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Pitture sonore: quel senso del ritmo musicale nelle opere di Ter Brugghen. Un indagine sulla tecnica pittorica dell’artista seguace di Caravaggio

Hendrick ter Brugghen eccelleva nel catturare il ritmo musicale nello stesso modo in cui componeva i suoi dipinti. Le opere del pittore olandese sono lo specchio del suo ampio interesse culturale per le raffigurazioni dei piaceri idilliaci dell'esistenza vissuti attraverso la musica. Egli abbracciò pienamente questo tema in una serie di dipinti di musicisti e cantanti che catturano sia la gioia sia la sensualità della vita.

Hendrick ter Brugghen, Il Concerto, 1627


Hendrick ter Brugghen fu uno dei principali artisti attivi a Utrecht negli anni Venti del Seicento e protagonista del Secolo d’oro dell’arte olandese. Pittore di grande talento fu un membro di spicco - insieme a Dirck van Baburen e Gerrit van Honthorst - dei ‘Caravaggisti di Utrecht’, un gruppo di artisti che si trasferirono dalla città olandese a Roma all'inizio del XVII secolo dove furono affascinati dalla pittura del Caravaggio.

Si riunivano e si incontravano nelle taverne rumorose e negli atelier decadenti degli artisti del "quartiere a luci rosse" della Roma del XVII secolo. In giro si potevano sentire i dialetti gutturali dei Paesi Bassi pronunciati e cantati. Si potevano vedere raggruppati nei sordidi bassifondi attorno alla chiesa di Santa Maria del Popolo. Un gruppo di enfants terribles guidato dal pioniere Hendrick ter Brugghen, il cui uso del colore, della luce e della consistenza rivaleggiava forse con quello del tempestoso maestro italiano. Ter Brugghen nella Città Eterna, era anche un membro di un gruppo noto come i Bentvueghels, un'associazione principalmente di tipo sociale di pittori, principalmente olandesi e fiamminghi, che prosperò per un secolo tra il 1620 e il 1720 circa a Roma. La maggior parte di loro abitava nei quartieri ai piedi del Pincio e intorno a Piazza di Spagna.

I Bentvueghels avevano riti di iniziazione segreti e tenevano cerimonie neopagane davanti a un sarcofago del IV secolo di Sant'Elena, che, per i suoi motivi bacchici tardo-romani, ritenevano fosse un santuario del vino e del canto.

La scoperta della fase italiana di Ter Brugghen è un avvenimento recente. Nonostante fosse noto che il pittore avesse risieduto a Roma e in Italia almeno per sei o sette anni, fra il 1607-1608 circa e il 1614, gli studi non avevano approfondito tale periodo giovanile, che invece, come tutte le esperienze vissute dai pittori nordici nella capitale pontificia, poteva ipotizzarsi come cruciale per il suo percorso.

Di fatto egli assorbì gli sviluppi artistici che si stavano verificando non solo a Roma, ma anche a Bologna, Venezia e Genova, adattandoli e combinandoli per soddisfare il gusto locale. Come gli altri suoi colleghi, rimase profondamente segnato dall’innovazione del grande maestro e, al suo ritorno in patria, introdusse nelle proprie opere lo stesso realismo nella scelta dei soggetti e l’intenso chiaroscuro.

In quegli anni stava nascendo uno nuovo stile dai tratti sensuali adatto a esprimere quei concetti idealizzati tipici del soggetto arcadico. Il tema del musicista, già amato dall’arte italiana, godette subito di grande popolarità a partire dai primi anni venti del Seicento, e Ter Brugghen, fu tra i primi ad importarlo nel Nord Europa.

Al suo ritorno a Utrecht, si allontanò subito dai soggetti puramente religiosi per concentrarsi in allegorie e scene di genere, soprattutto quelle con concerti e singole figure musicali, contraddistinti per l'uso vigoroso della tecnica del chiaroscuro, per il realismo delle figure e di personaggi emotivamente carichi.

Solo nel 1624 Ter Brugghen dipinse non meno di cinque composizioni dedicate alla musica, che raffiguravano cantanti e musicisti nell'atto di suonare gli strumenti all'uso dell'epoca, come il liuto, il violino, la cornamusa. L’analisi dello stile dei suoi ritratti ci permettono di accostarne l’esecuzione alla bottega del fiammingo Hendrick ter Brugghen, illustrandoci un soggetto tipico del repertorio figurativo ideato e diffuso dal grande maestro italiano.

Da come si può evincere dal Suonatore di Liuto, rispetto al lavoro dei suoi contemporanei, quest'opera è un chiaro esempio di quanto Ter Brugghen avesse un maggiore interesse per la luce del giorno e per le giustapposizioni di colori vivaci come quelle evidenti qui nella disposizione del vistoso costume "borgognone" del liutista composto da un mantello rosso e una svolazzante camicia a righe gialle e blu.

