Viticoltura e ricerca, biofertilizzazione, "Bagassa": riscoperta e migliorata l'efficacia di una pratica tradizionale in disuso
Il Ministero spagnolo di scienza e innovazione ha avviato uno studio sull'efficacia di un fertilizzante a base di vinacce (bagassa), una tradizionale pratica oggi in disuso, e lombrichi. L'innovativo compost completamente naturale si presta alla coltivazione di uve per vini di alta qualità, nonché alla difesa del vigneto, unendo i vantaggi di economia circolare e viticoltura sostenibile.
L'utilizzo della bagassa come fertilizzante in viticoltura è una tradizionale pratica di fertilizzazione del terreno a base di vinacce (parti legnose e buccia del grappolo di uva) che vengono riutilizzate sia dopo fermentazione che distillazione. I risultati di uno studio spagnolo nell'ambito di un progetto di valorizzazione di scarti vinicoli per il recupero di prodotti ad alto valore aggiunto, cofinanziato dal Centro per lo sviluppo tecnologico industriale del Ministero della scienza e dell'innovazione, hanno evidenziato che l'unione di bagassa e lombrichi crea un compost (vermicompostaggio) benefico per il vigneto che risulta particolarmente efficacie nella produzione di vini di qualità superiore.
Il progetto a cui ha partecipato l'azienda vinicola Abadía da Cova, nella zona di origine della DO Ribeira Sacra, si chiama Vitalver ed è stato cofinanziato dal Centro per lo sviluppo tecnologico industriale del Ministero della scienza e dell'innovazione. In tre anni, sono stati studiati i vantaggi del compostaggio bagassa con i lombrichi - chiamato vermicompostaggio - in termini di economia circolare e viticoltura sostenibile.
Il lavoro in campo ha previsto l'utilizzo di bagassa generata dall'industria vinicola - sia fresca che da post distillazione - e lombrichi. Da questa unione è stato prodotto un fertilizzante di alta qualità con proprietà biostimolanti e di difesa per la vite. Gli effetti del vermicompostaggio sono stati studiati su raccolti successivi in quattro vigneti coltivati con la varietà mencía: uno di oltre venticinque anni di età, due di cinque anni ed uno appena piantato, per essere poi comparati con vigneti non trattati.
Il processo di biofertilizzazione, si è svolto attraverso applicazione spray del vermicompostaggio in fase liquida. Nella preparazione del compost, le vinacce sono state separate dai residui di semi dalla bagassa, per ridurne la fitotossicità. Nelle vendemmie 2017, 2018 e 2019, sono stati analizzati campioni di suolo, foglie e uva provenienti da oltre 3.000 piante. La prima conclusione è che le viti biofertilizzate presentavano una diminuzione dell'incidenza di malattie causate da funghi fitopatogeni.
I risultati del monitoraggio dei vini prodotti non sono stati meno sorprendenti. Durante queste tre annate sono stati ricavati 1.000 litri di vino da ceppi trattati con biofertilizzante e la stessa quantità di vino da uve di ceppi non trattati. Le fermentazioni in entrambi i casi sono state spontanee - senza l'aggiunta di lieviti da laboratorio per attivarlo - e in contenitori simili in termini di volume.
Adrián Rodríguez, enologo e rappresentante della nuova generazione della cantina, è rimasto sorpreso dall'esplosione aromatica del vino sperimentale da uve biofertilizzate. L'impressione positiva di alta qualità trasmessa in degustazione, è stata poi confermata dall'analisi spettrometrica del loro contenuto in polifenoli e composti aromatici. Rispetto al vino di controllo, prodotto da vigne non trattate, questo presentava differenze significative, molto più delle aspettative. Visivamente il vino sperimentale presenta una maggiore vivacità e giovinezza. Al naso si presenta senza riduzioni - principale problema enologico delle uve mencía - aperto ed espressivo; al palato è risultato poi più profondo, persistente e complesso.
Un dato importante che è emerso dallo studio è l'importanza dell'utilizzo dei lombrichi; senza i vermi infatti, l'applicazione della sola bagassa come fertilizzante è sconsigliata. Il motivo è che le sole vinacce acidificherebbero eccessivamente i suoli dei vigneti. Il lavoro dei lombrichi invece modifica completamente la struttura della bagassa, cambiandone radicalmente il pH.
