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Filippo e Filippino Lippi. Ingegno e bizzarrie nell'arte del Rinascimento

Il caso straordinario di un padre e un figlio, entrambi pittori e disegnatori di eccezionale talento, è protagonista ai Musei Capitolini nelle sale di Palazzo Caffarelli. L’esposizione, a cura di Claudia La Malfa, intende illustrare, attraverso una selezione di dipinti, disegni e documenti d’archivio, il talento del pittore fiorentino Fra’ Filippo Lippi (Firenze 1406-Spoleto 1469) e quello di suo figlio Filippino (Prato 1457 - Firenze 1504). Fino al 25 agosto 2024.



La mostra racconta il talento del padre, uno degli artisti più importanti della stagione fiorentina di Cosimo de’ Medici, e quello del figlio, che eredita dal padre l’ingegno e diventa l’interprete del gusto nella Roma della fine del Quattrocento. 

In mostra alcuni capolavori dell’arte di Filippo Lippi su tavola, dalla magnifica Madonna Trivulzio del Castello Sforzesco di Milano, manifesto della pittura del Lippi della quarta decade del Quattrocento, alla Madonna con angeli e committente della Collezione Cini di Venezia in cui si mostra il modo in cui il Lippi conia un linguaggio intimo per la devozione privata. Il doppio registro, ufficiale e privato, della produzione pittorica del Lippi si propone in mostra anche attraverso l’accostamento di due piccole tavole della Galleria degli Uffizi, raramente esposte al pubblico, raffiguranti l’Annunciazione della Vergine e i Santi Antonio Abate e Giovanni Battista con due tavole di grandi dimensioni raffiguranti i Santi Agostino e Ambrogio, Gregorio e Girolamo della Pinacoteca dell’Accademia Albertina, Torino, che originariamente formavano i laterali di un trittico la cui parte centrale è oggi conservata al Metropolitan Museum di New York.

La sezione di dipinti di Fra’ Filippo Lippi è corredata da un nucleo di documenti provenienti dagli archivi di Firenze e di Spoleto. In essi non solo emerge la rete di contatti del pittore con Cosimo de’ Medici e con il re di Napoli, ma è anche narrata, non senza una certa ironia, la storia del rapimento da parte del pittore di Lucrezia Buti dal convento a Prato in cui si trovava la giovane diciassettenne a studiare, la fuga d’amore dei due e la nascita del figlio Filippino.

Il percorso espositivo include una selezione di importanti disegni, concessi in prestito dalla Galleria degli Uffizi e dall’Istituto Centrale per la Grafica di Roma, in cui si evidenzia il debito di Filippino Lippi oltre che con il padre, nella cui bottega si forma, anche con Sandro Botticelli nella cui bottega fiorentina Filippino entrò in seguito alla morte del padre del 1469.

In mostra il capolavoro di Filippino Lippi: l’Annunciazione dei Musei Civici di San Gimignano. Nell’opera, realizzata in due separati tondi su tavola, Filippino Lippi conia le geometrie prospettiche e l’intima narrazione degli interni del padre con il respiro più ampio delle figure sinuose di Botticelli, in un’inedita concezione del contrappunto pittorico tra una nuova profondità prospettico-paesaggistica e un primo piano caratterizzato da preziosi colorismi e trasparenze che determinerà la fortuna di Filippino Lippi nella grande produzione pittorica delle ultime decadi del Quattrocento sia a Firenze che a Roma.

In mostra è incluso anche un disegno di Filippino Lippi proveniente dall’Accademia di Venezia che illustra l’ingegnosa invenzione realizzata nell’impresa ad affresco per la chiesa di Santa Maria sopra Minerva a Roma nella cappella del cardinale napoletano Oliviero Carafa. La parete della cappella dove sono raffigurate l’Annunciazione alla Vergine e l’Assunzione della Vergine è infatti una scatola cinese di immagini all’interno di immagini il cui ingegnoso meccanismo viene svelato in mostra attraverso l’esposizione del disegno prestato dall’Accademia di Venezia. Apice della produzione pittorica di Filippino Lippi, la Cappella Carafa è un condensato di citazioni dall’antico – le grottesche, la statua equestre del Marco Aurelio che all’epoca si trovava ancora a San Giovanni, il grande fregio antico che si trovava a San Giovanni, la statua di re barbaro prigioniero oggi nel cortile dei Capitolini, la piccola statua di putto che gioca con oca – che rivelano il fascino incondizionato di Roma sulla produzione artistica dei maestri del Rinascimento.

