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Monteverdi e il teatro dell’anima: il Terzo Libro di Madrigali. Al Farnese Festival l'opera che segnò la transizione tra Rinascimento e Barocco

Sabato 7 giugno alle ore 16.30, presso il Complesso monumentale della Pilotta di Parma, avrà luogo l’esecuzione integrale del Terzo libro de’ madrigali a cinque voci di Claudio Monteverdi. L’evento si inserisce nell’ambito della terza edizione del Farnese Festival, prestigiosa rassegna dedicata alla musica antica, e costituisce un’occasione di particolare rilievo per approfondire l’universo espressivo del grande compositore cremonese. Protagonista del concerto sarà l’ensemble Concerto Italiano, sotto la direzione di Rinaldo Alessandrini, figura di riferimento nel panorama internazionale dell’interpretazione storicamente informata del repertorio rinascimentale e barocco.

Frederic Leighton, Flaming June, 1895


Pubblicato a Venezia nel 1592, quando Monteverdi aveva appena venticinque anni, il Terzo libro segna un momento di svolta nella produzione monteverdiana: alle raffinatezze contrappuntistiche ancora legate alla tradizione fiamminga, si affiancano qui i primi segnali di una nuova sensibilità espressiva, volta a dare voce agli affetti del testo poetico attraverso ardite soluzioni armoniche e sorprendenti scelte timbriche. Questa raccolta, ponte tra il classicismo tardo-rinascimentale e le innovazioni della seconda pratica, rivela già in nuce la poetica musicale che culminerà nei capolavori della maturità.

Nel Terzo libro il compositore cremonese tesse con rara maestria il proprio linguaggio musicale sui testi di poeti quali Torquato Tasso e Giambattista Guarini, dando vita a sedici madrigali che rappresentano un momento di profonda trasformazione espressiva e stilistica, situandosi tra gli ultimi splendori del Rinascimento e le prime luci del Barocco. La raccolta comprende anche poesie di altri autori, tra cui Pietro Bembo e Livio Celiano (pseudonimo di Angelo Grillo).

Allievo di Marc’Antonio Ingegneri presso la cattedrale di Cremona, Monteverdi si forma nell’alveo della prima prattica - stile musicale improntato alla polifonia severa di stampo palestriniano, dove l’armonia è al servizio dell’equilibrio formale. Tuttavia, già nel Terzo libro, il giovane compositore mostra un linguaggio decisamente più ardito, che prelude alla seconda prattica - concetto teorizzato esplicitamente da Monteverdi stesso in risposta alle critiche di Giovanni Maria Artusi (L’Artusi overo delle imperfettioni della moderna musica, 1600–1603).

Secondo Artusi, alcune scelte armoniche monteverdiane, come l’uso di dissonanze non preparate, violavano le regole della tradizione. Monteverdi, tuttavia, rivendicò il diritto della musica a piegarsi alle esigenze espressive del testo poetico, anticipando quella che diventerà una delle cifre distintive del Barocco. Il concetto sarà poi teorizzato in modo più sistematico nel 1605 dal fratello Giulio Cesare Monteverdi, nella prefazione al Quinto libro de madrigali.

Nel Terzo libro, la musica non descrive semplicemente le emozioni: le mette in scena. Ogni brano diventa un microcosmo teatrale, in cui l’armonia, la retorica musicale e il fraseggio concorrono a trasmettere la verità drammatica del testo. Monteverdi affida alla voce il compito del "recitar cantando", anticipando l’eloquenza dell’opera lirica. Le dissonanze, lungi dall’essere errori, sono strumenti espressivi, scelte consapevoli per evocare dolore, desiderio, meraviglia.

Tra i madrigali più emblematici spicca "Cruda Amarilli", reso celebre proprio per la controversia con Artusi, ma oggi considerato uno dei primi esempi di consapevole rottura del sistema modale rinascimentale in favore di una nuova drammaturgia musicale.

