Vino e ricerca, lo studio del legame suolo – vitigno per migliorare qualità e sostenibilità nella sfida al cambiamento climatico
La ricerca è impegnata nella sfida del cambiamento climatico attraverso lo studio del legame tra suolo e vitigno, con uno sguardo a sostenibilità e futuri miglioramenti qualitativi del vino.
La ricerca si sta sempre più focalizzando nello studio dello stretto legame tra suolo e apparato radicale della pianta, come vero e proprio elemento qualitativo del terroir. La caratterizzazione del vino inizia nel terreno ed il suo futuro successo commerciale dipende da questa associazione ed i suoli devono entrare a far parte di questo concetto. E' evidente che la gestione del vigneto diventa fondamentale, perché di fatto condiziona la funzionalità delle radici e dei micro-organismi che vivono con esso.
Lo studio della microbiologia dei suoli diventa fondamentale, in quanto in funzione di questa caratterizzazione, rende possibile la conoscenza della grande biodiversità presente in vigna, come ad esempio batteri e funghi. Questa ricchezza di diverse specie di microorganismi, associata anche alla presenza di mesofauna e macrofauna, sono la base della diversità e della qualità dei futuri vini, ma anche elementi fondamentali alla sfida del cambiamento climatico in quanto elementi utili nel conservare la sostanza organica, favorire l'infiltrazione dell'acqua, fare da effetto tampone nell'aumento aumento termico ecc.
L’analisi dell'interazione fra suolo e sviluppo degli apparati radicali, ha sviluppato una disciplina non nuova, ma ora più attentamente studiata, denominata simbiosi mutualistica fungo/radice, che trova nella valorizzazione delle micorrize autoctone ed esogene, i benefici derivanti dalla gestione della rizosfera, che è la porzione di terreno che circonda le radici della pianta e da cui questa assorbe nutrienti e acqua. La scoperta delle micorrize e della loro interazione benefica con le radici delle piante coltivate, risale alla metà del 1800 ma, solo in questi ultimi anni, con il graduale risveglio di una coscienza agricola orientata verso un’agricoltura eco-compatibile, sta crescendo l’attenzione nei confronti di questa simbiosi funghi-microrganismi-pianta e del suo utilizzo.
Gli interessi economici per la produzione e l’utilizzo di fertilizzanti chimici, ha fatto sì che per lungo tempo ci si dimenticasse dell’importanza rivestita dai microrganismi del terreno nelle produzioni agrarie. Il ritorno ad un’agricoltura organica, ne ha fatto riscoprire l’importanza ed ha spinto alcune aziende a finanziare la ricerca in tale direzione. Queste strutture non influenzano solo la biomassa prodotta grazie ad un’azione diretta sull’assorbimento idrico e nutritivo, ma regolano il metabolismo in generale (la respirazione radicale, la fotosintesi, la sintesi di fitormoni, la regolazione stomatica e così via), con azioni molto estese e combinate anche con i batteri presenti nella rizosfera.
In un ottica sostenibile, da questo complesso sistema la pianta si avvantaggia anche da un punto di vista sanitario, vista la sintesi di composti antipatogeni (acido fenilacetico, acido jasmonico) in grado di stimolare una resistenza sistemica indotta. I dettagli delle caratteristiche specifiche del suolo di un vigneto possono quindi costituire il punto di forza unico di un vino. Il DNA del vino è ulteriormente modellato dal modo in cui viene coltivato: scelta del vitigno, gestione della chioma e tecniche di vinificazione. Comprendere come il complesso ambiente del suolo modella l'essenza di un vino e quindi imparare a spiegarlo dovrebbe essere l'obiettivo di ogni viticoltore.
Per realizzare questo obiettivo alcuni vigneti vengono studiati nella loro componente abiotica (analisi dei suoli), nella componente microbiotica (funghi e batteri), della mesofauna (in particolare acari e esapodi del terreno) e della macrofauna (in particolare i lombrichi). Questo tipo di analisi viene condotta per verificare se le componenti analizzate sono in grado di tipicizzare i singoli vigneti; inoltre vengono cercate le eventuali relazioni tra il tipo di conduzione del vigneto (convenzionale, biologico e/o biodinamico). Questo tipo di approccio permette di determinare in maniera approfondita la struttura della biodiversità presente nel vigneto e rappresenta un elemento di interessante innovazione, reso possibile dallo sviluppo delle recenti tecnologie di estrazione e sequenziamento del DNA.
