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Marketing e territorio. Comunicazione e promozione attraverso il vino, con il progetto “Orvieto di Vino" insieme per una sfida vincente

Chiamare a raccolta gli operatori turistici, i produttori di vino, gli albergatori, gli esperti di comunicazione e marketing per costruire una prospettiva di sviluppo virtuosa e stabile per Orvieto e l’intero indotto del territorio Orvietano. Questa la sintesi del convegno “Marketing e territorio - Comunicazione e promozione attraverso il vino” che si è svolto nelle sale del Palazzo del Capitano del Popolo di Orvieto.


Organizzato da Excellence Food Connection in partnership con la Scuola di Alta Formazione di Sala “INTRECCI” e il Consorzio Vino di Orvieto delle cugine Cotarella, il convegno si racchiude nella sostanza degli interventi degli illustri relatori che hanno saputo dibattere, con pungente ma propositiva osservazione, sui temi cardine della strategia turistica della Rupe. 

Sollecitati dalle osservazioni e considerazioni di Nerina Di Nunzio, direttore dello Ied (Istituto Europeo di Design di Roma) e fondatore di Food Confidential, gli ospiti del primo dei due talk show che fanno capo al progetto-sistema “Orvieto di Vino" per la promozione del territorio di Orvieto e Umbria, hanno sviscerato i problemi che in parte frenano lo sviluppo turistico locale e proposto diversi approcci d’intervento come il confronto fra gli operatori e la formazione sulle strategie di marketing e comunicazione digitale.

A rompere il ghiaccio, che di fatto si era già ammorbidito con scambi di veduta estremamente interessanti già nelle fasi che hanno preceduto il dibattito, è stata Donatella Cinelli Colombini, presidente dell'associazione nazionale “Le Donne del Vino”, alla quale in un primo giro di interventi è stato chiesto di esaminare il rapporto che esiste tra vino e promozione del territorio in cui si produce. “Il territorio può promuovere il vino, ma può succedere anche il contrario - ha esordito Donatella Cinelli Colombini -. Ma va fatta una considerazione: il turismo è un amante infedele, cambia spesso destinazione perché consuma le destinazioni, le massifica. Uno dei lavori più grossi che deve fare un amministratore è quello di gestirlo nei flussi di crescita, ma anche in quelli di decrescita. Gli elementi che determinano il buon risultato della gestione sono sostanzialmente tre. L’accoglienza, ed Orvieto ha la grande fortuna di trovarsi lungo importanti vie di comunicazione, la sfida da vincere, ad esempio, è quella di spiegare che è possibile raggiungerla in sole sei ore da Amburgo. Il management, ovvero: ci vuole un regista, e anche un può prepotente. terza cosa, l’information technology perché oggi la partita si gioca sul telefonino. Ma bisogna anche essere ambiziosi, offrire al turista qualcosa di innovativo come inventarsi una modalità di consumo solo orvietana. Chi si ferma a tavola nei ristoranti di Orvieto si deve divertire col vino, deve diventare un momento memorabile in cui quel vino, quel sapore di cibo gli suscita delle emozioni formidabili grazie al racconto della persona che glielo serve, perché il futuro è nell’intrattenimento”.

Passando ai protagonisti del mondo del vino, Renzo Cotarella, amministratore delegato di “Marchesi Antinori” ha messo in risalto il fatto che “Le tendenze turistiche mondiali hanno dimostrato che il territorio è fondamentale per promuovere un messaggio turistico di qualità e di successo. E il vino, specialmente quando si ha la fortuna come la nostra di avere una denominazione che coincide con quello della città, è l’elemento che identifica più di altri la particolarità turistica del territorio. Il turismo del vino in Italia coinvolge più di 14milioni di persone per un giro d’affari di 3miliardi di euro, altrettanto Orvieto per la sua storia non può che stare dentro a questo contesto. E’ chiaro che per avere un evidente margine di successo bisogna capire come e starci. Oggi stiamo vedendo nascere un grande progetto per il vino, ma abbiamo bisogno di un progetto per la cultura, di un progetto per il territorio e di un progetto per il turismo. Soprattutto abbiamo bisogno di unità d’intenti per rendere omogenea una proposta di sviluppo. Per farlo serve anche la discontinuità rispetto ad alcune deviazioni che abbiamo avuto in questi anni e soprattutto farlo in modo unito, eliminando le divisioni e i personalismi a volte eccessivi.

