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Libri, Filosofia della musica. Tarda Antichità e Medioevo

Un bel volume questo di Cecilia Panti per Carocci Editore che fa parte della serie “Il pensiero musicale” diretta da Fabrizio Della Seta. Il concetto di “musica” nel Medioevo, il quid est musica secondo i pensatori che si collocano dal volgere dell’età antica, tra i secoli IV e V dell’era cristiana, alla fine del XIV secolo. Questo il nodo centrale di riflessione di tale tradizione di pensiero, che delimita l’oggetto d’indagine di questo libro.


I rapporti fra musica e filosofia nel mondo antico furono profondi. La matematica musicale pitagorica fornì la chiave per interpretare la struttura dell'ordine cosmico. Trasmessa al Medioevo da Sant'Agostino e da Boezio, essa innestò un fecondo e complesso dialogo con la nascente teoria musicale. All'avvio del XII secolo la riscoperta della filosofia aristotelica, la nuova concezione della scienza e le complesse innovazioni del linguaggio polifonico concorsero ad aprire la strada all'affermarsi del principio di autonomia del comporre musicale, gettando le basi per la moderna scienza acustica. 

L'esposizione storica di questo volume a cura di Cecilia Panti, docente di Storia della filosofia medievale presso l’Università di Roma Tor Vergata, coniuga la musica, la filosofia e la scienza, considerando il pensiero musicale come luogo privilegiato per delineare elementi di continuità tra mondo antico, medievale e moderno. 

Secondo quanto Platone narra nel Fedone, Socrate ricevette più volte, in sogno, l’ordine di fare musica. Socrate era certo che il sogno lo incitasse proprio verso ciò che già faceva, poiché la filosofia, secondo lui, era la musica più alta. Basterebbe questo richiamo a rendere palpabile quanto fossero profonde le connessioni fra musica e filosofia nel mondo antico e nella successiva cultura medievale; ciononostante, né i pensatori dell’Antichità né quelli del Medioevo individuarono in tale relazione un contesto di saperi esplicitamente definito “filosofia della musica”. Questa locuzione, applicata al mondo antico e medievale, come il titolo del presente volume propone, è un concetto storiografico che possiamo estendere a indicare la riflessione sulla musica in senso lato, ovvero ciò che gli intellettuali, i musicografi, i filosofi, i teologi o gli scienziati pensavano che essa fosse. Il nodo centrale di riflessione di tale tradizione di pensiero, che delimita l’oggetto d’indagine di questo libro, è quindi il concetto di “musica” nel Medioevo, il quid est musica secondo i pensatori che si collocano dal volgere dell’età antica, tra i secoli IV e V dell’era cristiana, alla fine del XIV secolo. 

Nella cultura della tarda Antichità e del Medioevo latino la musica era anzitutto una scienza, cosa che rende subito evidente la differenza con il concetto moderno di “musica” come arte. Nel mondo greco antico, in realtà, il termine mousiké, ricalcato dal latino musica, ebbe un’accezione vastissima, comprensiva di tutte le espressioni artistiche che implicavano il suono, il ritmo, la danza e la poesia. 

Tuttavia, la speculazione filosofica sulla musica si interessò per lo più a un aspetto particolare, e tutto sommato marginale, del fenomeno sonoro, cioè la misura delle altezze dei suoni, che potevano essere espresse attraverso rapporti matematici. La matematica musicale, o scienza armonica, sviluppatasi nell’ambito della scuola pitagorica, forniva infatti una chiave di lettura per interpretare la struttura ordinata del mondo, come espose Platone nel Timeo. A partire dall’opera di commento a questo testo, la riflessione sulla musica aspirò a realizzare un punto di convergenza fra estetica, matematica e cosmologia. 

Gli autori latini ereditarono queste riflessioni, e collocarono la scientia musicae, insieme all’aritmetica, alla geometria e all’astronomia, nel quadrivium, la “quadruplice via” alla conoscenza, che a sua volta introduceva al sapere filosofico. Trasmessa da sant’Agostino, da Marziano Capella e da Boezio, che ne reinterpretarono i contenuti alla luce delle profonde trasformazioni dell’ideale antico di paidéia, la scienza della musica, a partire dall’età carolingia, innestò un fecondo e complesso dialogo con la pratica del canto liturgico. Emergeva, infatti, in Occidente, un nuovo “oggetto” di indagine musicale, il canto della Chiesa, percepito quale concreta espressione sonora di un’armonia celeste che è ordine divino provvidente. 

Far quadrare le strutture melodiche del canto gregoriano con i principi teorici della matematica musicale antica, riscoperta nell’opera di Boezio, sarà esercizio lungo e complesso per i musici altomedievali, ma proprio l’incontro della musica speculativa con la practica fu l’evento cardine da cui scaturì l’ars musica, cioè, potremmo dire, la “dimensione teorica” della prassi musicale. 

Il XIII secolo segnò l’ingresso della scienza aristotelica in Occidente, e la musica speculativa di Boezio subì una nuova trasformazione, che mise in crisi il suo nesso inscindibile con l’aritmetica, proiettando la disciplina musicale nel contesto della filosofia naturale e della fisica. 

