Il mondo dell'arte saluta Arnaldo Pomodoro: ci lascia il demiurgo della materia. La sua visione scultorea, sintesi di eleganza geometrica, tra tensione poetica e profondità culturale
Si è spento ieri 22 giugno a Milano, alla vigilia del suo novantanovesimo compleanno, Arnaldo Pomodoro, figura di spicco della scultura contemporanea. Nato a Montebello di Romagna il 23 giugno 1926, ha lasciato un’impronta indelebile nel mondo dell’arte, trasformando solidi elementari in indagini profonde sull'esistenza umana e tecnologica.
Figura poliedrica, Pomodoro iniziò da architetto, scenografo e orafo: esperienze che plasmarono la sua sensibilità verso la materia e lo spazio. Negli anni Sessanta raggiunse notorietà internazionale grazie alla serie “Sfera con Sfera”. La prima versione, commissionata per Expo 67 a Montreal (1966), segnò l'inizio di una produzione in crescita, con oltre 45 varianti installate in sedi prestigiose mondiali: Vaticano, Nazioni Unite, Trinity College, Tehran, ecc.
Le opere della serie Sfera con Sfera racchiudono una delle intuizioni più fertili di Arnaldo Pomodoro. La superficie esterna, levigata e armonica, evoca l’apparenza compatta del mondo, mentre l’interno, inciso e articolato, lascia intravedere una complessità nascosta, fatta di strutture dinamiche e tensioni sotterranee. Questo contrasto tra ordine e disordine, tra equilibrio formale e frammentazione, diventa il cuore simbolico di queste sculture. Collocate in spazi pubblici, esse instaurano un dialogo profondo con l’ambiente che le circonda - luce, architettura, movimento urbano - e invitano chi le osserva a una riflessione più ampia sulla forma e sul senso. Monumentali ma mai impositive, queste sfere si muovono tra forza iconica e vocazione contemplativa, segnando una svolta nell’estetica contemporanea verso un linguaggio geometrico, teatrale e al tempo stesso intrinsecamente umano.
Nel 1995 Arnaldo Pomodoro istituisce a Milano la fondazione che porta il suo nome, con l’intento di custodire e valorizzare non solo il proprio lavoro, ma anche quello di altri protagonisti dell’arte contemporanea, in una prospettiva ampia e internazionale. Dal 2005 la Fondazione dispone di uno spazio espositivo permanente, oggi diretto da Carlotta Montebello, che si configura come un centro attivo di ricerca, conservazione e divulgazione: non semplice archivio, ma luogo vivo di confronto, memoria e progettualità culturale.
Il lascito di Pomodoro si articola su più livelli. Sul piano formale, la sua cifra stilistica si riconosce nell’uso di forme pure - sfere, dischi, cilindri - che egli incide, lacera, trafora, trasformandole in strutture complesse e aperte, capaci di evocare mondi interiori. Sul piano poetico e filosofico, il suo linguaggio diventa metafora della condizione umana: basti pensare alle sue sfere specchiate, che dietro la levigatezza dell’apparenza celano un nucleo inquieto, meccanico, instabile. In ambito urbano, le sue sculture si fanno presenze emblematiche, pietre miliari del paesaggio contemporaneo, in dialogo costante con l’architettura e con lo sguardo del pubblico. Infine, il riconoscimento istituzionale della sua opera - dal Praemium Imperiale nel 1990 al titolo di Cavaliere di gran croce - testimonia la portata innovativa e internazionale della sua ricerca, capace di coniugare rigore plastico e pensiero critico
La scomparsa di Pomodoro segna la fine di un'epoca nella scultura contemporanea. Il suo linguaggio visivo - sintesi di eleganza geometrica, tensione poetica e profondità culturale - rimane patrimonio universale. La “poetica della forma spezzata” non è solo estetica, ma poesia della condizione umana, un invito alla scoperta del mondo interiore che ogni opera cela.
Pomodoro rimane, nel panorama artistico mondiale, un demiurgo della materia, capace di trasformare la perfezione formale in un atto poetico e filosofico di grande forza. La sua eredità continuerà a parlare attraverso le sue opere, scolpite nei luoghi pubblici e nella memoria collettiva.
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