A introdurre alcuni concetti chiave, sui quali si è poi mosso il dibattito, è stato il professore Mario Morcellini, commissario delle Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni. “E’ vero che questo territorio è sconvolgete, ci sono tutte le condizioni e le caratteristiche per il successo e per avere fiducia, e invece a Orvieto il grado di fiducia non è così alto - ha detto Morcellini -. Il territorio e le eccellenze ci sono, poche regioni come l’Umbria (e questo pezzo di Umbria in particolare) presentano elementi di così alta qualità nell’enogastronomia e nella capacità di innovazione, ma tutto questo finora non è diventato progetto di sviluppo. La scommessa “Orvieto di Vino” fatta dal Consorzio del Vino non ci consentirà più di parlare indietro, perché in quel progetto la metafora del vino ha saputo unire la forza economica alla reale rappresentativa del territorio. Ora soltanto chiamando a raccolta tutti gli operatori del settore turistico tutto può diventare più semplice. L’importante è non farci fregare dalla resistenza cronica di questo territorio, da quegli inibitori, da quelle legioni di persone sempre pronte a sfornare critiche talvolta immotivate che inducono al pessimismo. Il pessimismo o lo superiamo o è inutile fare convegni. Da questo convegno bisogna uscire con un patto contro il pessimismo perché questo territorio non merita pessimismo”.

La “ricetta”, secondo il professor Mario Morcellini - anche membro del Comitato Scientifico di “Orvieto di Vino” - è quella di lavorare su comunicazione e formazione. “Il primo cantiere da inaugurare è quello sulla comunicazione - ha spiegato il professor Morcellini -, perché non basta solo comunicare, ma serve una comunicazione strutturata, di routine, che ti da certezze e ti protegge anche in momenti di crisi delle iniziative. Il secondo cantiere è quello sulla Formazione, perché può dare ai giovani di Orvieto una seria possibilità di entrare in un progetto di vita concreto contro il pessimismo che oggi abbiamo bisogno di combattere. E questo si può fare: basta mettere in rete quelli che hanno fiducia”.

In vena di costruttive provocazione, come è nel suo stile di fine osservatore, è stato il doppio intervento dello scrittore, Guido Barlozzetti. “E’ vero che bisogna essere ottimisti - ha evidenziato Barlozzetti -, ma è altrettanto vero che alcune forme di dispersione sul messaggio che si percepisce arrivando dall’autostrada sulla Rupe danno l’idea che si giunge in una città che non ha la grande tradizione e storia che tutti conosciamo ed elogiamo. Purtroppo il turista quando arriva a Orvieto non ha affatto la percezione del grande patrimonio che abbiamo, viene subissato da una mole di informazioni che lo smarriscono e lo inducono ad isolarsi nel suo percorso che lo porta a scattarsi una fotto sotto al Duomo e poi a ripartire. Abbiamo una situazione sulla quale bisogna intervenire duramente e assumersi tutti le proprie responsabilità. Non è possibile, come fano alcuni operatori del settore turistico, lamentarsi e poi stare in silenzio, non è possibile non presentarsi in occasioni come queste o in altre quando si può parlare e dire la propria. Per questo bisogna rompere gli indugi: intervenire in modo discontinuo, violento, perché ormai le persuasioni non servono più. Bisogna togliere di mezzo quei piccoli alibi che in molti casi hanno finito per compromettere i buoni progetti di sviluppo”.

Un quadro che per Barlozetti non manca di coinvolgere anche il mondo del vino locale e il rapporto con il territorio. “Uno di questi alibi - ha proseguito lo scrittore orvietano - è proprio sul vino di Orvieto. Io ho la sensazione che il vino di Orvieto non lo fa più nessuno. In fin dei conti lo sappiamo quale sia il vino di Orvieto? Quale sia la cantina che produce il vero vino di Orvieto? C’è una circostanza per la quale possiamo dire che esista una trasversalità sul vino? No, non c’è! Noi non possiamo vendere il “Vino di Orvieto” perché effettivamente ci sono tanti vini di Orvieto che potrebbero e dovrebbero essere condotti ad unità capace di sfatare questa contraddizione. Vino di Orvieto e territorio non sembra bastare, non “buca lo schermo”, forse perché ogni produttore fa come gli pare? Probabilmente quando D’Annunzio ha detto che il vino di Orvieto “è il sole in bottiglia” c’era una diretta rispondenza, e oggi? Forse facciamo tanti vini, ma in realtà non sedimentano l’identità comune del prodotto. Io credo che a questo punto nella storia della nostra città e del nostro territorio è arrivato il momento di organizzare un grande convengo che affronti questi temi, che affronti il tema della cultura, del territorio, dell’immagine che vogliamo dare di Orvieto nel mondo”.

Sul tema “Vino di Orvieto” non è mancata la puntuale risposta di Renzo Cotarella il quale ha sottolineato come: “Ci sono casi in cui il vitigno prende il sopravvento sul territorio e casi in cui il territorio prende il sopravvento sul vitigno. Il vino di Orvieto è tutto il vino che viene prodotto ad Orvieto, l’importante è che sia un vino di qualità. Perché la tradizione è importante, ma non può essere un destino. La tradizione è una somma di conoscenze che dovrebbero consentire di fare meglio. Orvieto è una terra straordinaria per produrre vino bianco, perché l’intensità, l’armonia, la grazia che alcuni vini bianchi riescono a dare a Orvieto è qualcosa di raramente riscontrabile in altre parti. Siamo in una zona benedetta per la produzione, ora se facessimo anche uno sforzo come persone per migliorarci e lavorare insieme sarebbe ideale”.