Nel processo di riassetto teoretico, il pensiero sulla musica dovette confrontarsi con l’ampia discussione dottrinale sulla natura della scienza e sul metodo scientifico sviluppatasi nelle università: la musica è una scienza teorica o pratica? Le conoscenze musicali sono matematico-speculative o tecnico-operative? Le risposte date a queste domande dimostrano come la disciplina della musica, insegnata nelle facoltà delle Arti, costituiva per i maestri un caso complesso e un banco di prova dell’epistemologia scolastica. Il XIII secolo fu anche l’età del decollo della polifonia d’arte, e fu proprio dall’emergente bisogno di organizzare in via normativa il costrutto di linee melodiche differenti che cominciò a manifestarsi, nei trattati di teoria musicale, l’urgenza di misurare con gli strumenti della matematica l’altro parametro sonoro: il tempo. 

L’approccio a questa nuova problematica, nella seconda metà del secolo, lascia emergere la ricerca da parte dei teorici della musica di un coerente appoggio filosofico, di una presa di coscienza sui concetti di “tempo” e “spazio”, applicati alle argomentazioni su ritmo, armonia e consonanza. L’oggetto sonoro, al volgere del secolo, è divenuto a pieno titolo un prodotto dell’arte umana, un compositum artificiale il cui fine è quello di suscitare piacere attraverso la bellezza della forma, cioè la proporzionalità di tutte le sue componenti. 

Le regole del comporre furono riconosciute come presupposti intimamente connessi all’espressione artistica; e tutto ciò non poté che risvegliare l’attenzione sui temi della bellezza e dell’arte, col conseguente ampliamento, e a tratti stravolgimento, dei fondamenti matematico speculativi della teoria musicale. 

Con l’avvio della stagione umanistica, che affermò il principio dell’autonomia del comporre musicale, i nodi dottrinali dell’antica filosofia della musica iniziarono a sciogliersi – e su questo snodo fondamentale si interrompe il presente volume –, ma è chiaro che l’eredità dei suoi saperi continuò ad alimentarsi secondo modalità e sensibilità nuove, aprendo la strada da un lato alla nascita della moderna scienza acustica, dall’altro alla successiva collocazione dell’estetica musicale nell’ambito della filosofia dell’arte. 

Dal quadro generale dei contenuti di questo volume, qui riassunti, il lettore può intravedere negli sviluppi della filosofia della musica medievale i prodromi dell’estetica musicale, cioè di quel settore della filosofia dell’arte che ha per oggetto il bello in musica. Ugualmente, può ricercare i fondamenti della scienza acustica nelle speculazioni sulla matematica musicale. 

Il fatto che il pensiero medievale sulla musica, pur rinnovando i propri contenuti, rimase, pur restando fedele alla specificità dei suoi fondamenti speculativi, rende questo settore d’indagine un luogo privilegiato per tracciare le linee di continuità e i momenti di svolta sia nell’ambito della stessa cultura medievale, sia nel più largo tessuto di relazioni fra il mondo antico, medievale e moderno. In questo senso, il percorso storico che viene tracciato non mira solo a delineare una “storia” del pensiero musicale medievale, ma vorrebbe evidenziare anche un problema storiografico di fondo. 

La storiografia storico-filosofica, infatti, investigando sulle origini della scienza moderna, ha ormai riconosciuto un rapporto di continuità con la scienza medievale, rapporto esaminato in ambito logico, matematico, fisico e astronomico, e sondato nella sua complessità anche da più recenti ricerche sull’esoterismo, la medicina, l’alchimia. La musica, antica sapienza matematica che percorse tutta l’età di mezzo, e che fu insegnata nei luoghi in cui approdò la filosofia aristotelica e si accese il dibattito sulla scienza, non è stata finora collocata in tale contesto di ricerca. Inoltre, il pensiero musicale in età rinascimentale e nel periodo della rivoluzione scientifica, che è stato studiato in maniera più organica, non è stato ancora messo concretamente in rapporto con la speculazione musicale medievale. 

L’idea umanistica del “ritorno agli antichi” ha fatto perdurare la convinzione che scienziati, filosofi e musici del Rinascimento si applicassero ex novo a problematiche trattate dai teorici greci e romani, dimenticando che l’età medievale provvide a rifornire umanisti e accademici di una solida base metodologica per le loro argomentazioni, se non addirittura di specifiche nozioni tecniche. Su queste aporie questo volume intende richiamare l’attenzione. 

La filosofia della musica nel Medioevo viene messa a fuoco secondo un’impostazione cronologica e con taglio manualistico, seguendo il pensiero dei principali filosofi e teorici della musica del mondo latino medievale. Alcuni temi di base, tuttavia, attraversano costantemente lo svolgersi delle argomentazioni: 

1. Se e perché la musica è una scienza; 

2. Qual è l’oggetto della disciplina musicale; 

3. Come si colloca la musica nel panorama generale delle scienze; 4. cos’è l’arte musicale; 

5. Cos’è il suono musicale; 

6. la teoria del bello in musica. 

Nella presentazione di problemi così vasti e complessi è stato inevitabile operare selezioni e tagli drastici, che balzeranno all’attenzione sia di chi si occupa di storia della musica, sia di chi si occupa di storia della filosofia o della scienza. La scelta è stata quella di concentrarsi sui momenti di svolta e sulle riflessioni più significative, nella coscienza che questo volume è una proposta nuova, e non solo in ambito italiano, indirizzata anche al lettore non specialista. 

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