Il dipinto che Ter Brugghen realizzò nel 1626, subito dopo il suo ritorno da Roma,  è stato tradizionalmente considerato uno sforzo collaborativo tra lui e un assistente di studio, ed la più bella delle due versioni a noi note. Colore, luce, consistenza, caratterizzano questo ritratto che testimonia un'impressionante dimostrazione della sua brillantezza stilistica e del suo virtuosismo nel trattare la luce, tipico solo dei più grandi maestri olandesi dell'epoca d'oro.

Nel Suonatore di violino, appare un gentiluomo ben vestito che si diletta a suonare lo strumento, colto in una ghignante espressione ed una risata a bocca aperta, mentre scruta diretto l’osservatore.

La composizione ravvicinata, quasi a grandezza naturale, conferisce all'opera realismo e immediatezza, ulteriormente ravvivati ​​da drammatici effetti di luce che mettono in risalto la carnagione rubiconda del musicista. Indossando un ampio cappello ornato con una stravagante piuma di struzzo, l'allegro violinista è intento a suonare con abilità il suo strumento. 

Il costume non è certamente un abito da strada del XVII secolo, ma piuttosto lo stile teatrale "borgognone" adottato da Caravaggio. Tuttavia, isolando la figura su uno sfondo neutro e rimuovendola dal contesto più ampio che il Merisi avrebbe fornito, Ter Brugghen trasforma il suo violinista in un emblema di allegria pura, disinibita e contagiosa.

Esemplare per tecnica pittorica è il Suonatore di cornamusa del 1624, fulgente esempio di come Ter Brugghen eccelle nel catturare i ritmi della musica nello stesso modo in cui componeva i suoi dipinti. In questa straordinaria immagine un suonatore di cornamusa più grande del naturale su uno sfondo ocra grigiastro e visto di profilo, stringe la sacca di pelle tra gli avambracci, mentre soffia nella canna dello strumento suona una melodia sul chanter o canna del canto. 

Due grandi bordoni, composti da diverse sezioni di legno, poggiano sulla sua spalla nuda per eseguire la nota fissa, tappeto sonoro per tutta la durata dell'esecuzione. Le forme ampie e rotonde della spalla del musicista, del basco e della borsa marrone della cornamusa, i motivi fluidi delle pieghe della camicia color crema e la tunica color talpa, le diagonali pronunciate dei bordoni e della canna, la verticalità del chanter, sono posti nella tela come elementi che vanno a costituire una vera e propria partitura musicale. 

Il Ragazzo che canta del 1627, è probabilmente, alla stregua di Caravaggio, una persona comune, forse un amico o un conoscente, che Brugghen vestì con un costume colorato simile a quelli indossati dagli artisti di strada. La bocca aperta del cantante messo in scena per il dipinto, e la mano destra alzata che scandisce il tempo, conferiscono a questo all'opera un senso di vivacità ritmica. Sembra quasi sentirlo attraverso la lettura delle note segnate su uno spartito dalle pagine piegate, a tratti stropicciate dal frequente uso. Forse un madrigale o un mottetto chissà. Sarei curioso di scoprirne il titolo. 

Come questo, molti dei dipinti di Brugghen, presentano una singola figura su uno sfondo vuoto. Un accorgimento probabilmente voluto  in moda da mettere in risalto solo il soggetto ed amplificarne così il senso formale desiderato. La caratteristica di questo dipinto è quella di  conferire all'insieme, attraverso un'audace tecnica, il giusto contrasto prodotto tra superfici chiare e luminose e sezioni più cupe e scure. Oltre questo il pittore olandese ricercava anche un realismo sociale dei soggetti, a volte affascinanti, a volte scioccanti ed altre decisamente volgari.

A conclusione di questa breve carrellata di dipinti a tema sonoro nell'arte di Ter Brugghen, l'idea del Caravaggio viene oltremodo espressa nel Concerto del 1627. Un piccolo gruppo di musicisti che si voltano verso di noi con sorpresa, ci appaiono attraverso un gioco di ombre e luci, conferendo alla scena un senso di profonda intimità. Un tipico effetto di luminosità irradiata di intensa drammaticità, che poi diventò un tratto comune negli anni Venti del Seicento; insomma era in atto un nuovo modo del tutto rivoluzionario di dipingere. L'arte del Merisi è presente anche per i soggetti; mezze figure ammassate all'interno della composizione che riempiono lo spazio pittorico fino ai bordi della cornice sono tipiche dell'artista italiano, così come la chiarezza e il realismo della raffigurazione dell'uva in primo piano.

Le più recenti ricerche e lo studio dettagliato delle opere appartenenti, nello specifico, alla fase italiana dell’artista, lo collocano fra i protagonisti del primo movimento naturalistico scaturito proprio dalla rivoluzione caravaggesca: a fianco di Ribera e degli altri partecipanti alla “schola” di Michelangelo Merisi, cioè Bartolomeo Manfredi, Cecco del Caravaggio e Spadarino.

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