Chiamata, inevitabilmente, a parlare di vino e nuove generazioni è stata Giulia Di Cosimo, proprietaria e responsabile marketing-vendite dell’azienda “Argillae” . “Quello che secondo me è centrale - ha sottolineato Giulia Di Cosimo - è come comunicare in forme nuove il rapporto tra territorio-vino e vino-territorio. Penso a quello che succederà da qui e i prossimi anni quando la mia generazione, quella che viene definita la generazione dei Millennials, deciderà le tendenze e i consumi del vino e non solo. Bisogna porsi seriamente la domanda di come riuscire a comunicare e dialogare con questa generazione. Oggi viviamo un periodo aureo per il food & beverage: prolificano i corsi di cucina, quelli di sommelier, le trasmissioni televisive su cibo e vino, si parla costantemente di dop, doc, igp, igt. Un’attenzione sociale che noi produttori stiamo cavalcando, ma bisogna anche prepararsi al futuro. Abbiamo la necessità di comprendere come riproporre domani l’attenzione di oggi, soprattutto in forme di comunicazione nuove perché la generazione del Millennials è anche una generazione che si annoia subito. Per questo credo che tutti dobbiamo impegnarci in progetti che guardano alla formazione, alla creazione, anche in questo territorio, di scuole per il vino, per la formazione alberghiera e sopratutto per il turismo”.

Amministratore e produttore di vino, il sindaco di Ficulle, Gianluigi Maravalle, ha tracciato un quadro molto chiaro di come la sinergia territoriale possa fungere da strumento di promozione turistica. “Il vino non solo può essere strumento di promozione del territorio ma, per un piccolo territorio come quello del comune che amministrano, è anche sinonimo di qualità del territorio - ha detto Maravalle -. Avere la fortuna di contare sulla presenza di u’azienda importante come quella dei Marchesi Antinori e di tante aziende agricole, significa vedere un territorio curato, su cui viene fatta una manutenzione attenta, minuziosa al punto da esaltarne le qualità ambientali. E' altrettanto vero, però, che il vino diventa importante per il territorio se il territorio è capace di diventare un sistema territoriale. Se Orvieto ha un media di pernottamento del turismo straniero di 1,5 giorni, Ficulle ha una media di 7,7 giorni. Questo significa che in considerazione della collocazione geografica favorevole e di tante altre possibilità, il turista che si ferma e decide di rimanere a Ficulle è un turista di qualità interessante e probabilmente trascorre più giorni ad Orvieto e forse anche in altre città vicine. Per questo il territorio diventa importante nel suo insieme ed è necessario che le istituzioni, in sinergia con gli operatori, siano in grado di sviluppare un sistema territoriale capace di percepire un certo tipo di flussi turistici. In questo caso il vino può essere un attrattore, ma deve sviluppare una concreta sinergia con altri aspetti importanti come la cultura, la storia e il paesaggio.

Conclusioni affidate al sindaco di Orvieto, Giuseppe Germani, che in questi anni ha seguito la nascita del progetto “Orvieto di Vino” e ha colto l’invito di Barlozzetti di dare vita a un confronto sul tema della cultura e del turismo del territorio. “In questi anni - ha ricordato Germani - abbiamo realmente vissuto in parte gli effetti del pessimismo e quelli della dispersione che sono stati analizzati da chi mi ha preceduto. Ricordo quando, con il Consorzio, iniziammo a parlare di Orvieto di Vino, un progetto che finalmente è riuscito a far dialogare tutti i produttori locali e che ha messo al centro della promozione turistica il vino, ma che non trovò subito l’adesione e la fiducia di tutti. Dopo un anno, in cui il progetto ha confermato la sua prospettiva e il suo valore, purtroppo si tornano a percepire alcune tensioni. Ed è questo uno degli atteggiamenti che frenano lo sviluppo città. Dobbiamo saper smentire questa tendenza al pessimismo molte volta basata sulla poco conoscenza dei dati. Ad esempio, nell’ultimo anno a Orvieto abbiamo incassato come tassa di soggiorno 480mila euro, vuol dire 240mila persone che hanno dormito nel Comune di Orvieto, ovvero un volume d’affari di 24milioni di euro che è ricaduto sull’economia turistica del territorio che si può reinvestire sul territorio. A questi turisti dobbiamo offrire la possibilità di rimanere più giorni sul nostro territorio perché le possibilità ci sono. Però - ha concluso il primo cittadino -, dobbiamo anche essere coscienti di dover cambiare la cultura di chi fa imprenditoria nel settore turistico. Dobbiamo migliorare la ricettività, dobbiamo migliorare la ristorazione. Questo non vuol dire che quello che c’è non va bene, ma essere capaci di promuovere eccellenze e attrarre turismo di fascia medio-alta. Ci stiamo lavorando e siamo sicure che se ci lavoriamo insieme e con più fiducia possiamo vincere questa sfida”.

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