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Requiem di Fauré, la “berceuse funebre” di scena a San Paolo entro le mura

Requiem di Fauré: al via l'attesissimo concerto nell'ambito della rassegna Luminaria nella preziosa e famosa Chiesa di S. Paolo entro le Mura di Roma. Eseguito dall'Orchestra Sinfonica Città di Roma diretta da Antonio Rendina, Coro Città di Roma e Coro di voci bianche Musica Viva e contrappuntato dai solisti Carla Ferrari, soprano e Paolo Ciavarelli, baritono. All'organo il maestro Federico Vallini. Domenica 14 novembre ore 18:30.





Un opera dolce e senza dolore che non esprime il terrore della morte. Qualcuno l'ha chiamata una “berceuse funebre”. Faurè così sentiva la morte: come una lieta liberazione, un'aspirazione alla felicità dell'aldilà e non un doloroso trapasso. Il Requiem letteralmente è una messa in musica per i morti, composta sulla base di un testo sacro e che prende il nome dall’introito: Requiem aeternam dona eis, Domine. Nasce per onorare e accompagnare la morte secondo il rito liturgico della Chiesa di Roma. Ma nel Requiem di Faurè, compositore contemporaneo di Claude Debussy, Maurice Ravel e Camille Saint Saens, la morte non è presente. La sua composizione è un oltre dove la musica è luminosità intensa e serena leggerezza, che scavalca la sofferenza, che ci libera dal peso del terrore e dell’angoscia. Insomma un Requiem senza paura, senza dolore. Come qualcuno l'ha definito è una sorta di “berceuse”, ovvero una ninna nanna funebre che ritroviamo nella lievità corale e nella trama armonica e organistica nell’attacco del “Sanctus”, o la raffinata filigrana vocale del “Pie Jesu”, in questo caso affidata alle voci bianche; tessiture vocali che nel Settecento erano affidate ai “castrati”.

Tutto il Requiem è permeato da un'atmosfera di raccoglimento in grado di restituire intatta l'immediatezza espressiva, la delicatezza, a tratti anche la dolcezza di una poesia musicale che rende questa pagina uno dei capolavori assoluti della letteratura sacra ottocentesca. La struttura dell'Agnus Dei ha un introduzione strumentale caratterizzata da una melodia scorrevole, che nella frase Agnus del qui tollit peccata mundi non ha nulla di un Requiem perché serena e affettuosa, soave, sostenuta da un’armonia semplice, eseguita dai violini all’unisono con le viole. Questa medesima melodia è subito dopo impostata da Fauré come controcanto della parte dei tenori che cominciano l’Agnus Dei, dove orchestra e soli sono protagonisti di una pagina il cui tratto fondamentale è la cantabilità.

Nel Libera Me il baritono diventa “strumento” di un’idea della morte luminosa e liberatoria. Sensazione rafforzata dalla ripetizione del Libera Me da parte del coro, che riprende in consegna l’intera frase melodica dandole una visione di eterna pace e bellezza. Il terrore procurato dal pensiero del giorno del Giudizio si dissolvono nel momento di maggiore potenza vocale del coro: Fauré, evidentemente, anziché manifestare l’angoscia interiore della morte con sonorità cupe e spettacolari, assegna al coro il compito di guardare al Paradiso – anzi, dal Paradiso – con un crescendo melodico e tenerissimo sulle parole quando coeli movendi sunt et terra / Dum veneris iudicare sæculum per ignem, cioè “quando la terra e il cielo si muoveranno / mentre tu verrai a giudicare il mondo con il fuoco”. Ponendo così anche la potenza sonora del coro in sintonia con lo stile dolce e carezzevole di tutto il Requiem. Com’è stato osservato in modo acuto dal musicologo Marco Bernabei, il Requiem di Fauré è nostalgia della vita piuttosto che terrore della morte, quasi che fossero i morti a cantare per i vivi, e non viceversa. L'efficacia dell'esecuzione è data dalla deliberata volontà di far parlare la musica “dall'interno”: assecondando ora i toni crepuscolari, ora i momenti di estasi lirica, ora i bagliori meditativi di questa splendida composizione, senza mai apparire retorico o distaccato. Lungo una traiettoria che non smorza mai la tensione fino al brano finale accompagnato dall'incantevole invocazione In Paradisum, fin sulla soglia dell'Eden, sussurrando la parola “requiem”; quell'eterno riposo che Fauré auspica per sé e per l'intera umanità, nella fiduciosa consapevolezza della misericordia divina.

La composizione fu eseguita per la prima volta il 16 gennaio 1888 nell’Eglise de la Madeleine a Parigi, in seguito lo stesso Fauré confidò a un giornalista: «È stato detto che il mio Requiem non esprime il terrore della morte, qualcuno l’ha definito una ninna nanna. Ma è così che io sento la morte: come una liberazione, un’aspirazione alla felicità dell’aldilà, piuttosto che un passaggio doloroso […]. Può darsi che d’istinto abbia anche cercato di uscire dalle convenzioni; da tanto tempo accompagno all’organo servizi funebri. Ne ho fin sopra i capelli. Ho voluto fare un’altra cosa».




Requiem di Fauré alla chiesa di San Paolo dentro le mura
Roma, Chiesa di S. Paolo entro le Mura — Sala 1
Domenica 14 novembre ore 18:30

Programma
Cesar Frank Chorale N. 3 per Organo
Fauré, Gabriel – Requiem op. 48 for Soli, Choir, Organ and Orchestra

Artisti
Orchestra: Orchestra Sinfonica Città di Roma
organista: Vallini, Federico
Direttore: Rendina, Antonio
Soprano: Ferrari, Carla
Baritono: Ciavarelli, Paolo
Coro: Coro di voci bianche Musica Viva

La Chiesa di San Paolo tra le Mura' è la prima chiesa non cattolica costruita a Roma dopo l'unità d'Italia. Più precisamente, fu costruita tra il 1873 e il 1880 come basilica anglicana nel quartiere di Castro Pretorio, in Via Nazionale, Roma. Il suo stile artistico è romanico‐gotico e la sua facciata esterna è caratterizzata dall'alternanza di mattoni rossi e calcarei. L'interno presenta una dettagliata raffigurazione della vita di San Paolo e dell'Apocalisse. Queste opere si trovano rispettivamente sulle tre navate con vetrate e sui meravigliosi mosaici. Inoltre, alcune famose figure ottocentesche possono essere identificate come rappresentanti alcuni padri della chiesa nei mosaici elaborati. Si tratta di Abraham Lincoln, Joseph Garibaldi e del generale Grant protagonista della guerra di secessione americana. In più, in questa location sono ospitati numerosi e suggestivi eventi classici, come le rappresentazioni di opere popolari come La Traviata.

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