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Vino e ricerca, aroma dell’uva: un nuovo studio per comprenderne l'origine e sviluppare nuove tecniche di miglioramento genetico

Uno studio del centro ricerche Fondazione Mach ha indagato sull’origine dell’aroma dell’uva per intraprendere programmi di miglioramento genetico e gestire colture di alta qualità in un contesto climatico in evoluzione.






I terpeni sono i principali composti responsabili dell’aroma dell’uva e del vino. In particolare, i monoterpeni sono quelli che conferiscono le note floreali e agrumate alle varietà “Moscato” e, in misura minore, ad altre varietà aromatiche che non rientrano tra i Moscati, quali Riesling e Gewürztraminer. A questi si aggiungono inoltre i sesquiterpeni, particolarmente importanti in alcuni vini.

Lo studio a cura del gruppo di ricerca e innovazione in vitivinicoltura della Fondazione Mach in Trentino, ha preso piede sulla scia di precedenti studi che avevano evidenziato il ruolo chiave di un enzima specifico nella regolazione del metabolismo della vite. Si tratta del 1-desossi-D-xilulosa 5-fosfato sintasi 1 (VvDXS1), primo enzima della via metabolica del metileritritolo fosfato, per la biosintesi del precursore isoprenoide, ovvero quel processo che porta appunto alla formazione dei terpeni, composti questi che in sintesi conferiscono a ogni fiore o pianta un caratteristico odore o aroma. Il gene in questione sino ad ora però, non era mai stato preso in considerazione per essere applicato in viticoltura per lo studio dell’aroma dell’uva.

Conoscere le dinamiche di accumulo di questi singoli composti nel corso dello sviluppo dell’acino e di espressione dei geni responsabili della loro biosintesi è un passo fondamentale per sviluppare nuove tecniche di miglioramento genetico e che si rende necessario al fine di poter controllare in modo adeguato la qualità aromatica del vigneto.

Grazie alle competenze specifiche di diversi gruppi di ricerca FEM si è arrivato alla prima caratterizzazione funzionale in vite di questo gene specifico. Il controllo genico dell’aroma è stato validato in un sistema denominato “microvine”, un modello per gli studi di fisiologia e genetica della vite, in sostanza una cultivar con un ridotto ciclo di vita rispetto alla vite comunemente coltivata.

Attraverso un analisi parallela del genotipo VvDXS1 e della concentrazione di terpeni in una raccolta di germoplasma, si è dimostrato che la sequenza VvDXS1 ha un valore predittivo molto elevato per l'accumulo di monoterpeni nella pianta e che influenza anche i livelli di sesquiterpene. Per la caratterizzazione di VvDXS1 è stato adottato un approccio di ingegneria metabolica esprimendo i due diversi alleli nel sistema modello “microvine”, che permette di avere, come accennavo, la produzione di frutti in tempi ridotti grazie al suo ciclo di sviluppo abbreviato ed alla fioritura continua.

Le microvine trasformate hanno mostrato cambiamenti nell’espressione di numerosi geni legati ai terpeni a vari stadi di sviluppo ed un accumulo significativamente maggiore di monoterpeni negli acini maturi rispetto alle piante controllo. Tale effetto è stato attribuito in primo luogo ad un aumento dell’attività catalitica dell’enzima VvDXS1. Parallelamente, l’analisi del genotipo al locus VvDXS1 e della concentrazione di terpeni in una collezione di germoplasma di circa 90 varietà di vite ha confermato che la sequenza di Vv-DXS1 consente di predire con elevata precisione il contenuto di monoterpeni; esso influenza anche i livelli di sesquiterpeni, il che rappresenta una nuova scoperta.

Allo scopo di identificare altri geni candidati per reazioni specifiche nel metabolismo dei monoterpeni e per la sua regolazione, è stato integrato il contenuto di terpeni liberi e legati della varietà Moscato Bianco con dati di espressione a livello genomico applicando approcci di correlazione e raggruppamento. Sono stati così individuati vari geni che potrebbero avere un ruolo nella sintesi dello scheletro dei monoterpeni, nelle trasformazioni secondarie, nel trasporto e nel controllo a livello trascrizionale. Come detto, in gran parte, tali geni non sono mai stati riportati in precedenza e meritano attenzione per una possibile applicazione in viticoltura. Ad esempio, l’aroma dell’uva e del vino potrebbe essere intensificato limitando le reazioni che determinano la perdita di composti aromatici chiave (attraverso la selezione di genotipi con scarsa attività di glicosilazione ed ossidazione dei monoterpeni).

In conclusione, i risultati dello studio contribuiscono ad una maggior comprensione dell’origine dell’aroma dell’uva, che è essenziale per intraprendere programmi di miglioramento genetico e per gestire colture di alta qualità in un contesto climatico in evoluzione. In particolare, VvDXS1 è un bersaglio efficace per accrescere il flusso metabolico nella via di biosintesi dei monoterpeni ed aumentare i livelli di composti aromatici nell’acino d’uva.

L’Unità di ricerca e innovazione della Fondazione Mach è impegnata nello sviluppo di basi scientifiche e novità varietali per la viticoltura sostenibile in un contesto di mutamenti climatici. Attraverso l’analisi di popolazioni segreganti, collezioni di germoplasma e varianti somatiche, si indaga il controllo genetico della resistenza a peronospora e oidio, fattori di resilienza a stress biotici e abiotici presenti nel genere Vitis e caratteri varietali che aumentano il valore delle produzioni, come l’apirenia, la composizione degli antociani e i precursori aromatici delle uve.

La validazione funzionale dei geni candidati, orientata anche al breeding di nuova generazione, è condotta mediante trasformazione genetica nel sistema microvine. In parallelo vengono svolte le attività di incrocio, selezione e valutazione agro-enologica di semenzali in serra e campo mirate all’ottenimento di nuovi vitigni resistenti ai patogeni con buona qualità dell’uva, integrando se possibile l’informazione dei marcatori molecolari.

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