La ricerca sul vermicompostaggio, che si svolta nell'ambito di un progetto di valorizzazione di scarti vinicoli per il recupero di prodotti ad alto valore aggiunto, ha avuto l'obiettivo anche di trasformare il problema degli scarti del processo di vinificazione e distillazione in un vantaggio. Il progetto Vitalver è stato finanziato con il fondo Feder dell'Unione Europea, ed oltre alla cantina Abadía da Cova (Ribeira Sacra), ha partecipato anche la cantina Terras Gauda (Rías Baixas) in Galizia. La ricerca è stata supervisionata dai team di Jorge Domínguez e Marta Lores, direttori di progetto e professori delle università di Vigo e Santiago.
Il progetto a cui ha partecipato l'azienda vinicola Abadía da Cova, nella zona di origine della DO Ribeira Sacra, si chiama Vitalver ed è stato cofinanziato dal Centro per lo sviluppo tecnologico industriale del Ministero della scienza e dell'innovazione. In tre anni, sono stati studiati i vantaggi del compostaggio bagassa con i lombrichi - chiamato vermicompostaggio - in termini di economia circolare e viticoltura sostenibile.
Il lavoro in campo ha previsto l'utilizzo di bagassa generata dall'industria vinicola - sia fresca che da post distillazione - e lombrichi. Da questa unione è stato prodotto un fertilizzante di alta qualità con proprietà biostimolanti e di difesa per la vite. Gli effetti del vermicompostaggio sono stati studiati su raccolti successivi in quattro vigneti coltivati con la varietà mencía: uno di oltre venticinque anni di età, due di cinque anni ed uno appena piantato, per essere poi comparati con vigneti non trattati.
Il processo di biofertilizzazione, si è svolto attraverso applicazione spray del vermicompostaggio in fase liquida. Nella preparazione del compost, le vinacce sono state separate dai residui di semi dalla bagassa, per ridurne la fitotossicità. Nelle vendemmie 2017, 2018 e 2019, sono stati analizzati campioni di suolo, foglie e uva provenienti da oltre 3.000 piante. La prima conclusione è che le viti biofertilizzate presentavano una diminuzione dell'incidenza di malattie causate da funghi fitopatogeni.
I risultati del monitoraggio dei vini prodotti non sono stati meno sorprendenti. Durante queste tre annate sono stati ricavati 1.000 litri di vino da ceppi trattati con biofertilizzante e la stessa quantità di vino da uve di ceppi non trattati. Le fermentazioni in entrambi i casi sono state spontanee - senza l'aggiunta di lieviti da laboratorio per attivarlo - e in contenitori simili in termini di volume.
Adrián Rodríguez, enologo e rappresentante della nuova generazione della cantina, è rimasto sorpreso dall'esplosione aromatica del vino sperimentale da uve biofertilizzate. L'impressione positiva di alta qualità trasmessa in degustazione, è stata poi confermata dall'analisi spettrometrica del loro contenuto in polifenoli e composti aromatici. Rispetto al vino di controllo, prodotto da vigne non trattate, questo presentava differenze significative, molto più delle aspettative. Visivamente il vino sperimentale presenta una maggiore vivacità e giovinezza. Al naso si presenta senza riduzioni - principale problema enologico delle uve mencía - aperto ed espressivo; al palato è risultato poi più profondo, persistente e complesso.
Un dato importante che è emerso dallo studio è l'importanza dell'utilizzo dei lombrichi; senza i vermi infatti, l'applicazione della sola bagassa come fertilizzante è sconsigliata. Il motivo è che le sole vinacce acidificherebbero eccessivamente i suoli dei vigneti. Il lavoro dei lombrichi invece modifica completamente la struttura della bagassa, cambiandone radicalmente il pH.
La ricerca sul vermicompostaggio, che si svolta nell'ambito di un progetto di valorizzazione di scarti vinicoli per il recupero di prodotti ad alto valore aggiunto, ha avuto l'obiettivo anche di trasformare il problema degli scarti del processo di vinificazione e distillazione in un vantaggio. Il progetto Vitalver è stato finanziato con il fondo Feder dell'Unione Europea, ed oltre alla cantina Abadía da Cova (Ribeira Sacra), ha partecipato anche la cantina Terras Gauda (Rías Baixas) in Galizia. La ricerca è stata supervisionata dai team di Jorge Domínguez e Marta Lores, direttori di progetto e professori delle università di Vigo e Santiago.
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