Ecco alcune riflessioni a conclusione dell'Assembea delle Città del Vino tenutasi lo scorso novembre a Valdobbiadene, terra del Prosecco Superiore Docg.
Pianificazione urbana e rurale, marketing territoriale, associazionismo, ricerca, formazione: questi i grandi temi trattati alla Convention d’Autunno delle Città del Vino, rete italiana di 450 Comuni a vocazione vitivinicola.
Sono state voci come come ambiente, sostenibilità, identità, storia, sviluppo e solidarietà, a scandire il dibattito nel corso dell'Assemblea, ma anche quella come democrazia, i cui spazi rischiano di stringersi un po' di più se i Comuni continueranno ad essere tartassati e se non saranno messi nelle condizioni di garantire servizi ai cittadini e di essere protagonisti del loro sviluppo.
I territori e i piccoli Comuni – è stato ribadito nel corso dell'Assemblea – sono ricchi di eccellenze enogastronomiche e rappresentano uno strumento indispensabile per la democrazia, per il contatto diretto con i cittadini che hanno nella figura del Sindaco il loro più vicino rappresentante dello Stato e delle istituzioni; ma i Comuni sono importanti anche per a tutela della dell'ambiente, per la salvaguardia biodiversità, per indirizzare la qualità dell’offerta enoturistica, per promuovere la cultura del loro patrimonio artistico, monumentale e paesaggistico.
Pianificazione urbana e rurale, marketing territoriale, associazionismo, ricerca, formazione: questi i grandi temi trattati alla Convention d’Autunno delle Città del Vino, rete italiana di 450 Comuni a vocazione vitivinicola.
Sono state voci come come ambiente, sostenibilità, identità, storia, sviluppo e solidarietà, a scandire il dibattito nel corso dell'Assemblea, ma anche quella come democrazia, i cui spazi rischiano di stringersi un po' di più se i Comuni continueranno ad essere tartassati e se non saranno messi nelle condizioni di garantire servizi ai cittadini e di essere protagonisti del loro sviluppo.
I territori e i piccoli Comuni – è stato ribadito nel corso dell'Assemblea – sono ricchi di eccellenze enogastronomiche e rappresentano uno strumento indispensabile per la democrazia, per il contatto diretto con i cittadini che hanno nella figura del Sindaco il loro più vicino rappresentante dello Stato e delle istituzioni; ma i Comuni sono importanti anche per a tutela della dell'ambiente, per la salvaguardia biodiversità, per indirizzare la qualità dell’offerta enoturistica, per promuovere la cultura del loro patrimonio artistico, monumentale e paesaggistico.
Eppure le amministrazioni locali sono sempre in balìa di loro stesse, esautorate, sminuite nelle funzioni e minacciate da razionalizzazioni mosse da ragioni finanziarie, dall'obiettivo di effettuare rispari che di fatto non sono altro che tagli dei trasferimenti dello stato e conseguenze nella qualità dei servizi. È facile – è stato detto – dire che se i piccoli Comuni non funzionano vanno eliminati, basterebbe metterli nelle condizioni di lavorare al meglio invece di prevedere demagogiche soluzioni che non risolvono i problemi economici, depotenziano l'efficienza dei servizi e diminuiscono lo spazio di democrazia e di rapporto tra cittadino e istituzioni. Un conto sono le funzioni amministrative, un altro la rappresentanza degli interessi e del valore che le amministrazioni locali hanno in dote per storia, tradizioni, patrimonio e comportamento.
Ci possono essere ruoli e competenze (e quindi risorse) che permettano ai Comuni di salvare le proprie identità, ad esempio, promuovendo strutture snelle di associazionismo e coordinamento intercomunale per una maggiore omogeneità ed efficienza dei servizi pubblici o per politiche di area coerenti. Occorrerebbe incentivare questa via, invece di sprecare denaro pubblico per finanziare processi di fusioni che implicano la cancellazione dei Comuni.
Si è poi parlato di buone pratiche da mettere in atto nella pianificazione urbana: terreno strategico che deve vedere impegnati i Comuni, con il coinvolgimento di associazioni e privati, per uno sviluppo sostenibile del territorio, che parta da una rilettura delle vocazioni rurali e viticole autentiche, anche utilizzando gli strumenti che Città de Vino può mettere a disposizione, quali il Piano regolatore delle Città del Vino che si sta evolvendo verso l’urban food planning, la pianificazione economica del cibo al livello urbano, inteso come area vasta e non come singolo Comune.
Importanti anche i riferimenti alla vita interna dell'Associazione, al ruolo dell'associazionismo in questa fase in cui sono gli stessi Comuni che sembrano manifestare “stanchezza” (causata dalle difficoltà prima accennate sulla loro effettiva autonomia) sui temi del “fare sistema” e del “mettersi in rete”, soprattutto per specifiche filiere dell'agroalimentare e del turismo, che invece possono essere strumenti efficaci per strategie e politiche di sviluppo locale, sostenibili e di qualità.
La rete dei Comuni italiani costituisce un prezioso “serbatoio” di partecipazione democratica, volontariato civico, impegno per la propria comunità, per il sostegno allo sviluppo, la sostenibilità ambientale, la gestione e la tutela del territorio. Il lavoro - spesso volontario - di migliaia di sindaci e di amministratori rappresenta un momento importante di democrazia, vitale in una fase storica che continua a registrare un pericoloso allontanamento tra cittadino e istituzioni.
