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Sociologia della musica, la rappresentazione dell'idea sonora tra autonomia e ideologia

La sociologia della musica è la disciplina che studia le relazioni esistenti tra i diversi fenomeni musicali e i contesti sociali in cui essi si manifestano. La rappresentazione dell'idea sonora, tra autonomia e ideologia, tiene conto dei diversi linguaggi musicali che da sempre assumono un ruolo significativo nei processi di costruzione sociale della realtà e dell’immaginario individuale e collettivo. 



Nell'indagine musicologica per l'analisi e la rappresentazione del testo antico, in termini di interdisciplinarietà, oltre alla filologia si pone al centro anche la sociologia della musica. Identificata come ramo minore della sociologia o come filone poco ortodosso degli studi musicologici, la sociologia della musica si è andata ad affermare soltanto a partire dai primi decenni del Novecento, a causa di un certo scetticismo dei formalisti, per cui le opere musicali sono viste come regolate da leggi e istanze autonome rispetto alla società in cui vengono prodotte e recepite. Ma anche a causa di alcune visioni ‘ideologiche’ che tendono a dar valore di verità incontrovertibile ad alcuni documenti e testimonianze storiche. 

E' solo a partire dagli anni ottanta del secolo scorso che gli studi sulle relazioni tra musica e società hanno assunto una dimensione più ricca e organica grazie all’incontro tra sociologia della musica, etnomusicologia e cultural studies, ovvero un particolare indirizzo di studi sociali che ha origine in Gran Bretagna come ampliamento del settore della critica letteraria verso i materiali della cultura di massa e che in Italia hanno preso forma grazie all'azione pionieristica degli studiosi dell'allora Istituto Universitario Orientale di Napoli.

Il recupero di una determinata prassi esecutiva storica, è uno degli elementi di criticità che espongono la ricerca del musicologo a tutta una serie di impasse, che non possono essere facilmente superate. Consideriamo che la ricezione della musica antica, ha risentito ad iniziare dai primi anni del novecento, di edizioni fortemente rimaneggiate e di esecuzioni alterate dal gusto romantico e postromantico, come ammodernamento delle figure ornamentali, manipolazione dell'armonia, corruzione e forzatura delle forme ritmiche e dei valori metrici, realizzazione di stampo pianistico per il basso continuo, improprietà degli organici, sostituzione con strumenti moderni di altri ormai in disuso, abbandono dei temperamenti originali, uso di un suono caratterizzato da un intenso vibrato e privo di inflessione dinamica. 

La sociologia della musica, come strumento di indagine, si è sviluppata soprattutto nel mondo anglosassone, nel quadro di una più generale frattura tra una “sociologia culturale” e una “sociologia della cultura”. Ma l’idea che sussistano importanti relazioni tra musica e società si era già venuta a formare nel pensiero antico, in cui l'oggetto della riflessione era proprio la funzione sociale della musica, ovvero la coscienza che la musica può essere determinante – obbedendo a precise prescrizioni etiche, derivanti da Platone in poi – alla formazione di una buona società. 

Con l'Illuminismo e poi, con più decisione, con il Romanticismo, si assisterà a un progressivo cambio di atteggiamento, in una direzione che purtroppo non favorirà lo studio della musica in una prospettiva sociale. Solo nel Novecento, quando la musica abbandona i circuiti elitari aristocratici prima e borghesi poi per diventare – con l’avvento dei mezzi di riproduzione – prodotto e fenomeno di massa, emergono le prime riflessioni di carattere autenticamente sociologico sulla musica. Si tratta di esperienze isolate e frammentarie, legate prevalentemente alle inclinazioni musicali individuali di sociologi e filosofi. 

