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Scienza e Meditazione: quando star bene è una questione di testa

L'Almanacco della Scienza a cura del Cnr, pubblica un articolo con i risultati degli ultimi studi del rapporto tra mente e meditazione, in particolare quelli della mindfulness, una tecnica di concentrazione benefica per la nostra salute psicofisica.






Pubblicato sull'Almanacco della Scienza, quindicinale a cura dell’Ufficio Stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche, un interessante articolo a firma di Anna Capasso in cui si mettono in evidenza i risultati degli ultimi studi nel campo della neuroscienza che dimostrano quanto la mente può aiutarci a star meglio attraverso la meditazione ed in particolare la mindfulness o “meditazione di consapevolezza”.

Sono tante le situazioni di tensione che incidono sulle nostre energie e sulla nostra capacità di adattamento: incomprensioni familiari, dissidi sul posto di lavoro, preoccupazione per le spese da sostenere. Sono tutti fattori che si ripercuotono sul nostro equilibrio e possono addirittura farci ammalare.

Non a caso, lo stress psichico cronico è associato a molte patologie contemporanee: dall'ansia alla depressione, dall'obesità al diabete, fino all'ipertensione. Ma gli studi dimostrano anche il contrario: la mente può aiutarci a star meglio e uno dei fenomeni più studiati in tal senso è la mindfulness o “meditazione di consapevolezza”, una tecnica di concentrazione non-giudicante verso il momento presente.

Marco Mirolli dell'Istituto di scienze e tecnologie della cognizione (Istc) del Cnr di Roma, spiega che questa pratica può dare effetti benefici anche su disturbi fisici come diabete, malattie cardiache e dolore cronico, arrivando a proteggere contro l'invecchiamento cellulare. E uno dei suoi principali meccanismi di azione potrebbe riguardare proprio la riduzione dello stress.

Una recente rassegna sistematica mostra che la meditazione in generale, e la mindfulness in particolare, è in grado di diminuire molti marcatori fisiologici dello stress quali cortisolo, frequenza cardiaca e pressione arteriosa, nonché proteina C-reattiva e fattore di necrosi tumorale alfa, due marcatori di infiammazione che aumentano con lo stress prolungato.

Inoltre, è dimostrato che la mindfulness produce benefici sul cervello, modificandone sia il funzionamento, cioè l'attivazione di alcune aree cerebrali, sia la struttura, aumentandone il volume. Tra tali aree sembra incluso anche l'ippocampo, deputato alla cognizione spaziale e all'apprendimento.

Tra le cause ipotizzate di tale effetto, la diminuzione del cortisolo. L'atrofizzazione dell'ippocampo dipende da vari fattori legati allo stress, primo fra tutti il cortisolo, che in quantità eccessive aumenta la neurodegenerazione (perdita di neuroni e sinapsi) e riduce la neurogenesi (nascita di nuovi neuroni)”, conclude il ricercatore. È già dimostrato che la mindfulness può ridurre lo stress e i suoi marcatori fisiologici, cortisolo incluso, quindi potrebbe diminuire l'atrofia, aumentare la neurogenesi nell'ippocampo e accrescerne il volume. Testare sperimentalmente quest'ipotesi sarà una bella sfida per la ricerca futura.

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