si sono confrontati sui valori del Pinot Grigio delle Venezie DOC, tra nuove tendenze e cambiamenti di mercato. Sviluppo dell'Enoturismo nel nord-est d’Italia come attrattore economico del settore.




La sfida del Pinot Grigio italiano. Come si tutela e si promuove un vitigno regionale? Se ne è parlato in un recente forum a Verona organizzato dal Consorzio delle Venezie. Una giornata di presentazione e dibattito sui temi dell’eccellenza produttiva del Triveneto, dentro e fuori i suoi mercati di riferimento. L’evento è stato moderato da Fabio Piccoli, Direttore di Wine Meridian e giornalista esperto di marketing internazionale del vino. Due sono state le sessioni di approfondimento su dinamiche ed innovazioni del mercato, analisi dei consumi, prospettive di crescita e strategie per aumentare il posizionamento e la redditività nei paesi di riferimento.

Il Pinot Grigio italiano è stata una delle grandi storie di successo dell'ultimo mezzo secolo: il vino bianco preferito da americani, britannici e da un numero crescente di persone in tutto il mondo. Ma poiché è conosciuto con il nome del vitigno, e non con la sua regione, i produttori stranieri hanno trovato la strada aperta per sfruttare questo successo. Così con l'aumento della domanda di Pinot Grigio, apparvero sugli scaffali i Pinot Grigio provenienti da California, Australia e Nuova Zelanda.

In risposta a questo, nel 2017, i produttori italiani di Pinot Grigio sono entrati in azione, dando vita a una denominazione completamente nuova chiamata Pinot Grigio delle Venezie, che comprende l'area geografica costituita dalle tre regioni italiane del Veneto, del Trentino-Alto Adige e del Friuli-Venezia Giulia, con l'obiettivo di elevare la qualità e riconoscibilità territoriale del vino.

Facendo un passo indietro voglio ricordare la nascita del fenomeno Pinot Grigio. Eh già perché si tratta di un vero e proprio fenomeno commerciale che risale agli anni '80. Nel 1979, un geniale importatore italo americano chiamato Anthony Terlato arrivò in Italia, alla ricerca di un bianco di alta qualità che potesse essere venduto per più di 10 dollari a bottiglia. Terlato aveva già avuto esperienze positive nel lanciare vini quali il Mateus e il  Blue Nun, due iconiche etichette provenienti dal Portogallo e dalla Germania. In un suo viaggio a Milano rimase colpito dal Pinot Grigio, tanto che volle inventare quello che oggi tutto il mondo conosce come il Pinot Grigio Santa Margherita, diventato uno dei marchi di vino più riconosciuti negli Stati Uniti e che ha contribuito a rendere il Pinot Grigio sinonimo di un bicchiere di bianco da consumare sia al bar sia al ristorante. Un'alternativa frizzante, leggera e disinvolta agli chardonnay legnosi statunitensi. Diciamo un fenomeno simile al nostro "prosecchino" tanto per intenderci.

Ritornando al convegno nella prima sessione sono stati analizzati i trend e le innovazioni del settore, dal sostenibile al low and no alcol, con un focus sulle politiche europee nel sistema vitivinicolo, per poi entrare nel merito dei valori della Denominazione d’Origine delle Venezie, cioè territorio, qualità certificata e stile unico.

Tra i vari interventi quello di Luca Rigotti – Consigliere del Consorzio delle Venezie e Presidente del Gruppo Mezzacorona, Coordinatore Settore Vitivinicolo di Alleanza delle Cooperative e Presidente del Gruppo di Lavoro Vino del Copa Cogeca – che è intervento sulla sostenibilità, vista come indirizzo strategico virtuoso per il futuro dell’enologia, e sulle nuove dinamiche innescate nel settore da questa scelta di fondo. Ad illustrare invece i valori della DOC delle Venezie sono stati chiamati Francesco Liantonio – Presidente di Triveneta Certificazioni, ente incaricato di gestire la tracciabilità e il controllo dei vini DOC delle Venezie e dunque di garantirne e tutelarne la qualità e la peculiarità – e Riccardo Velasco, Direttore del CREA, Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, che ha raccontato il Pinot grigio attraverso un excursus sulle origini della varietà coltivata nell’areale e un esame dei tratti intrinseci e distintivi che collegano indissolubilmente questo prodotto al suo territorio, primo tra tutti la tipologia ramata.

La seconda parte del convegno è stata dedicata alle strategie di valorizzazione e posizionamento nei mercati di riferimento e in Italia. Lulie Halstead, Founder di Wine Intelligence, Non-executive Director IWSR and Trustee e WSET, ha discusso le opportunità e le sfide che il mercato vinicolo statunitense rappresenta per il Pinot Grigio alla luce dei nuovi trend di consumo e che di fatto resta la seconda varietà bianca sul mercato statunitense, dopo lo Chardonnay. 

Kristi Paris, Head of Global Partnership di Vivino, la wine community più influente al mondo, ha affermato che negli Stati Uniti solo il 5,3% dei vini bianchi erano Pinot Grigio italiano, rispetto al 18,6% dello Chardonnay californiano. Nota positiva il Giappone in cui la domanda ha superato l’offerta, il ché suggerisce un’importante opportunità di mercato. Nel resto dei mercati tuttavia, il Pinot Grigio ha avuto un'accoglienza tiepida. In Italia secondo una ricerca Nexis, mostra che il Pinot Grigio sta ottenendo una copertura mediatica decisamente più positiva rispetto al passato ed al vino viene riconosciuta una qualità superiore, maggiormente quello delle regioni del Friuli e dell’Alto Adige, rispetto al Veneto.

Una soluzione è emersa ed è quella che riguarda il potenziamento dell'enoturismo. Segnali evidenti di una carenza di immagine e percezione del prodotto veneto si riscontrano anche nelle carte dei vini dei ristoranti dove come ad esempio a Verona il Pinot Grigio è assente. Questo non succede con il Lugana, un altro vino bianco veneto che è stato invece favorito da una massiccia campagna di marketing rivolta ad un enoturismo che si concentra sostanzialmente sul Lago di Garda, una delle mete preferite dai turisti tedeschi, che qui lo bevono e se lo portano anche a casa. Ma anche il Soave, aggiungo, che ha beneficiato di un'ottima campagna di marketing che ha giustamente messo in evidenza e dato l'accento ad una delle eccellenze bianchiste del Veneto. La campagna per il Soave è stata portata avanti grazie alla sua forte aderenza territoriale in cui i terreni dove viene coltivato sono di natura vulcanica. Ma di fatto se pensiamo ai numeri, l'enoturismo rimane la carta vincente.

Quello che necessita, ha affermato in conclusione, Albino Armani, presidente del Consorzio Tutela Vini Doc delle Venezie, è quindi lo sviluppo dell'enoturismo in zone del Veneto meno rappresentate ma che invece hanno molte e diversificate denominazioni da offrire. Per fare questo bisogna lavorare in modo tale da attrarre il consumatore finale. Se guardiamo al passato, per le generazioni più anziane l'unico obiettivo era produrre vino. Le persone erano povere e per sopravvivere avevano bisogno di collaborare insieme. Ora una nuova generazione di viticoltori è più aperta ad attrarre turisti. Si tratta di un patrimonio molto importante per questo territorio. E sarà infine proprio il nostro passato a darci il successo in futuro.

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