Nell'ambito delle misure adottate dal Governo per il contenimento e la gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, si è dato un forte impulso allo smart working, un'evoluzione più agile e flessibile del classico telelavoro.
Prima era Telelavoro, ovvero quando il lavoratore, sia dipendente che autonomo, svolgeva l'attività lavorativa esclusivamente da casa. Si è passati poi all'era del telelavoratore mobile, in cui non esiste un luogo specifico di lavoro, ma tanti luoghi, purché sia munito di strumenti tecnologici idonei, come un PC portatile e un telefono cellulare con connessione dati che gli consentono di avere a disposizione un vero e proprio “ufficio mobile”. Insomma in sostanza stiamo parlando del ben conosciuto smart working, un fenomeno oggi molto attuale a cui è stato dato un forte impulso per contenere e gestire l'emergenza coronavirus.
Se la particolarità del telelavoro tradizionale è quella di vincolare il lavoratore a svolgere le proprie mansioni da casa, lo smart working, a differenza, per definizione, presuppone flessibilità e adattamento delle risorse umane in funzione degli strumenti che si hanno a disposizione. Il termine infatti si viene a definire proprio per l’assonanza con la parola smartphone, in cui è la mobilità l’elemento che contraddistingue questa forma lavorativa da remoto, con la possibilità di svolgere i propri compiti virtualmente in qualsiasi luogo. Un concetto di lavoro che si allarga anche all’interno della stessa azienda con ambienti appositamente pensati per il co-working o nelle cosiddette huddle room, spazi dedicati a brevi riunioni improvvisate.
Di fatto ora lo smart working riflette un nuovo modo di utilizzare il lavoro nella produzione di beni e servizi, e senza voler essere ridondanti, in maniera "intelligente". Il ché significa, innestare la prestazione lavorativa in processi produttivi ridisegnati con l'utilizzazione delle nuove tecnologie, così da ottenere una ottimale combinazione di diverse modalità di lavoro, secondo funzioni gestite sia in presenza, sia a distanza, nell'ambito di sistemi produttivi complessi e fortemente interconnessi.
Una considerazione importante da fare è che, come spiega il Prof. Sebastiano Fadda, neopresidente dell’Inapp (Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche), questo lavoro da remoto non costituisce una sorta di vacanza pagata, come pure l'ipotesi contraria di uno straripamento incontrollato degli orari di lavoro a scapito dei tempi di riposo. Questo può succedere se lo smart working viene semplicemente identificato con il telelavoro; ma bisogna abbandonare questa confusione: lo smart working è un'evoluzione del telelavoro che prevede una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall'assenza di vincoli orari o spaziali e un'organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività.
La definizione di smart working è contenuta nella Legge n. 81/2017, dove si pone l'accento proprio sulla flessibilità organizzativa, sulla volontarietà delle parti che sottoscrivono l'accordo individuale e sull'utilizzo di strumentazioni che consentano di lavorare da remoto. Ai lavoratori agili viene garantita la parità di trattamento - economico e normativo - rispetto ai loro colleghi che eseguono la prestazione con modalità ordinarie.
Nel dettaglio, le principali modalità di lavoro agile, così come definite nell'ambito delle misure adottate dal Governo, sono, in via prioritaria, la flessibilità di svolgimento della prestazione lavorativa, in un'ottica di progressivo superamento del telelavoro. L'utilizzo di strumenti idonei per la partecipazione da remoto a riunioni e incontri di lavoro (sistemi di videoconferenza e call conference). L'impiego di soluzioni "cloud" per agevolare l'accesso condiviso a dati, informazioni e documenti anche mediante dispositivi di proprietà del dipendente, a fronte dell'indisponibilità o insufficienza di dotazione informatica dell'amministrazione.
In sostanza prepariamoci per un futuro lavorativo smart anche il dopo Covid-19, perché, come affermato sempre da Fadda in suo intervento su Formiche, se si coglie l’impulso verso lo smart working provocato dalla presente pandemia per procedere a una profonda trasformazione dei processi produttivi e dell’organizzazione del lavoro basata sulle tecnologie digitali, allora veramente può cambiare in positivo la qualità del lavoro e cambia sicuramente il sistema delle professioni e delle competenze richieste ai lavoratori. Infatti tutti i lavori verranno di fatto impregnati pienamente dalle tecnologie informatiche e a tutti i lavoratori verrà richiesto un elevato livello di capacità cognitive e di padronanza delle tecnologie digitali.
