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Ecclesia peregrinans, Leone XIV e la Chiesa come corpus mysticum: il ritorno dello spirito agostiniano nel XXI secolo

Con l’elezione del cardinale Robert Francis Prevost al soglio pontificio con il nome di Leone XIV, la Chiesa cattolica vive un momento di ritorno alle sue radici più profonde. Per la prima volta nella storia recente, un religioso dell’Ordine di Sant’Agostino sale al trono di Pietro. Questa scelta riporta al centro dell'attualità ecclesiale la figura e il pensiero di Agostino d’Ippona (354-430), Doctor Gratiae, dal cor inquietum, rappresentante della Patristica latina e, secondo molti studiosi, uno dei fondatori del pensiero occidentale. 



Sant’Agostino (354–430 d.C.), filosofo, teologo e vescovo di Ippona, è una figura cardine della Patristica, sintesi geniosa di pensiero classico e fede cristiana. La sua opera, dalle Confessioni alla Città di Dio, ha plasmato la teologia occidentale, affrontando temi come il libero arbitrio, la grazia divina e il male come privatio boni (assenza di bene). Il suo percorso esistenziale, segnato da una conversione drammatica dopo anni di adesione al manicheismo, riflette una ricerca incessante della verità, mediata dalla ragione e illuminata dalla fede: «Crede ut intelligas, intellige ut credas».

Oggi, la sua eredità si riflette nel pontificato di Leone XIV (Robert Francis Prevost), primo papa agostiniano della storia. Ordinato nell’Ordine di Sant’Agostino nel 1981, Prevost incarna i valori della Regola agostiniana: vita comunitaria, carità attiva e ricerca della conoscenza, sintetizzati nel motto Charitas et Scientia. Il suo stemma papale riporta «In Illo uno unum», frase tratta da un commento agostiniano al Salmo 127, che sottolinea l’unità in Cristo. Un legame che unisce il Dottore della Grazia al nuovo pontefice, chiamato a guidare una Chiesa in dialogo con le sfide contemporanee.

La scelta di un pontefice agostiniano "riporta al centro l’idea di Chiesa come comunità di ricerca e di tensione verso la verità". Una comunità che accoglie le inquietudini del mondo moderno — la crisi ambientale, le fratture sociali, il disorientamento etico — non come minacce, ma come domande a cui rispondere con intelligenza e misericordia.

Di fatto Agostino è anche il pensatore dell'inquietudine. Lo proclama con forza nelle Confessioni: "Ci hai fatti per Te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in Te". È un’inquietudine che non consuma, ma vivifica. Agostino ci ricorda che il desiderio, la sete inappagata di verità e amore, è il segno più autentico della nostra umanità. In tempi turbolenti come quelli della fine dell’Impero romano — non dissimili per incertezze ai nostri — Agostino indicò un cammino: non la sicurezza esteriore, ma il riposo del cuore in Dio. Proprio come Agostino nel capolavoro di Botticelli: non placidamente assorto, ma teso verso l’Invisibile, con il cuore inquieto che non trova pace se non nel Riposo eterno.

Papa Leone XIV, già prefetto del Dicastero per i Vescovi e missionario agostiniano, raccoglie questo patrimonio nel suo pontificato appena iniziato. Il nuovo pontefice sembra implicitamente chiamare la Chiesa ad abitare proprio questa inquietudine feconda: un’inquietudine che non paralizza, ma spinge avanti. In un’epoca attraversata da crisi ambientali, mutamenti antropologici e sfide tecnologiche, l'insegnamento agostiniano suggerisce di non cercare rifugio in sicurezze effimere, ma di tenere il cuore desto, aperto alla grazia e alla verità. 

Il nome che ha scelto richiama Leone XIII, il papa che inaugurò la dottrina sociale moderna con la Rerum Novarum, padre della dottrina sociale, in cui l’impronta agostiniana è evidente: una Ecclesia peregrinans, quella del popolo in cammino, unito non dal potere ma dall’amore che ordina e orienta. In un’epoca di frammentazione, la lezione di Agostino – sintesi di fede e ragione, impegno sociale e interiorità – offre un modello per una Chiesa chiamata a essere «città celeste in cammino nella storia», un immagine affascinante che sottolinea la condizione in via, ancora non arrivata alla piena comunione escatologica. Una Chiesa che si ripensa alle radici, alla luce della grazia, della comunità come corpus mysticum, e dell’umiltà come virtù cardinale.

L’elezione di Leone XIV potrebbe segnare, dunque, un momento di "ritorno ad Agostino", in un’epoca in cui la Chiesa cerca nuovi linguaggi per parlare di grazia, di comunità e di speranza. Come il vescovo di Ippona, anche oggi la Chiesa vive dentro una "città terrena" segnata da crisi e trasformazioni globali — dall’intelligenza artificiale alla crisi ecologica, dalle disuguaglianze economiche alle migrazioni.

Se Agostino seppe leggere il crollo dell’Impero romano come l’occasione per ridefinire l’identità cristiana, Leone XIV potrebbe proporre alla Chiesa un nuovo umanesimo spirituale, capace di coniugare l’antico e il nuovo, la fedeltà alla Tradizione e l’apertura ai segni dei tempi.

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