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Tra spuri e "contrafacta", un indagine sulla diffusione della musica di Carissimi in Europa

Insieme a Palestrina e pochi altri compositori italiani tra Cinque e Seicento, Carissimi è quello più citato. La diffusione della sua musica in Europa ha del sorprendente; il compositore romano è tra i non molti a vantare una fama quasi ininterrotta dal suo tempo alla contemporaneità. Tra spuri e "contrafacta" la ricerca musicologia prosegue grazie al ritrovamento di nuove fonti musicali. Così, a 350 anni dalla sua morte, il profilo dell'artista è in continuo aggiornamento.



Il presente articolo si basa su una relazione della musicologa Carmela Bongiovanni che riguarda la diffusione della produzione musicale sacra di Giacomo Carissimi tra sette e ottocento, nell'ambito delle Giornate di studi musicologici, etnomusicologici e storici di Anagni, evento singolare e di assoluto valore formativo che si è svolto nella prestigiosa cornice del Palazzo detto di “Bonifacio VIII”, e interamente dedicato alla musica sacra e liturgica, con particolare attenzione alla figura dei maestri di cappella e ai fondi delle stesse.

Ultimamente mi sto occupando dell'opera di Giacomo Carissimi e, nello specifico, sul grande impatto cha ha avuto la lezione carissimiana in patria, ma ancor più a livello europeo. Cercando qualche informazione aggiornata sulla diffusione della musica di Carissimi in Europa, mi sono rivolto ad Academia.edu, un social network dedicato alla condivisione di testi accademici, dove tra l'altro anch'io condivido qualche articolo sul tema musica antica. 

La ricerca musicologica ha oggi a disposizione degli studiosi diversi elenchi e inventari delle musiche di Carissimi (cantate, mottetti e oratori), ma è anche vero che le discrepanze tra i diversi autori e compilatori, sono talora del tutto evidenti, e questo a riprova delle difficoltà che lo studio della tradizione scritta delle composizioni di Carissimi presenta. 

Se Carissimi è diventato uno degli emblemi della musica antica italiana è anche grazie ai tanti spuri e contrafacta, ovvero vere e proprie ricomposizioni della sua musica sparsi per l'Europa. Dal fondo svedese Duben, passando per la Germania, fino al Regno Unito, le testimonianze della diffusione della musica di Carissimi si accavallano costantemente; un incessante disseminazione delle sue opere, grazie anche al contribuito di musicisti allievi molti di area romana, in contatto con il compositore.

La musicologa Carmela Bongiovanni, in una approfondita indagine, ci ha voluto portare a conoscenza, attraverso fonti certe, alcune questioni ed episodi particolarmente significativi e dimostrativi della continuità della fama di Carissimi per tutti i secoli fino a noi, delineando un quadro più preciso sul  lavoro del compositore romano, al di fuori dei confini italiani.

Sappiamo ora che la penetrazione della musica sacra di Carissimi sconfinava anche in contesti non cattolici: studi recenti confermano che le sue composizioni facevano parte del repertorio della chiesa luterana di Bratislava. Sempre in ambiti non cattolici, e in particolare in territorio tedesco, sono da ricordare i mottetti a due e tre voci, presenti nell’inventario della biblioteca di musica vocale della Michaelisschule a Lüneburg, all’epoca dell’alunnato di Johann Sebastian Bach. Importante segnalare inoltre che a contribuire alla diffusione della musica di Carissimi in Europa nel secolo successivo, sono i collegi gesuitici, potenziali centri di raccolta e disseminazione della sua musica all’estero. 

Sempre dall'indagine apprendiamo che le maggiori novità nel campo della ricerca musicologica inerente a Giacomo Carissimi sembrano venire da recentissime notizie che riguardano la prassi dell’esecuzione di oratori in musica alla corte asburgica di Vienna nel secondo Seicento. Questa diffusione della musica di Carissimi al di fuori dei confini italiani trova una traccia nelle già note lettere, tra cui anche una assai conosciuta del gesuita Theodorico Bechei che lo invita insistentemente a venire a Bruxelles e a prendere servizio presso l’Arciduca Leopold Wilhelm Asburgo.

Ricostruire la storia della fortuna moderna di Carissimi significa in gran parte osservare gli sforzi dell’editoria musicale europea verso un’appropriazione della figura e dell’opera del compositore di Marino: assenti in Italia editori musicali attivi nei primi decenni dell’Ottocento nella sua riscoperta. Su tutti quella intrapresa nel 1869 (anche se non completata) dal grande musicologo Friedrich Chrysander; forse il primo a comprendere l’utilità e importanza di una edizione almeno delle principali opere di Carissimi, mai tentata prima di allora.

Se la fortuna di un compositore si misura dalla quantità di musica a lui falsamente attribuita, possiamo dire che in questo Carissimi non fu secondo a nessuno, ancora ai nostri giorni. Sempre a proposito degli spuri, anch’essi hanno goduto di riflesso della fortuna del loro falso autore. A simbolo paradossale della fortuna di Carissimi vero e falso tra Sette e Ottocento, l'autrice cita la vicenda del mottetto O felix anima, sezione del mottetto Audite gentes, pubblicato a stampa da diversi editori contemporanei, che in realtà è oggi riconosciuto come spurio e attribuito a Maurizio Cazzati. Nel 1827 sul «The Quarterly Musical Magazine & Review», O felix anima viene recensito come: "sweet trio by Carissimi", fatto questo che paradossalmente attesta anche la fortuna e diffusione dell’opera di Carissimi nell’Ottocento e Novecento. 

