Sacred Treasures of Rome: The London Oratory Schola Cantorum esplora la Roma cinquecentesca all’ombra dell’Oratorio tra spiritualità e creatività
Nel firmamento della musica sacra rinascimentale, il nome di Giovanni Pierluigi da Palestrina — emblema perfetto dell’equilibrio tra l’arte polifonica e la limpidezza del testo — continua a brillare, richiamando interpreti da ogni angolo del mondo. In occasione del cinquecentenario della sua nascita, la London Oratory Schola Cantorum, diretta da Charles Cole, celebra il maestro con Sacred Treasures of Rome, il nuovo album pubblicato da Hyperion. Questa registrazione, oltre a rendere omaggio a Palestrina, getta nuova luce su figure meno note ma decisive della scuola romana, legate all’Oratorio di San Filippo Neri: un crocevia spirituale e culturale che alimentò la straordinaria fioritura musicale dell’epoca.
Il disco si apre con due capolavori palestriniani: Dum complerentur e Dum ergo essent, mottetti a sei voci per la Pentecoste, dove la discesa dello Spirito Santo (“Et subito”) è resa attraverso un crescendo drammatico, tipico della maestria narrativa del compositore. Come sottolinea Jerome Roche nel New Grove Dictionary of Music and Musicians, Palestrina eccelse nel coniugare devozione e raffinatezza contrappuntistica, qualità evidenti anche in Super flumina Babylonis, mottetto a quattro voci che incarna l’ideale rinascimentale di simmetria e fluidità melodica.
Accanto a Palestrina spiccano compositori come Giovanni Animuccia, figura centrale nell’Oratorio filippino. La ricostruzione di O crux ave, spes unica—tratta da libri corali dispersi, citati negli archivi vaticani—testimonia l’impegno degli esecutori nel recuperare repertori dimenticati. Animuccia, come ricorda la studiosa Noel O’Regan in Sacred Polyphony in Late Sixteenth-Century Rome, fu pioniere delle laude vernacolari, strumenti di evangelizzazione cari a San Filippo Neri.
Interessante è il caso di Luca Marenzio, noto per i madrigali ma qui rappresentato dal Magnificat octavi toni a doppio coro. In particolare il brano merita un approfondimento per la sua struttura musicale di "forma libera" dove "ogni verso musica nova" (ogni verso ha nuova musica). Una forma che non si basa sulla ripetizione strofica o ritornellistica, ma alterna versetti di pieno coro e dialoghi tra cori in cui ogni sezione presenta materiale nuovo, plasmato sulle parole e sull’espressione retorica del testo. Questo evita schemi fissi e permette una forma musicale in costante evoluzione, in cui ogni versetto riceve appunto un trattamento musicale nuovo, senza ricorso a riprese formali o sezioni ripetitive. Questo approccio è coerente con la prassi policorale della fine del Rinascimento e anticipa sensibilità che saranno poi descritte più sistematicamente nell’Ottocento con il termine tedesco durchkomponiert, di uso comune nella teoria musicale nel XIX secolo, specialmente nella critica liederistica e romantica.
Come rileva Graham Dixon in Grove Music Online, nelle impostazioni policorali di fine Cinquecento "each verse was often set with fresh material, avoiding repetition and allowing for varied textures and antiphonal effects." In inglese questa tecnica viene denominata through-composed, tipica dei madrigali rinascimentali e barocchi, dove la musica "dipinge" le emozioni o le immagini del testo, ma viene qui applicata a un contesto sacro. Il Magnificat di Marenzio riflette di fatto questo approccio “madrigalistico”: l' “Amen” rappresenta un momento di puro virtuosismo polifonico, quasi un tributo alla Missa Papae Marcelli di Palestrina, rendendo questo brano un gioiello di sperimentazione nel solco della spiritualità filippina.
L’album di fatto, esplora proprio il legame tra musica e spiritualità nell’Oratorio, dove musicisti come Felice Anerio e Ruggiero Giovannelli operavano al servizio della comunità. Un diario dell’oratoriano Francesco Zazzara, citato nel libretto, descrive esecuzioni con “quattro cori”—pratica innovativa per l’epoca, resa possibile dall’acustica della Chiesa Nuova. San Filippo Neri, come evidenzia lo storico della musica Graham Dixon in The Counter-Reformation and the Masses of Palestrina, promosse un dialogo tra arte e fede, attirando compositori desiderosi di sperimentare al di fuori dei vincoli liturgici più rigidi.
Diretta da Charles Cole—esperto di repertorio sacro e fondatore di ensemble come il Cardinall’s Musick—la London Oratory Schola Cantorum offre una performance nitida e devozionale. La scelta di coinvolgere voci giovani (età media 14 anni), conferisce alle linee polifoniche una purezza timbrica, specie nei passaggi più introspettivi come Sitivit anima mea di Palestrina, dove il soprano solista emerge con toccante fragilità.
Pregevoli sono le dinamiche contrastanti in brani come Exsultate Deo, esplosione di gioia ritmica, e Peccantem me quotidie, in cui il coro alterna accordi maestosi (“timor mortis”) a passaggi cromatici carichi di pathos (“conturbat me”). La resa del doppio coro in Christus resurgens di Gregorio Allegri—autore noto per il Miserere—esalta la spazialità tipica della polifonia romana, con echi che sembrano riverberare tra le navate di una chiesa.
Il progetto si distingue per l’attenzione filologica: brani come Adoramus te Christe di Nanino e Regina caeli di Soriano attingono a manoscritti della Cappella Giulia e della Biblioteca Apostolica Vaticana, mentre le note di copertina richiamano il dipinto di Federico Barocci, artista caro a San Filippo. Come osservato da Richard Charteris in Giovanni Animuccia: A Documentary and Stylistic Study, la riscoperta di questi autori arricchisce la nostra comprensione del Rinascimento musicale, spesso eclissato dai “giganti” come Palestrina.
Sacred Treasures of Rome non è solo un tributo a Palestrina, ma un invito a esplorare l’ecosistema musicale della Roma cinquecentesca, dove spiritualità e creatività si intrecciarono sotto l’ala dell’Oratorio. La London Oratory Schola Cantorum, con la sua formazione liturgica e l’approccio fresco di giovani voci, restituisce a questo repertorio una vitalità sorprendente, ricordandoci che la polifonia rinascimentale, è sempre un bene ribadirlo—pur radicata nel passato—parla ancora all’uomo moderno. Insomma, un disco indispensabile per appassionati di musica antica e non solo, capace di coniugare rigore storico ed emozione pura.
Commenti
Posta un commento