Il "ricercare" è una forma musicale che fu attiva durante il Rinascimento italiano. Il concetto che la viene a definire è quello di sperimentare sino in fondo le possibilità tecniche ed espressive di un determinato strumento, e, al contempo, l’idea della ricerca, appunto, di nuove e significative soluzioni compositive.
L'articolo prende spunto da un breve saggio del musicologo Daniele Torelli. "Ricercare", per lo storico della musica - e specialmente per chi guarda ai secoli alti – richiama una forma musicale peculiare, esclusivamente strumentale, del Rinascimento italiano. Questa forma musicale si è venuta a manifestare nel momento storico in cui la musica per soli strumenti diventa sempre più autonoma affrancandosi da quella vocale: i musicisti non si accontentano più di suonare opere scritte per le voci, e poco alla volta sviluppano una letteratura specifica.
In principio (primi del sec. XVI), il Ricercare fa riferimento a brevi brani per liuto o strumento a tastiera, il cui carattere improvvisativo e preludiante si manifesta nella contrapposizione di rapide figurazioni scalari a regolari scansioni accordali; ovviamente di stile idiomatico, tali composizioni possono talora accogliere – in specie negli esempi dotati di maggiore ampiezza – anche passaggi in imitazione, pur senza che tale tecnica vi sia assunta come elemento strutturante.
Le composizioni che si presentano sotto il titolo di Recercare rivelano una scrittura peculiare, dotta, ricercata, dominata dall'esercizio contrappuntistico nell'elaborazione imitativa di uno o più temi. A questa dimensione di ricerca, insita nel linguaggio musicale, bisogna poi aggiungerne una incentrata sulla ricerca performativa: nel Recercare rinascimentale si sperimenta la capacità delle dita e dello strumento da tasto di riassumere sotto la mano di un unico musicista, quella densa polifonia che fino ad allora era stata appannaggio quasi esclusivo delle voci e di una pluralità di interpreti ognuno dei quali costruiva la propria parte dell'edificio polifonico.
Al di là degli aspetti stilistici e della scrittura musicale che ci porterebbero sul terreno di tecnicismi della musica in cui non ci addentreremo, pare già illuminante mettere in luce la diversità di fonti dalle quali i compositori attinsero per ricavare i temi - i soggetti - da elaborare contrappuntisticamente (in imitazione, in fuga, ecc.). In primo luogo spiccano i casi in cui la fuga muove da una semplice successione di note: troviamo allora ricercari sopra Ut Re Mi Fa Sol La (Giuliano Tiburtino, Fantesie et Recerchari, 1549), dove la banale scala costituisce ancor più stimolante sfida per la scrittura. Il passo successivo, documentato da alcune stampe sin dai primissimi anni del Seicento, mostra i compositori misurarsi in raccolte sistematiche di Ricercari di tutti li tuoni (Floriano Canale 1601 e Aurelio Bonelli 1602).
Il ricercare finora ritratto potrebbe apparire fin troppo serioso, ma questa immagine è presto smentita dal cosiddetto Ricercare arioso e dalle tante composizioni che prendono a modello chansons del grande repertorio rinascimentale francese, a quel tempo letteralmente successi di livello europeo. Ecco allora, per esempio, i brani di Andrea Gabrieli stampati solo nel 1605, come il Ricercar sopra Martin menoit [ses pourceaux] (sulla chanson di Janequin), o il Ricercar sopra Pour ung plaisir.
Il nuovo secolo, il pirotecnico Seicento, ci rivela nuove vie della ricerca (o meglio, le fonti ce le consegnano in raccolte molto più sistematiche). Sul versante più concettoso, i compositori dichiarano ora sin dal titolo il loro obbligo: quanti soggetti vengono trattati e con che tecnica, come nella Ricercata con tre fughe, et suoi riversi, oppure et inganni, del napoletano Gio. Maria Trabaci (1603), o nella silloge del grande Frescobaldi del 1615 (Recercar con obligo di non uscir mai di grado). Eppure, non mancano i brani che prendono le mosse da temi in voga, come la Ricercata sopra [il basso del] Rugiero, sempre dello stesso Trabaci.
Un'altra preziosa fonte napoletana coeva svela il ricercare come mezzo per esprimere la emulatio tra compositori, e per rendere omaggio ai grandi maestri: ecco allora Ascanio Mayone misurarsi in due Recercar sopra il canto fermo di Costantio Festa (1609).
Questa dimensione si presta a ricordare brevemente il ricercare nella letteratura liutistica cinquecentesca: una fortuna più arcaica questa forma e che, in particolare, appartiene a un altro orizzonte d'uso oltre che a una precisa contestualizzazione sociale: più intima, cortese, cui il tenue suono dello strumento da pizzico risponde più convenientemente.
In conclusione, corre l'obbligo di ricordare quello che per lungo tempo è stato il genere di ricercare più diffuso nel repertorio dei nostri organisti. È indiscusso il rapporto assolutamente diretto tra la forma vocale del mottetto – forma libera tra quelle impiegate in ambito liturgico e il ricercare: anch'esso forma libera e dalla scrittura imitativa come tanta produzione mottettistica, si adatta perfettamente a un ruolo nell'organizzazione liturgico-musicale. Col Seicento e gli splendidi contributi frescobaldiani – si fisserà addirittura nella collocazione specifica di una riflessione grave nei Recercar dopo il Credo pubblicati nei Fiori Musicali (1635). Ma qui mi preme sottolineare soprattutto la dimensione pratica cui il ricercare si adatta a dar risposta, nella liturgia.
Eppure, anche in questo contesto regolato e ordinato, grandi compositori come Girolamo Frescobaldi non rinunciano alla provocazione e all'invenzione di originalità assoluta, come nella composizione a quattro voci cui l'interprete deve aggiungerne estemporaneamente una quinta: Recercar con obligo di Cantare la Quinta parte senza tocarla.
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