Vino più buono? Sì con l’aiuto delle pecore
La cantina Brancott Estate Wines in Nuova Zelanda, ha “ingaggiato” al pascolo
un gregge di 1.900 pecore per l’intera estate
Una notizia che richiama alla mente una nostrana ed ormai
nota uva per produrre un ottimo vino abruzzese il cui nome "Pecorino" sembra sia legato ai movimenti
stagionali dei pastori e delle pecore (la famosa transumanza), un tempo
caratteristici delle regioni dell'Appennino Abruzzese-Marchigiano
Sembra
infatti che le pecore ne fossero particolarmente ghiotte perché dolcissima e che tra l'altro, le
conseguenti depredazioni che i greggi ne facevano, causavano non poche diatribe
tra pastori e agricoltori. L’uva era così chiamata “Uva Pecorina” o “Uva delle
Pecore”.
Sta di fatto però, che una cantina vinicola della Nuova
Zelanda, per ottenere una vendemmia ad hoc, ne utilizzi un gregge di ben 1.900 esemplari.
Vista la necessità del produttore di defogliare le viti in
modo da scoprire i grappoli d’uva alla luce del sole, questi "agricoltori lanosi" risultano
essere un mezzo efficacie e per aggiunta anche molto economico.
La
defogliazione è una pratica, come nel caso specifico dell’uva Pinot Nero, che
serve a potenziare il gusto del vino accentuandone i sapori e le qualità
organolettiche.
“Sembrerebbe uno scherzo” - dichiara Patrick Materman, Capo
Winemaker a Brancott Estate - "Ma le pecore realmente svolgono un ruolo
fondamentale nella preparazione dei vigneti permettendoci di ottenere un ottimo
raccolto."
“Usare le pecore è
anche più efficiente perché sono più veloci degli esseri umani a rimuovere le
foglie, e mangiandole inoltre, ne ottengono un pranzo gustoso in un luogo ideale
.”
La speranza ovviamente, che forse il produttore non ha
detto, è quella che le pecore neozelandesi non si limitino a mangiare solo
le foglie, ma, come nel caso di quelle abruzzesi, continuino il pranzo con
maturi e dolci grappoli d’uva di Pinot Nero.
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