Di grande delicatezza "Ecco mormorar l’onde", in cui l’alba viene dipinta con finissima sensibilità sonora e T’amo mia vita, caratterizzata da un canto intimo e malinconico. “La giovinetta pianta” apre la serie con una riflessione malinconica sull’amore giovanile, mentre “Sovra tenere erbette” esprime, attraverso un fitto contrappunto imitativo, la commistione tra l’idillio bucolico e il tormento dell’innamorato. Particolarmente significativo è il ciclo in tre parti “Vattene pur, crudel”, ispirato alla Gerusalemme liberata di Torquato Tasso, in cui Monteverdi mette in scena con grande teatralità il pathos di Armida abbandonata, anticipando le potenzialità narrative dell’opera futura.

Il concerto si chiude con “Dolcemente dormiva la mia Clori”, un brano di grande delicatezza espressiva, costruito su un sogno amoroso in cui il protagonista osserva l’amata mentre dorme. Monteverdi traduce in musica la dimensione onirica con linee vocali sospese, armonie lievi e una scrittura che esalta la quiete e l’intimità. Come osservato da Tim Carter, questo madrigale rappresenta uno degli esempi più raffinati dell’equilibrio monteverdiano tra forma poetica e tensione emotiva.

Importante sottolineare che il Terzo libro rappresenta anche un ponte ideale verso la nascita del melodramma. Le tecniche compositive qui sperimentate - il trattamento solistico delle voci, la retorica degli affetti, la dialettica tra parola e musica - troveranno piena realizzazione in capolavori come L’Orfeo (1607), considerato il primo grande esempio di opera in musica e cardine fondativo del teatro musicale occidentale. In questa opera, Monteverdi integra le conquiste dei madrigali con una scrittura orchestrale ricca e articolata, aprendo la strada a un linguaggio drammatico nuovo, più diretto e universale.

L'esecuzione dei brani in programma è affidata a un cast vocale di grande esperienza e sensibilità interpretativa: i soprani Monica Piccinini e Sonia Tedla, il mezzosoprano Maria Chiara Gallo, l’alto Andres Montilla, il tenore Raffaele Giordani e il basso Gabriele Lombardi. Questi artisti, collaboratori abituali di Concerto Italiano, hanno già dimostrato la loro affinità con il repertorio monteverdiano in numerosi progetti discografici e concertistici, come testimoniano recensioni che ne lodano la precisione stilistica e la profondità espressiva.

L’ensemble Concerto Italiano, fondato da Rinaldo Alessandrini nel 1984, è da decenni punto di riferimento per l’interpretazione filologica della musica italiana tra XVI e XVIII secolo. Le esecuzioni del gruppo si distinguono per l’attenzione al testo, la precisione stilistica e l’energia comunicativa, qualità che renderanno questo concerto un momento di particolare intensità artistica.

Il Farnese Festival nasce nel 2022 con l’intento di valorizzare il patrimonio musicale barocco e rinascimentale attraverso esecuzioni storicamente informate in luoghi di straordinario valore architettonico. La manifestazione si svolge a Parma, città storicamente legata alla cultura musicale sin dal Rinascimento, grazie al mecenatismo della famiglia Farnese, alla presenza di importanti cappelle musicali e alla ricca tradizione operistica emiliana.

Cuore simbolico del festival è il Teatro Farnese, gioiello di architettura effimera in legno realizzato nel 1618 da Giovanni Battista Aleotti per il duca Ranuccio I Farnese: uno dei rarissimi teatri seicenteschi ancora esistenti, restituito all’uso dopo un attento restauro. Accanto al Teatro, il festival coinvolge anche altri spazi suggestivi. L’appuntamento si terrà nella suggestiva Sala 800 della Galleria Nazionale, uno spazio che per l’occasione si trasformerà in un teatro dell’anima, dove le voci dei madrigali monterverdiani riecheggeranno con tutta la loro forza drammatica e lirica.

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