Diego Tomasi, direttore del Centro di Ricerca per la Viticoltura Crea – Vit di Conegliano, in un convegno nell'ambito di Enovitis in Campo 2019 - la più grande fiera di attrezzature per la viticoltura in Europa - dal titolo "Terre di frontiera: suolo – vitigno nella sfida della qualità e del cambiamento climatico, organizzato dal “Il Corriere Vinicolo” in collaborazione con il Consorzio Vino Nobile di Montepulciano, è intervenuto su questa tematica affrontando proprio il legame suolo radici come unica leva per i futuri miglioramenti qualitativi del vino.
Il convegno si è articolato in una giornata di studio volta ad esplorare le dinamiche di questo complesso, ma cruciale rapporto, con un focus specifico sull’esperienza del Sangiovese nel territorio del Nobile di Montepulciano. In particolare, sono state approfondite una serie di problematiche tipiche del suolo, “luogo” di origine della vite e, di conseguenza, del vino, destinate a diventare sempre più cruciali sia in un’ottica di adattamento della vigna al cambiamento climatico sia nell’ambito della competizione internazionale.
Montepulciano è stata la zona prescelta perché uno dei luoghi più vocati al vitigno Sangiovese, il quale, grazie al rapporto virtuoso con il suolo, ha originato grandi vini quali il Vino Nobile di Montepulciano, una tra le prime e più conosciute Docg italiane. L'influenza dei suoli sul carattere del Sangiovese è molto forte, una varietà che è particolarmente sensibile alla composizione del terreno dove viene coltivato; di fatto un vitigno che parla un linguaggio comune, sebbene con accenti ed espressioni diversi. In termini di caratterizzazione dei vini, lo studio ci porta a considerare quello che è il recupero di uno stile produttivo che guarda alla tradizione ed alle tipicità dei territori e che di fatto potrebbe anche rappresentare un vantaggio competitivo unico a livello mondiale del nostro paese. Non resta ora che sensibilizzare maggiormente i consumatori, nel percepire il vino, anche sotto gli aspetti dell’ambiente da cui proviene.
Lo studio della microbiologia dei suoli diventa fondamentale, in quanto in funzione di questa caratterizzazione, rende possibile la conoscenza della grande biodiversità presente in vigna, come ad esempio batteri e funghi. Questa ricchezza di diverse specie di microorganismi, associata anche alla presenza di mesofauna e macrofauna, sono la base della diversità e della qualità dei futuri vini, ma anche elementi fondamentali alla sfida del cambiamento climatico in quanto elementi utili nel conservare la sostanza organica, favorire l'infiltrazione dell'acqua, fare da effetto tampone nell'aumento aumento termico ecc.
L’analisi dell'interazione fra suolo e sviluppo degli apparati radicali, ha sviluppato una disciplina non nuova, ma ora più attentamente studiata, denominata simbiosi mutualistica fungo/radice, che trova nella valorizzazione delle micorrize autoctone ed esogene, i benefici derivanti dalla gestione della rizosfera, che è la porzione di terreno che circonda le radici della pianta e da cui questa assorbe nutrienti e acqua. La scoperta delle micorrize e della loro interazione benefica con le radici delle piante coltivate, risale alla metà del 1800 ma, solo in questi ultimi anni, con il graduale risveglio di una coscienza agricola orientata verso un’agricoltura eco-compatibile, sta crescendo l’attenzione nei confronti di questa simbiosi funghi-microrganismi-pianta e del suo utilizzo.