Un altro mottetto attribuito falsamente a Carissimi è Gaudeamus omnes, a quattro voci (SATB) e basso continuo, riconosciuto come spurio e attribuito anch’esso a Maurizio Cazzati. Ancora oggi l’indice dell’Opac SBN - Catalogo collettivo delle biblioteche del Servizio Bibliotecario Nazionale, continua a intestare entrambi i pezzi a Carissimi. In campo profano, il celebre Hic, haec hoc. Scherzo musicale, pubblicato molte volte nell’Ottocento sotto il nome di Carissimi, è in realtà di Tarquinio Merula.

La catena di edizioni moderne di Carissimi compiute su edizioni precedenti – senza alcun rapporto con le fonti antiche – è ininterrotta. Un esempio paradigmatico nel campo della musica profana, citato dalla Bongiovanni, è quello della cantata Amante sciolto d’amore. Vittoria, mio core, su testo di Domenico Benigni, e delle sue numerose traduzioni e anche interpretazioni del testo. Il successo di questa cantata nell’editoria musicale moderna, non ha forse eguali in un compositore del Seicento: essa è passata da un’antologia ottocentesca all’altra in un turbine incredibile di edizioni. All’inizio del ’900 assistiamo all’assurgere di questa cantata a una vera e propria hit locale. 

Un altro aspetto degno di interesse, che riguarda strettamente la fortuna di Carissimi nel Sette e nell’Ottocento è la presenza della voce biografica sul compositore nei principali dizionari dei musicisti tra Sette e Ottocento e nelle più importanti storie della musica. La pietra miliare per la conoscenza e diffusione di Carissimi nel secondo Ottocento e per gli studi su Carissimi nel primo e secondo Novecento fu l’omonima voce apparsa nella seconda edizione (1860-1865) della Biographie universelle des musiciens et bibliographie générale de la musique di Fétis, che divulgava al mondo intero novità sulla biografia e opere di Carissimi e che conteneva innumerevoli importanti correzioni desunte da altri autori: tra queste anche il luogo di nascita che è Marino e non Padova come  erroneamente affermato da Spiridione.

Sulla sua opera di lessicografo, alla voce "Carissimi", Fétis rintraccia temi poi sviluppati dagli studiosi nei decenni successivi. Egli segnala la “modernità” della musica di Carissimi, individuando un capofila che – attraverso i suoi “allievi” veri o presunti, tra cui Scarlatti - ha aperto la strada verso la musica del XVIII secolo. Tanto per citarne alcuni: «contribuì al perfezionamento del recitativo, introdotto da poco tempo da Caccini, Peri e Monteverdi». Questa e altre traduzioni che seguono sono di Carmela Bongiovanni.  Fétis considera Carissimi un “maestro del recitativo”. E ancora: «Se egli non fu l’inventore della cantata propriamente detta, lo si può considerare come uno dei maestri che contribuirono il più efficacemente a perfezionarne le forme, e che, attraverso la bellezza delle loro opere in questo genere, operarono una sostituzione dei madrigali con le cantate». Carissimi inoltre per Fétis rinnovò il basso strumentale (un po’ troppo monotono, dice, con la prima scuola monodica fiorentina), dandovi «movimento e varietà nelle forme». Inoltre aggiunge che «il canto di Carissimi ha della grazia; noi vi osserviamo soprattutto una espressione vera e spirituale, sostenuta da un’armonia che, senza essere dotta come quella dei maestri dell’antica scuola romana, è tuttavia purissima».

Come accennato, Fétis inquadra problemi che verranno successivamente ripresi e approfonditi dalla storiografia del Novecento; gran parte dei dettagli da lui forniti in relazione alle fonti delle opere di Carissimi sono veritieri. Un dato interessante è che in terra francese Carissimi era osannato. Bourdelot nella sua Histoire, pone la qualità creativa del compositore italiano al livello di quella di Tiziano, Raffaello, Molière, Racine e Corneille: ciò dimostra la conoscenza e apprezzamento della musica di Carissimi nella seconda metà del Seicento in Francia.

La fama di Carissimi anche negli anni successivi alla morte non accenna a scemare, anzi è più viva che mai: come ha evidenziato Arnaldo Morelli in un convegno a Roma, nelle ricevute della fine del ’600 del copista di musica della famiglia Borghese, si evidenzia la copiatura – e quindi un annesso interesse esecutivo – presso il palazzo dei principi Borghese a Roma delle musiche di Carissimi.

In conclusione Carissimi non ha avuto solo, suo malgrado, il “privilegio” di una notorietà data dagli spuri ma anche dalle decine di allievi veri e presunti sparsi nell’Europa intera, attribuiti nel corso dei decenni da studiosi diversi, ci danno comunque la misura della sua notorietà. Carissimi insomma è stato trasformato di volta in volta con il volgere dei secoli e delle mode e delle modalità di ricezione e di prassi di esecuzioni; è compito della contemporaneità recuperare, anche attraverso l’eredità di questa enorme tradizione, la verità della figura e dell’opera del compositore di Marino.

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