Prima era Telelavoro, ovvero quando il lavoratore, sia dipendente che autonomo, svolgeva l'attività lavorativa esclusivamente da casa. Si è passati poi all'era del telelavoratore mobile, in cui non esiste un luogo specifico di lavoro, ma tanti luoghi, purché sia munito di strumenti tecnologici idonei, come un PC portatile e un telefono cellulare con connessione dati che gli consentono di avere a disposizione un vero e proprio “ufficio mobile”. Insomma in sostanza stiamo parlando del ben conosciuto smart working, un fenomeno oggi molto attuale a cui è stato dato un forte impulso per contenere e gestire l'emergenza coronavirus.
Se la particolarità del telelavoro tradizionale è quella di vincolare il lavoratore a svolgere le proprie mansioni da casa, lo smart working, a differenza, per definizione, presuppone flessibilità e adattamento delle risorse umane in funzione degli strumenti che si hanno a disposizione. Il termine infatti si viene a definire proprio per l’assonanza con la parola smartphone, in cui è la mobilità l’elemento che contraddistingue questa forma lavorativa da remoto, con la possibilità di svolgere i propri compiti virtualmente in qualsiasi luogo. Un concetto di lavoro che si allarga anche all’interno della stessa azienda con ambienti appositamente pensati per il co-working o nelle cosiddette huddle room, spazi dedicati a brevi riunioni improvvisate.
Di fatto ora lo smart working riflette un nuovo modo di utilizzare il lavoro nella produzione di beni e servizi, e senza voler essere ridondanti, in maniera "intelligente". Il ché significa, innestare la prestazione lavorativa in processi produttivi ridisegnati con l'utilizzazione delle nuove tecnologie, così da ottenere una ottimale combinazione di diverse modalità di lavoro, secondo funzioni gestite sia in presenza, sia a distanza, nell'ambito di sistemi produttivi complessi e fortemente interconnessi.
Una considerazione importante da fare è che, come spiega il Prof. Sebastiano Fadda, neopresidente dell’Inapp (Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche), questo lavoro da remoto non costituisce una sorta di vacanza pagata, come pure l'ipotesi contraria di uno straripamento incontrollato degli orari di lavoro a scapito dei tempi di riposo. Questo può succedere se lo smart working viene semplicemente identificato con il telelavoro; ma bisogna abbandonare questa confusione: lo smart working è un'evoluzione del telelavoro che prevede una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall'assenza di vincoli orari o spaziali e un'organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività.
La definizione di smart working è contenuta nella Legge n. 81/2017, dove si pone l'accento proprio sulla flessibilità organizzativa, sulla volontarietà delle parti che sottoscrivono l'accordo individuale e sull'utilizzo di strumentazioni che consentano di lavorare da remoto. Ai lavoratori agili viene garantita la parità di trattamento - economico e normativo - rispetto ai loro colleghi che eseguono la prestazione con modalità ordinarie.
Nel dettaglio, le principali modalità di lavoro agile, così come definite nell'ambito delle misure adottate dal Governo, sono, in via prioritaria, la flessibilità di svolgimento della prestazione lavorativa, in un'ottica di progressivo superamento del telelavoro. L'utilizzo di strumenti idonei per la partecipazione da remoto a riunioni e incontri di lavoro (sistemi di videoconferenza e call conference). L'impiego di soluzioni "cloud" per agevolare l'accesso condiviso a dati, informazioni e documenti anche mediante dispositivi di proprietà del dipendente, a fronte dell'indisponibilità o insufficienza di dotazione informatica dell'amministrazione.
In sostanza prepariamoci per un futuro lavorativo smart anche il dopo Covid-19, perché, come affermato sempre da Fadda in suo intervento su Formiche, se si coglie l’impulso verso lo smart working provocato dalla presente pandemia per procedere a una profonda trasformazione dei processi produttivi e dell’organizzazione del lavoro basata sulle tecnologie digitali, allora veramente può cambiare in positivo la qualità del lavoro e cambia sicuramente il sistema delle professioni e delle competenze richieste ai lavoratori. Infatti tutti i lavori verranno di fatto impregnati pienamente dalle tecnologie informatiche e a tutti i lavoratori verrà richiesto un elevato livello di capacità cognitive e di padronanza delle tecnologie digitali.
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