Vita e eredità degli artisti

Maestro assoluto della stagione dorata del Rinascimento fiorentino, Fra’ Filippo Lippi si forma nel convento dei carmelitani di Santa Maria del Carmine di Firenze dove cresce studiando le opere dei grandi maestri che vi avevano lavorato nel corso del Trecento e studiando i dipinti che Masolino e Masaccio stavano realizzando tra 1424 e il 1425 nella Cappella Brancacci.

Al contatto con questi due maestri, Filippo Lippi acquisisce gli strumenti per una moderna concezione di volumi tridimensionali costruiti da luce e colore e per il suo ingegno nella costruzione di spazio pittorico concepito prospetticamente. Nascono così i capolavori della produzione pittorica del Lippi che comincia la sua attività muovendosi nella fitta rete di contatti dei carmelitani in Italia. Ancora giovane, il Lippi si reca a Padova sviluppando un linguaggio pittorico che diventa il punto di contatto, insieme con le opere di Donatello e Leon Battista Alberti, tra la cultura artistica della Firenze di Cosimo de’ Medici e quella del Nord

Italia. Se è vera la testimonianza di Giorgio Vasari che l’artista fu catturato dai Mori sul mare di Ancona in una giornata in barca, per poi essere liberato dopo aver dipinto a carboncino l’immagine del loro signore, il Lippi dovette vivere una vita avventurosa che lo vide negli anni Cinquanta a Prato, dove dipinge gli affreschi per il coro della Pieve, e dove seduce e rapisce la bella e giovanissima ragazza del convento della città, Lucrezia Buti, dal cui amore nasce Filippino Lippi.

Filippino Lippi nacque a Prato nel 1457 da dove si sposta a Spoleto nel 1467 sempre assieme al padre impegnato nella sua ultima grande impresa pittorica, la tribuna della Cattedrale di Spoleto. Nel 1472, qualche anno dopo la morte del padre, Filippino, probabilmente quindicenne, è documentato “dipintore con Sandro di Botticello”. La relazione fra Botticelli e i due Lippi è singolare. Botticelli aveva svolto il suo discepolato presso Filippo Lippi, da cui aveva appreso i rudimenti di una pittura di linea e colori, e un’idea narrativa fatta di figure in pose piene di grazia. A sua volta Filippino, figlio di Filippo, si forma nella bottega di Botticelli, di lui poco più anziano, dove acquisisce anche parte degli elementi stilistici del padre. Questa triplice confluenza spiega una certa uniformità di linguaggio stilistico che si manifesta nella pittura fiorentina del Quattrocento, pur nella peculiarità espressiva di ciascuno di questi artisti dalla personalità unica.

Nel 1481 Filippino è a Firenze dove si iscrive alla Confraternita di San Paolo alla quale non solo sono associati i pittori Domenico Ghirlandaio e suo fratello Davide, ma anche il signore di Firenze Lorenzo de’ Medici e il poeta Angelo Poliziano, con i quali intratterrà rapporti di lavoro. Nei primi anni Ottanta del Quattrocento Filippino riceve l’incarico di completare gli affreschi della Cappella Brancacci al Carmine, cioè quegli affreschi che tanta importanza avevano esercitato sulla formazione di suo padre Filippo. Arrivano poi gli incarichi importanti: i tondi per il Palazzo Comunale di San Gimignano, in mostra, magnifica prova di uno stile maturo capace di creare una nuova intimità monumentale in spazi quotidiani dove il divino si manifesta improvvisamente attraverso la perfezione della luce; la pale d’altare per Tanai de’ Nerli, Rucellai, per Prato, Lucca e Bologna, e la Visione di San Bernardo (c.1484-86) commissionata da Piero di Francesco del Pugliese per la cappella di famiglia nel convento delle Campore dei monaci di Badia fuori Porta Romana a Firenze.

Nel 1487 Filippino riceve la chiamata da parte del potente banchiere Filippo Strozzi, ma viene subito dopo convocato, nel 1488 a Roma dal cardinal Carafa per dipingere la sua monumentale cappella privata nella chiesa di Santa Maria sopra Minerva, indicato da un suggerimento di Lorenzo de’ Medici. L’esperienza romana segna un’ulteriore tappa nell’invenzione figurativa di Filippino sia nelle opere su tavola sia negli affreschi della Cappella Strozzi cui lavora al suo ritorno a Firenze. Filippino Lippi muore improvvisamente all’età di 47 anni il 18 aprile 1504.

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