Il primo contributo organico allo studio delle relazioni tra musica e società viene sviluppato da Theodor W. Adorno con le sue dodici "lezioni": dedicate a chiarire il rapporto tra musica, ideologia e classi sociali, costituiscono uno dei primi, fondamentali accostamenti teoretici al linguaggio musicale nella sua potenziale capacità sociale. Adorno muovendo da posizioni marxiste, sostiene l’esistenza di un rapporto di causa-effetto tra l’organizzazione delle strutture sociali e quella delle strutture musicali in cui il mercato ha acquisito una forza dominante crescente, portando così ad una progressiva trasformazione della musica in prodotto di consumo di massa. Un fenomeno che si palesa in maniera più evidente nella forma del jazz e delle canzonette, in contrapposizione a quella autentica della musica colta, capace di esprimere – anche attraverso sperimentazioni radicali – le contraddizioni e le aporie del sistema sociale in cui si dispiega.

L'analisi di Adorno delinea quelli che dovrebbero essere gli obiettivi della sociologia della musica, che nella sua prospettiva corrispondono in primo luogo, a una descrizione delle relazioni tra potere politico-economico e prassi musicale in un dato quadro sociale, evidenziando come l’ideologia dominante manipoli le coscienze attraverso la deformazione dei sistemi di produzione musicale e quali forze si oppongano a simili tendenze. Le sue tesi hanno ovviamente generato ampi contrasti, ma è interessante osservare, d'altro canto, come approcci simili – pur sviluppandosi da presupposti concettuali del tutto diversi e persino in aperta contrapposizione con il modello di sociologia musicale delineato da Adorno – finiscano paradossalmente per confermare l’idea adorniana di una connessione profonda tra strutture e dinamiche sociali e produzione musicale.

Weber invece affermava che le armonie musicali delle sinfonie settecentesche o i ritmi sonori delle composizioni su pianoforte possono servire alla costruzione di un'analisi sociologica della nostra cultura. Con intuito geniale, il sociologo tedesco, esplorò l'universo della musica, analizzò i dati empirici e arrivò a teorizzare una vera e propria sociologia musicale. La prima nel suo genere, nata in forte rottura sia con la tradizione che considerava il sistema armonico logico e immutabile, sia con quella di matrice materialistica, che riduceva la musica, e l'arte in generale, a semplice emanazione della tecnica. Per Weber, invece, nulla è naturale, tutto nasce da fattori immanenti come la cultura e la predilezione estetica. Weber passa in rassegna gli elementi essenziali della musica europea moderna; individua le differenze strutturali che distinguono la musica occidentale, fondata sull'armonia degli accordi, da quella extraeuropea, basata sul principio della distanza; trova nell'antica Grecia e nel suo sistema musicale basato sul tetracordo rintracciando i fattori che hanno influenzato l'evoluzione musicale, come le caratteristiche degli strumenti e la tonalità del linguaggio. È così che arriva a comprendere perché solo in occidente si sia sviluppata una musica armonica. 

In conclusione risulta abbastanza evidente che, in termini di rappresentazione sonora, la discussione dentro la sociologia della musica ha una portata teorica più ampia in quanto la stessa si nutre sempre più di contaminazioni con altre aree del sapere come antropologia, psicologia, filosofia, statistica e, negli ultimi decenni, il vasto settore dei cultural studies. Si può quindi parlare di una natura liquida di questo ambito di studi, un nuovo modo di pensare la musica; in futuro un ruolo determinante sarà la diffusione dei nuovi media e tecnologie, che favoriscono attraversamenti sonori, nel tempo e nello spazio e che se da un lato producono mutazioni delle pratiche musicali ancora da descrivere e valutare, dall’altro pongono in maniera del tutto nuova il problema del controllo sociale e della libertà dell’individuo, contribuendo alla "costruzione musicale" delle esperienze e delle memorie personali e collettive. Gli individui sono immersi nel suono, lo alimentano, lo consumano, in un processo continuo di ridefinizione delle proprie identità con riflessi significativi sull’organizzazione delle istituzioni musicali e sulla produzione e diffusione della musica. 



Fonti: Musica e Società, un'introduzione al linguaggio musicale, Università di Siena; Sociologia della musica: la costruzione sociale del suono, dalle tribù al digitale; Filologia musicale e prassi esecutive, Gianfranco Russo per l'Enciclopedia Treccani; Filologia musicale e prassi esecutiva, Giulio Andreetta; Introduzione alla sociologia della musica, Theodor W. Adorno; Sociologia della musica, Max Weber.

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