Rileggevo attentamente l'etichetta di un vino francese della Borgogna, il produttore in alto a sinistra ha scritto: "Vino non filtrato si raccomanda la decantazione"
Nella scheda tecnica del vino poi si evince che il vino è stato chiarificato con il bianco d'uovo e non viene filtrato prima dell'imbottigliamento. Questa pratica di "prefiltraggio naturale" è considerata molto nobile per alcuni vini fini francesi come un Borgogna
L'uso dell'albumina d'uovo, anche se un po' scomodo da effettuare, è un sistema particolarmente naturale e specificamente per i vini rossi delle zone settentrionali. La limpidezza è una delle qualità fondamentali di un buon vino e può, d'altronde, essere ottenuta senza grandi mezzi ma solo con il corretto uso di di alcune sostanze adatte allo scopo.
Già dopo la fermentazione, il vino tende via via a "pulirsi": le fecce - residuo costituito da parti solide del grappolo, lieviti, tartrati - precipitano lentamente e sedimentano sul fondo dei recipienti in cui è conservato (vasi vinari). Una prima, grossolana, causa dell'aspetto torbido del vino potrebbero essere gli scarsi o scorretti travasi che il cantiniere ha effettuato per liberarlo dai sedimenti.
C'è da dire che nei vini di qualità, lavorati correttamente, questo rischio non si corre. Più probabile trovare "sporco" il vino "casalingo" del contadino. Lo spontaneo processo di chiarificazione può essere agevolato e rafforzato mediante interventi di tecnica enologica.
Intanto si può praticare la decantazione, sottoponendo il vino a processi di raffreddamento che favoriscono la precipitazione delle fecce. La chiarifica, poi, è una pratica enologica antichissima, che studi e ricerche relativamente recenti hanno reso razionale.
Il vino è una soluzione colloidale, presenta cioè in sospensione numerose particelle a carica elettrica in grado di unirsi e precipitare sul fondo in un processo di flocculazione che porta con sè anche ogni sostanza intorbidante. La parte del liquido che sovrasta il deposito precipitato risulta perfettamente limpida e viene separata dal torbido per semplice travaso.
Le sostanze chiarificanti possono essere di origine organica o proteica come appunto l'albumina d'uovo, la gelatina, la sieroalbumina, la caseina (per i vini bianchi) ecc., oppure di origine inorganica come la bentonite, la sol di silice ecc.
Per i vini bianchi si usa la caseina che è ricavata dal latte, mentre la bentonite è una particolare argilla depurata e attivata che, assorbendo acqua, ha la proprietà di rigonfiarsi e di combinarsi con le sostanze di natura proteica presenti nel vino, modificandone la composizione.
Il grado di limpidezza ottenuto con le operazioni di chiarifica può essere poi perfezionato dalla filtrazione vera e propria, operazione che consiste nel far passare il vino attraverso strati o membrane porose che hanno lo scopo di trattenere le particelle di torbido eventualmente ancora in sospensione.
Numerosi sono i tipi di filtro utilizzati nella pratica enologica: sgrossatori, brillantatori, sterilizzanti.
Essi sono coadiuvati dall'uso di materiali che hanno la proprietà di trattenere le varie sostanze in sospensione: la cellulosa, spesso mescolata con fibre di cotone; la farina fossile, polvere fine e leggerissima costituita dalle spoglie silicee di microscopiche alghe; la perlite, ottenuta dalle rocce vulcaniche finemente macinate, e termicamente trattate.
È evidente che queste pratiche di cantina richiedono competenze enologiche e attrezzatura adeguata. Tuttavia la limpidezza, acquistata con il naturale riposo o con la chiarifica, non è necessariamente definitiva: fino a quando non è stabilizzato, il vino è suscettibile di modificazioni e di conseguenza di "rotture" di equilibrio. Sono le cosiddette casses (ossidasiche o chimiche), con le quali si vengono ad alterare il colore e la limpidezza.
Ma non tutto ciò che "volteggia" nel vino è indice di cattiva qualità. Se le particelle perennemente in sospensione (torbidezza) costituiscono, come si è visto, un grave e spesso irrimediabile difetto, gli elementi che sedimentano sul fondo della bottiglia (deposito) sono generalmente tollerabili.
I piccoli cristalli che capita di vedere sul fondo di una bottiglia di vino bianco sono ad esempio innocue precipitazioni di tartrati dovute alla tecnica di raffreddamento e il sedimento polveroso in un rosso importante con qualche anno di invecchiamento, sono le sostanze coloranti (tannini e antociani) che per fenomeni chimico-fisici avvenuti durante l'invecchiamento polimerizzano e diventano insolubili.
Tutto questo non pregiudica affatto la qualità, anzi significano che quel vino, prima di essere imbottigliato, è stato spogliato il meno possibile dei suoi costituenti instabili e ha subìto pochi trattamenti proprio come ha fatto e dichiarato il bravo produttore di Borgogna.
In certi casi il deposito, anziché raccogliersi sul fondo, aderisce alle pareti della bottiglia ("camicia").
Si tratta di sostanze coloranti idrolizzate ed è, in genere, indice di un vino molto vecchio, vinificato alla "vecchia maniera".
Oggi la tendenza di molti produttori è quella di mettere in commercio vini "finiti", ovvero senza più sostanze che possano facilmente fermentare e, quindi, provocare deposito.
Accettare il deposito è segno che quel vino è ricco e ancora vivo, attivo nel suo invecchiamento. Come suggeriva il produttore borgognone: l'importante, ai fini della degustazione, è che i depositi rimangano fermi sul fondo della bottiglia con l'uso di un decanter.