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Enoturismo. Politica in vacanza e ancora non è legge

"Niente modelli all'americana. Ripartire dall'esempio delle Strade del Vino che funzionano per esportare i buoni modellini gestione pubblico-privata in tutti i territori".


Se ne parla da anni, ma rischiamo anche in questa legislatura di non avere un quadro normativo ad hoc per un settore che vale 14 milioni di arrivi enoturistici e 2,5/3 miliardi di € (secondo l’ultimo Osservatorio di Città del Vino/Università di Salerno). E mentre impazza in tutta Italia l’estate del vino, tra feste nei luoghi pubblici, sagre, eventi serali, l’Associazione Nazionale Città del Vino ribadisce la necessità di una strategia nazionale per rilanciare il settore. Una strategia che non prescinde dai territori, dai Comuni e dalle Strade del Vino, ideali e capillari cabine di regia pubblico-private.

Il presidente Zambon: “Niente modelli all’americana in un Paese con secoli di storia, arte, paesaggi e monumenti. Alcune Strade hanno fallito, altre hanno avuto successo. Ripartiamo dai modelli positivi per esportarli in tutta Italia”

Dopo la presa di posizione dei territori e delle Strade del Vino, rilanciata con una nota congiunta nei giorni scorsi, anche Città del Vino torna a far sentire la sua voce sulla necessità di una legge di sistema sull’enoturismo per far decollare un settore dal grande potenziale in termini economici e occupazionali: 14 milioni di arrivi enoturistici l’anno e 2,5/3 miliardi di € di giro d’affari, secondo l’ultimo Osservatorio sul Turismo del Vino. Auspicando che si arrivi all’approvazione entro fine legislatura, Città del Vino rilancia le proprie posizioni su alcuni punti chiave, condizione necessaria per dare slancio al settore, ovvero: finanziamenti ad hoc ai territori per efficaci strategie di promozione enoturistica di medio-lungo periodo; analisi e monitoraggio costante del mercato e delle tendenze; sostegno e finanziamento delle Strade del Vino, ideali cabine di regia sui territori per fare da collante tra il pubblico e gli operatori privati coinvolti a vario titolo (cantine, alberghi, ristoranti, enoteche, musei, agenzie di servizi, Comuni, proloco, etc); ma anche norme più chiare per la somministrazione e la vendita dei vini in cantina.

“Pieno sostegno alle preoccupazioni di chi opera sui territori, a stretto contatto con gli enoturisti, con impegno, poche risorse e un vuoto normativo che da anni chiediamo di riempire con una legge che dia dignità e giusto peso all’enoturismo come settore strategico nazionale, un fenomeno che le Città del Vino promuovono e studiano da anni con strumenti, azioni, iniziative; tra queste l’Osservatorio realizzato con l’Università di Salerno, ad oggi l’unica e puntuale fotografia del mercato enoturistico in Italia – sottolinea il presidente di Città del Vino, Floriano Zambon -. Sbaglia chi pensa a modelli all’americana o all’australiana: in Italia il turismo del vino non prescinde dai territori. Abbiamo bellezze, prodotti, tradizioni, una storia lunga secoli che ci ha lasciato in eredità patrimoni artistici e monumenti che tutto il mondo sogna di visitare. Sono questi i contesti dei vari attori in campo, dalle cantine a chi fornisce i servizi all’enoturista. Lasciamo quindi i modelli privatistici a chi non può vantare una storia e un’eredità come la nostra e di altri Paesi in Europa. Smettiamola anche di pensare alle amministrazioni locali come mere erogatrici di servizi, dalla raccolta differenziata alla segnaletica. L’impegno dei politici e dei sindaci, che hanno un mandato elettorale conferitogli dai cittadini sui programmi, è anche di favorire una visione di lungo periodo che faccia crescere tutti, il privato e il pubblico, entro orizzonti condivisi. Questo vale per tutto, ma riportando la questione all’enoturismo – conclude Zambon  - è chiaro che le Strade del Vino possono essere uno strumento, anche se non esclusivo, per realizzare questi obiettivi sui territori. Certo, alcune funzionano, altre non sono decollate per incapacità gestionali o mancanza di risorse. Ma non generalizziamo, anzi prendiamo ad esempio quelle Strade che rappresentano una buona pratica enoturistica e ripartiamo da queste per ridisegnare il futuro”.

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