La recente approvazione alla Camera dei Deputati del Testo Unico del Vino (l'importante legge che riforma il settore vitivinicolo italiano, condivisa nella sua sostanza da tutta a filiera) mette al primo posto (articolo 1) il valore culturale del vino e dei suoi paesaggi e territori, identificandolo proprio come “patrimonio culturale” della nazione da tutelare e valorizzare.
Per la valorizzazione della cultura della vite e del vino e del patrimonio rurale e del paesaggistico esistono grandi nuovi spazi di lavoro proprio per le reti “civiche” di promozione delle identità territoriali, come è l'Associazione Città del Vino che si candida anche a elaborare insieme ai Comuni politiche di marketing territoriale, ancora poco efficace se non inesistente in molti contesti locali perché sganciato da una reale coscienza del patrimonio territoriale di cui si dispone.
Un esempio: la comunicazione online dei Comuni (e anche di molte aziende vinicole) offre una informazione disomogenea, carente, confusionaria, spesso non aggiornata e poco o nulla attraente dal punto di vista della navigabilità e nella sua consultazione. Con quali risorse? Ad esempio con una più diffusa ed equilibrata applicazione della tassa di soggiorno che i viaggiatori non hanno problemi a pagare se questo costo si trasforma in evidenti miglioramenti della qualità dei servizi di accoglienza turistica.
Le Città del Vino, ricordo, rappresentano per la maggior parte, quei cosiddetti territori “minori” che sono continuamente minacciati da progetti di riorganizzazione amministrativa attenti esclusivamente ai costi finanziari ma poco lungimiranti, come ad esempio la paventata obbligatorietà delle fusioni per gli enti sotto i 5mila abitanti, che rischierebbe di creare confusione persino nel sistema delle denominazioni di origine, con effetti collaterali anche sul turismo del vino.
Ci possono essere ruoli e competenze (e quindi risorse) che permettano ai Comuni di salvare le proprie identità, ad esempio, promuovendo strutture snelle di associazionismo e coordinamento intercomunale per una maggiore omogeneità ed efficienza dei servizi pubblici o per politiche di area coerenti. Occorrerebbe incentivare questa via, invece di sprecare denaro pubblico per finanziare processi di fusioni che implicano la cancellazione dei Comuni.
Si è poi parlato di buone pratiche da mettere in atto nella pianificazione urbana: terreno strategico che deve vedere impegnati i Comuni, con il coinvolgimento di associazioni e privati, per uno sviluppo sostenibile del territorio, che parta da una rilettura delle vocazioni rurali e viticole autentiche, anche utilizzando gli strumenti che Città de Vino può mettere a disposizione, quali il Piano regolatore delle Città del Vino che si sta evolvendo verso l’urban food planning, la pianificazione economica del cibo al livello urbano, inteso come area vasta e non come singolo Comune.
Importanti anche i riferimenti alla vita interna dell'Associazione, al ruolo dell'associazionismo in questa fase in cui sono gli stessi Comuni che sembrano manifestare “stanchezza” (causata dalle difficoltà prima accennate sulla loro effettiva autonomia) sui temi del “fare sistema” e del “mettersi in rete”, soprattutto per specifiche filiere dell'agroalimentare e del turismo, che invece possono essere strumenti efficaci per strategie e politiche di sviluppo locale, sostenibili e di qualità.
La rete dei Comuni italiani costituisce un prezioso “serbatoio” di partecipazione democratica, volontariato civico, impegno per la propria comunità, per il sostegno allo sviluppo, la sostenibilità ambientale, la gestione e la tutela del territorio. Il lavoro - spesso volontario - di migliaia di sindaci e di amministratori rappresenta un momento importante di democrazia, vitale in una fase storica che continua a registrare un pericoloso allontanamento tra cittadino e istituzioni.
La recente approvazione alla Camera dei Deputati del Testo Unico del Vino (l'importante legge che riforma il settore vitivinicolo italiano, condivisa nella sua sostanza da tutta a filiera) mette al primo posto (articolo 1) il valore culturale del vino e dei suoi paesaggi e territori, identificandolo proprio come “patrimonio culturale” della nazione da tutelare e valorizzare.
Per la valorizzazione della cultura della vite e del vino e del patrimonio rurale e del paesaggistico esistono grandi nuovi spazi di lavoro proprio per le reti “civiche” di promozione delle identità territoriali, come è l'Associazione Città del Vino che si candida anche a elaborare insieme ai Comuni politiche di marketing territoriale, ancora poco efficace se non inesistente in molti contesti locali perché sganciato da una reale coscienza del patrimonio territoriale di cui si dispone.
Un esempio: la comunicazione online dei Comuni (e anche di molte aziende vinicole) offre una informazione disomogenea, carente, confusionaria, spesso non aggiornata e poco o nulla attraente dal punto di vista della navigabilità e nella sua consultazione. Con quali risorse? Ad esempio con una più diffusa ed equilibrata applicazione della tassa di soggiorno che i viaggiatori non hanno problemi a pagare se questo costo si trasforma in evidenti miglioramenti della qualità dei servizi di accoglienza turistica.
Le Città del Vino, ricordo, rappresentano per la maggior parte, quei cosiddetti territori “minori” che sono continuamente minacciati da progetti di riorganizzazione amministrativa attenti esclusivamente ai costi finanziari ma poco lungimiranti, come ad esempio la paventata obbligatorietà delle fusioni per gli enti sotto i 5mila abitanti, che rischierebbe di creare confusione persino nel sistema delle denominazioni di origine, con effetti collaterali anche sul turismo del vino.
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