Passa ai contenuti principali

Ricerca, la luce UV influenza lo sviluppo degli aromi nell'uva. Lo studio sul Savignon Blanc

Un gruppo di ricerca dell'Università di Auckland, in Nuova Zelanda, ha verificato in che modo l'irradiazione esogena della luce ultravioletta sulle uve della varietà Sauvignon Blanc ne caratterizza il profilo aromatico.






L'uva Sauvignon Blanc è uno dei vitigni a bacca bianca più diffusi al mondo, grazie alla sue peculiari caratteristiche che incontrano un favore sempre più crescente tra i consumatori con una estensione coltivata che, secondo le stime dell'Organizzazione internazionale della vite e del vino (OIV), si attesta a 123.000 ha. Va da se che questo vitigno sia di rilevante importanza sotto il profilo economico dei diversi paesi produttori. In tal senso questa varietà è spesso oggetto di studi. Tra questi quelli sui Tioli varietali, un gruppo di composti scoperti poco più di vent'anni fa (Darriet, 1994), che in sostanza vanno a caratterizzare il profilo aromatico di un determinato vino.

Questi composti sono presenti già nelle uve sotto forma di precursori legati alla cisteina e/o al glutatione e la loro espressione sensoriale (ovvero la capacità di esprimere un aroma una volta liberi) è legata all'azione del lievito (Saccharomyces cerevisiae o altre specie). La sintesi dei precursori è legata sicuramente alla varietà, alla zona geografica, ma anche ad alcune scelte viticole. Un'altra caratteristica dei tioli è che si sviluppano in modo diverso a seconda del clima. Pertanto, ad esempio, nelle aree più fredde, è stato riscontrato che i profili tiolici sono maggiori rispetto alle aree più calde.

Il presente lavoro ha voluto indagare l'effetto dell'irradiazione esogena della luce ultravioletta sullo sviluppo dei tioli associati ad aromi considerati positivi e responsabili del carattere varietale dei vini prodotti dalla varietà sauvignon blanc.

Non è un caso se la ricerca è a firma neozelandese, questo è di fatto il paese da dove provengono i più noti e apprezzati Sauvignon blanc, dalla spiccata riconoscibilità che li rende inconfondibili. La domanda che ha mosso lo studio e perché? Qual è la ragione di questa peculiarità? Sicuramente questo è dovuto dal fatto che la Nuova Zelanda geograficamente è soggetta ad una maggiore incidenza di luce ultravioletta rispetto ad altre regioni con altitudine e latitudine simili.

Precedenti studi hanno dimostrato che l'irradiazione per alcune ore di luce UV-C su varietà di uve chardonnay ne ha aumentato temporaneamente il contenuto di precursori tiolici. Su queste basi i ricercatori hanno avviato i lavori prelevando l'uva da vigneti ubicati nella valle del Wairau, una zona riconosciuta per produrre vini sauvignon con profili aromatici e caratteristiche uniche.

Una parte delle uve raccolte sono state collocate in contenitori di vetro per essere poi irradiate attraverso lampade UV. Successivamente, attraverso tecniche cromatografiche, sono stati stimati i profili tiolici, confrontandoli con quelli delle altre uve non irradiate. Il controllo sui profili aromatici è stato poi eseguito anche su campioni di vino microvinificati.

I risultati hanno mostrato che l'irradiazione della luce UV sulle uve Sauvignon Blanc ha sviluppato aromi di cassis, frutto della passione e pompelmo, tutti descrittori caratteristici e molto apprezzati di questa varietà. Si è notato però che i vini avevano una ridotta presenza del 3-mercaptoesil acetato (3MHA) uno dei tre tioli volatili che caratterizzano queste uve, responsabile principalmente di sentori di legno di bosso.

Nuovi studi dovranno sicuramente essere effettuati per mettere a punto questa tecnica. Cosa importante che al momento, come precedentemente accaduto per altre varietà, i ricercatori sono riusciti a verificare in che modo l'irradiazione della luce UV sulle uve Sauvignon Blanc aiuta a sviluppare i caratteristici e apprezzati aromi tiolici di questa varietà.

Commenti

Post popolari in questo blog

Vino e scienza, il sistema agrovoltaico come efficiente risposta allo stress idrico della vite

I risultati di uno studio francese dimostrano l'efficacia del sistema agrovoltaico nella gestione del vigneto. I pannelli solari installati nel vigneto sembrano avere un impatto positivo sulla resistenza della vite allo stress idrico. Nasce un nuovo e promettente modo di coltivare, secondo recenti studi l'agrovoltaico, ovvero agricoltura + fotovoltaico si sta dimostrando un sistema efficace nella gestione del vigneto che combina su una superficie, una coltura e pannelli solari fotovoltaici, sollevati da terra e controllati in base alle esigenze fisiologiche delle piante. In effetti è un doppio sistema in quanto i pannelli oltre a produrre energia pulita e rinnovabile, proteggono le piante modificando il clima sulle colture. L’agrovoltaico di fatto può essere considerato una tecnologia 4.0 applicata alla viticoltura. I pannelli solari installati nel vigneto sembrano avere un impatto sulla resistenza della vite allo stress idrico. Uno studio condotto dalla Camera dell

Scienza, sviluppato dispositivo per misurare il metanolo nel vino

Ricercatori svizzeri hanno sviluppato un dispositivo economico che rileva basse concentrazioni di metanolo nel vino. La nuova tecnologia può essere utilizzata sia da i consumatori che dai produttori ed è in grado di rilevare valori di metanolo in soli due minuti. Perdita di coscienza fino al coma, disturbi visivi fino alla cecità, acidosi metabolica. Sono i segni caratteristici dell’intossicazione da alcool metilico o metanolo. In piccolissime percentuali, l’alcool metilico, è un componente naturale del vino ma che se aumentato dolosamente, provoca danni permanenti, portando anche alla morte. E' bene ricordare che più di trent'anni fa e purtroppo proprio in Italia, si verificò il più grave scandalo nel settore del vino. Si tratta del triste episodio del "vino al metanolo" che nel marzo 1986 provocò 23 vittime e lesioni gravissime a decine di persone come la perdita della vista. Al quel particolare vino erano state aggiunte dosi elevatissime di metanolo per

Archeologia, Toscana: a San Casciano ritrovate statue di bronzo etrusche e romane intatte. Scoperta più importante dei Bronzi di Riace

 A San Casciano dei Bagni in Toscana riemergono da alcuni scavi 24 statue di bronzo etrusche e romane intatte. La scoperta è più importante del ritrovamento dei Bronzi di Riace. 24 statue di bronzo, 5 delle quali alte quasi un metro, e perfettamente integre. L'eccezionale scoperta è avvenuta a San Casciano dei Bagni in Toscana, piccolo borgo nella provincia di Siena noto per le sue affascinanti terme. In queste ore i tecnici del laboratorio sono già al lavoro per il restauro delle opere. Il ritrovamento grazie ad un progetto in cui gli archeologi sono impegnati da tre anni. Gli scavi furono intrapresi infatti nel 2019 con la concessione del ministero della Cultura e il sostegno anche economico del comune toscano. Alla guida del progetto l’archeologo Jacopo Tabolli, docente dell’Università per Stranieri di Siena. I lavori nel sito hanno fatto già fatto parlare di sé. Dalle acque delle terme infatti emergono oggetti straordinari, come la grande vasca, svariate offerte votive, altari