Ricercatori americani hanno sviluppato robot che irradiano luce ultravioletta su viti affette da epidemie di oidio. Lavorano di notte e sono in grado di muoversi autonomamente lungo i filari. Le prime unità sul mercato entro quest'anno. Lo studio pubblicato sulla rivista Plant Health Progress.
Un team di ricerca guidato da David Gadoury della Cornell AgriTech, nello stato di New York, in collaborazione con la SAGA Robotics in Norvegia ha testato e sviluppato le prime unità robotiche commerciali equipaggiate con la nuova tecnologia a raggi ultravioletti.
L’oidio, conosciuto anche con il nome di “mal bianco”, è una tra le più gravi patologie della vite che, al pari della peronospora, può avere un impatto disastroso sulla produzione, riducendo il vigore delle viti e portando ad una diminuzione quanti-qualitativa dell’uva prodotta. Il fungo, che si manifesta attraverso una tenue muffa biancastra, attacca ogni genere di tessuto vegetale della vite: foglie, infiorescenze, tralci ancora verdi e grappoli. Una sua particolarità è quella in cui migliori sono le condizioni climatiche (ventosità, assenza di pioggia, temperature elevate, bassa umidità relativa dell’aria) maggiori sono le probabilità che si diffonda.
La malattia, causata dal fungo Erysiphe necator, precedentemente noto con il nome di Uncinula necator nella sua forma gamica, ovvero quando caratterizzato da riproduzione sessuata e di Oidium tuckeri in quella agamica, quando asessuata, fu segnalata per la prima volta nel 1847 a Parigi, dopodiché si diffuse rapidamente in tutta Europa giungendo in Italia nel 1851. L’oidio è presente ovunque venga coltivata la vite e ad oggi l'unica arma per combatterlo sono i trattamenti fitosanitari che devono essere ben calibrati e solo a livello preventivo, mai curativo, in quanto, a differenza della peronospora, nel momento in cui si manifesta nella pianta, il suo contenimento sarà molto difficoltoso.
Gli studi sull'uso della luce UV per eliminare l'oidio della vite risalgono al 1991, David Gadoury a capo della ricerca ha maturato una lunga esperienza in questo campo, anche in collaborazione con l'Università della Florida per quanto riguarda il controllo di questa patologia sulla fragola. L'oidio infatti, è il principale problema di questa coltura in cui l'agente patogeno - Sphaerotheca macularis sp. Fragariae - può colpire tutte le parti della pianta.
Sulle base di queste precedenti ricerche, i risultati del lavoro del team di Gadoury hanno confermato che l'agente patogeno della vite, per difendersi dai danni causati dagli UV, attua un meccanismo di riparazione biochimica, che viene stimolato dalla luce solare. Di notte il meccanismo si inattiva, lasciando di fatto il fungo indifeso. Ecco in tal modo che nelle ore notturne, l'intervento dei robot risulta particolarmente efficacie, eliminando l'oidio in maniera del tutto naturale.
I test sono stati effettuati su viti della varietà Chardonnay con risultati eccellenti: in due anni l'oidio è stato eliminato con trattamenti a cadenza settimanale. Insomma sembra proprio che questa tecnologia possa essere una valida alternativa agli antifungini sia in termini di sostenibilità sia economici, visto che attualmente un viticoltore in media deve usare i fungicidi per l'oidio da 10 a 15 volte l'anno.
Una delle unità robotiche a luce ultravioletta al lavoro di notte in un vigneto |
L’oidio, conosciuto anche con il nome di “mal bianco”, è una tra le più gravi patologie della vite che, al pari della peronospora, può avere un impatto disastroso sulla produzione, riducendo il vigore delle viti e portando ad una diminuzione quanti-qualitativa dell’uva prodotta. Il fungo, che si manifesta attraverso una tenue muffa biancastra, attacca ogni genere di tessuto vegetale della vite: foglie, infiorescenze, tralci ancora verdi e grappoli. Una sua particolarità è quella in cui migliori sono le condizioni climatiche (ventosità, assenza di pioggia, temperature elevate, bassa umidità relativa dell’aria) maggiori sono le probabilità che si diffonda.
La malattia, causata dal fungo Erysiphe necator, precedentemente noto con il nome di Uncinula necator nella sua forma gamica, ovvero quando caratterizzato da riproduzione sessuata e di Oidium tuckeri in quella agamica, quando asessuata, fu segnalata per la prima volta nel 1847 a Parigi, dopodiché si diffuse rapidamente in tutta Europa giungendo in Italia nel 1851. L’oidio è presente ovunque venga coltivata la vite e ad oggi l'unica arma per combatterlo sono i trattamenti fitosanitari che devono essere ben calibrati e solo a livello preventivo, mai curativo, in quanto, a differenza della peronospora, nel momento in cui si manifesta nella pianta, il suo contenimento sarà molto difficoltoso.
Gli studi sull'uso della luce UV per eliminare l'oidio della vite risalgono al 1991, David Gadoury a capo della ricerca ha maturato una lunga esperienza in questo campo, anche in collaborazione con l'Università della Florida per quanto riguarda il controllo di questa patologia sulla fragola. L'oidio infatti, è il principale problema di questa coltura in cui l'agente patogeno - Sphaerotheca macularis sp. Fragariae - può colpire tutte le parti della pianta.
Sulle base di queste precedenti ricerche, i risultati del lavoro del team di Gadoury hanno confermato che l'agente patogeno della vite, per difendersi dai danni causati dagli UV, attua un meccanismo di riparazione biochimica, che viene stimolato dalla luce solare. Di notte il meccanismo si inattiva, lasciando di fatto il fungo indifeso. Ecco in tal modo che nelle ore notturne, l'intervento dei robot risulta particolarmente efficacie, eliminando l'oidio in maniera del tutto naturale.
I test sono stati effettuati su viti della varietà Chardonnay con risultati eccellenti: in due anni l'oidio è stato eliminato con trattamenti a cadenza settimanale. Insomma sembra proprio che questa tecnologia possa essere una valida alternativa agli antifungini sia in termini di sostenibilità sia economici, visto che attualmente un viticoltore in media deve usare i fungicidi per l'oidio da 10 a 15 volte l'anno.
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