Impressionismo e oltre: all’Ara Pacis un viaggio nella modernità europea con i capolavori del Detroit Institute of Arts
Dal Detroit Institute of Arts arrivano all’Ara Pacis cinquantadue capolavori che raccontano le svolte decisive della pittura europea, dall’impressionismo alle avanguardie del Novecento. Un percorso che permette al pubblico romano di ritrovare, in un unico sguardo, alcuni dei momenti più fertili e innovativi dell’arte moderna.
Il percorso, curato da Ilaria Miarelli Mariani e Claudio Zambianchi, si apre con il rinnovamento francese di metà Ottocento. La pittura moderna trova nuovo slancio quando Degas, Renoir, Cézanne e i loro contemporanei scelgono di osservare la vita quotidiana, mettere alla prova la percezione della luce e interrogare i codici accademici. In questa sezione spiccano cinque dipinti di Degas, il Bagnanti di Cézanne e la Donna in poltrona di Renoir, immagine scelta come simbolo della mostra. Accanto a loro appaiono Pissarro, Sisley e Max Liebermann, il cui dipinto del 1916 testimonia come la sensibilità impressionista continui a rinnovarsi anche al di fuori della Francia.
Dopo il 1886, anno dell’ultima mostra impressionista, la pittura francese si orienta verso una maggiore solidità costruttiva. La Sainte-Victoire di Cézanne presenta una struttura più meditata, mentre nelle opere di Renoir si avverte un ritorno personale alla tradizione. I due dipinti di Van Gogh colgono la realtà mediante una pennellata ritmica e pulsante, dove il colore assume un valore emotivo indipendente dal dato naturale, espressione di quella fase definita dal critico Roger Fry come postimpressionismo.
La sezione centrale segue l’evoluzione della Parigi dei primi decenni del Novecento, quando la capitale diventa laboratorio internazionale. Le sei opere di Picasso documentano passaggi fondamentali: il periodo rosa, la stagione cubista e tre ritratti femminili degli anni Venti. I tre dipinti di Matisse, datati tra il 1916 e il 1919, mostrano il passaggio da una scrittura più severa a una pittura morbida e dilatata, sensibile alla lezione di Renoir. Il panorama della città si completa con il cubismo di María Blanchard e Juan Gris e con le presenze espressioniste di Modigliani e Soutine, figure essenziali della Scuola di Parigi.
La parte finale è dedicata all’avanguardia tedesca, acquisita dal Detroit Institute of Arts grazie alla visione del direttore Wilhelm R. Valentiner. Le opere di Pechstein, Kandinsky e Feininger rappresentano i movimenti d’anteguerra Die Brücke e Blaue Reiter. Le tele successive al 1918 restituiscono invece la tensione della Germania del dopoguerra: le figure asciutte di Heckel e Schmidt-Rottluff, i colori intensi di Nolde, la potenza segnica di Kokoschka e il celebre Autoritratto del 1945 di Max Beckmann, inquieto riflesso della fragilità di un Paese alla ricerca di un nuovo equilibrio.
L’arrivo a Roma di questa selezione offre una lettura compatta e autorevole delle radici della modernità. Il percorso mostra come luce, colore, città, interiorità ed astrazione diano vita a un insieme di sperimentazioni che avrebbe orientato in modo decisivo la pittura europea tra Ottocento e Novecento.
La mostra è inoltre progettata con particolare attenzione ai temi dell’accessibilità. Percorsi multisensoriali, visite integrate, laboratori creativi, supporti tattili e video LIS sottotitolati sono stati sviluppati in collaborazione con l’Istituto dei ciechi Francesco Cavazza e Rai Pubblica Utilità. Per tutta la durata dell’esposizione sono previste visite tattili e visite con interpreti LIS gratuite, realizzate insieme al Dipartimento Politiche sociali e Salute di Roma Capitale, alla Cooperativa Segni d’Integrazione Lazio e a Zètema Progetto Cultura.
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