Gli interessi economici per la produzione e l’utilizzo di fertilizzanti chimici, ha fatto sì che per lungo tempo ci si dimenticasse dell’importanza rivestita dai microrganismi del terreno nelle produzioni agrarie. Il ritorno ad un’agricoltura organica, ne ha fatto riscoprire l’importanza ed ha spinto alcune aziende a finanziare la ricerca in tale direzione. Queste strutture non influenzano solo la biomassa prodotta grazie ad un’azione diretta sull’assorbimento idrico e nutritivo, ma regolano il metabolismo in generale (la respirazione radicale, la fotosintesi, la sintesi di fitormoni, la regolazione stomatica e così via), con azioni molto estese e combinate anche con i batteri presenti nella rizosfera.
In un ottica sostenibile, da questo complesso sistema la pianta si avvantaggia anche da un punto di vista sanitario, vista la sintesi di composti antipatogeni (acido fenilacetico, acido jasmonico) in grado di stimolare una resistenza sistemica indotta. I dettagli delle caratteristiche specifiche del suolo di un vigneto possono quindi costituire il punto di forza unico di un vino. Il DNA del vino è ulteriormente modellato dal modo in cui viene coltivato: scelta del vitigno, gestione della chioma e tecniche di vinificazione. Comprendere come il complesso ambiente del suolo modella l'essenza di un vino e quindi imparare a spiegarlo dovrebbe essere l'obiettivo di ogni viticoltore.
Per realizzare questo obiettivo alcuni vigneti vengono studiati nella loro componente abiotica (analisi dei suoli), nella componente microbiotica (funghi e batteri), della mesofauna (in particolare acari e esapodi del terreno) e della macrofauna (in particolare i lombrichi). Questo tipo di analisi viene condotta per verificare se le componenti analizzate sono in grado di tipicizzare i singoli vigneti; inoltre vengono cercate le eventuali relazioni tra il tipo di conduzione del vigneto (convenzionale, biologico e/o biodinamico). Questo tipo di approccio permette di determinare in maniera approfondita la struttura della biodiversità presente nel vigneto e rappresenta un elemento di interessante innovazione, reso possibile dallo sviluppo delle recenti tecnologie di estrazione e sequenziamento del DNA.
Diego Tomasi, direttore del Centro di Ricerca per la Viticoltura Crea – Vit di Conegliano, in un convegno nell'ambito di Enovitis in Campo 2019 - la più grande fiera di attrezzature per la viticoltura in Europa - dal titolo "Terre di frontiera: suolo – vitigno nella sfida della qualità e del cambiamento climatico, organizzato dal “Il Corriere Vinicolo” in collaborazione con il Consorzio Vino Nobile di Montepulciano, è intervenuto su questa tematica affrontando proprio il legame suolo radici come unica leva per i futuri miglioramenti qualitativi del vino.
Il convegno si è articolato in una giornata di studio volta ad esplorare le dinamiche di questo complesso, ma cruciale rapporto, con un focus specifico sull’esperienza del Sangiovese nel territorio del Nobile di Montepulciano. In particolare, sono state approfondite una serie di problematiche tipiche del suolo, “luogo” di origine della vite e, di conseguenza, del vino, destinate a diventare sempre più cruciali sia in un’ottica di adattamento della vigna al cambiamento climatico sia nell’ambito della competizione internazionale.
Montepulciano è stata la zona prescelta perché uno dei luoghi più vocati al vitigno Sangiovese, il quale, grazie al rapporto virtuoso con il suolo, ha originato grandi vini quali il Vino Nobile di Montepulciano, una tra le prime e più conosciute Docg italiane. L'influenza dei suoli sul carattere del Sangiovese è molto forte, una varietà che è particolarmente sensibile alla composizione del terreno dove viene coltivato; di fatto un vitigno che parla un linguaggio comune, sebbene con accenti ed espressioni diversi. In termini di caratterizzazione dei vini, lo studio ci porta a considerare quello che è il recupero di uno stile produttivo che guarda alla tradizione ed alle tipicità dei territori e che di fatto potrebbe anche rappresentare un vantaggio competitivo unico a livello mondiale del nostro paese. Non resta ora che sensibilizzare maggiormente i consumatori, nel percepire il vino, anche sotto gli aspetti dell’ambiente da cui proviene.
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