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Palestrina e le sue declinazioni nel tempo - Volume 5. Il linguaggio coerente e universale del Princeps e la costruzione di un mondo compositivo "ideale"

In occasione della giornata di studio "Palestrina e le sue declinazioni nel tempo", promossa da ARCL Associazione Regionale Cori del Lazio in collaborazione con Feniarco, l’intervento di Roberto Ciafrei, ha offerto una prospettiva articolata sulla transizione del pensiero musicale rinascimentale. L’analisi, intitolata La subfinalis “Re” nel Deuterus: un passo dalla modalità verso la tonalità, ha affrontato una questione tecnica di particolare complessità, inserendola nel più ampio quadro di un linguaggio musicale in trasformazione. 


L’intervento di Roberto Ciafrei, docente presso il Conservatorio di Musica Santa Cecilia di Roma, ha affrontato con chiarezza e rigore un tema specialistico, rendendolo accessibile a un pubblico eterogeneo. L’analisi ha evidenziato come l’uso e l’interpretazione della subfinalis Re nel modo Deuterus, o Frigio, rappresentino un nodo sintattico decisivo, offrendo nuove chiavi di lettura sulla continuità tra la prassi medievale e l’emergente sensibilità tonale del Cinquecento.

Al centro della relazione è stato posto il ruolo della subfinalis Re nel sistema modale del Deuterus, inteso come elemento rivelatore della forma mentis dei compositori rinascimentali, tra cui Pierluigi da Palestrina. Ciafrei ha richiamato il quadro di un linguaggio condiviso e codificato, formalizzato da Glareanus nel Dodekachordon e ripreso da Zarlino nelle Istituzioni Harmoniche, fondato su dodici Modi. La scelta del Modo rispondeva a finalità espressive precise, strettamente connesse al significato e all’atmosfera del testo.

Il Primo Modo, con finalis Re, era ritenuto adatto a contenuti di gravità moderata, mentre il Settimo, con finalis Sol, si addiceva a espressioni di carattere lascivo o irato. Tale consapevolezza faceva parte del bagaglio culturale dei musicisti del XVI secolo e si rifletteva in una sintassi musicale strettamente legata a quella verbale. La trattatistica prescriveva che la musica seguisse le inflessioni del testo, evidenziandone la punteggiatura attraverso clausole e cadenze, assimilate da Zarlino, il quale, in modo chiaro, le equiparava al "punto" di un'orazione.

Nel XVI secolo la cadenza ideale si fondava sul passaggio da una consonanza imperfetta a una perfetta, come dalla sesta all’ottava, o nei rispettivi rivolti. La voce che procedeva per semitono ascendente verso l’ottava, la clausula cantizans, veniva generalmente alterata, una prassi così diffusa da risultare spesso implicita. Nel sistema modale, per tutte le finalis individuate da Glareanus, la subfinalis tendeva a essere sustentata, creando il semitono ascendente, con una rilevante eccezione rappresentata dal Deuterus. In questo modo, la distanza tra la subfinalis Re e la finalis Mi è di tono, non di semitono, dando origine alla Cadenza Frigia, in cui il Re non viene alterato.

Ciafrei ha mostrato come Palestrina rimanesse fedele a questa specificità modale. In composizioni nel Deuterus come Super flumina Babylonis o Convertere ad Dominum, la Cadenza Frigia è applicata con coerenza, a testimonianza di un operare saldo entro il sistema modale. Il vero punto di svolta, che evidenzia un "passo dalla Modalità verso la Tonalità", si manifesta con le scelte di altri compositori, che iniziarono a "oltrepassare il sistema stesso". 

L’esempio emblematico mostrato da Ciafrei è Luca Marenzio nel madrigale Solo e pensoso: nella gestione della cadenza in Deuterus, il passaggio da Re a Mi viene mediato dall’introduzione del Re diesis, che, combinato con il Fa diesis nell’Altus, genera una sesta maggiore diretta all’ottava giusta. In questo modo il Deuterus viene assimilato agli altri Modi, perdendo la propria cadenza caratteristica, in un processo che prefigura la tonalità, fondata su due sole tipologie di scala, maggiore e minore.

L’intervento in definitiva, ha chiarito come Palestrina non possa essere definito un conservatore in senso reazionario. La sua adesione alla modalità rifletteva un linguaggio radicalmente condiviso, non un rifiuto del mutamento. La coerenza stilistica rispondeva alla volontà di evitare sperimentalismi suscettibili di compromettere la comprensione del suo magistero musicale. 

Pur operando entro la tradizione, la sua tecnica e il suo stile nei dettagli erano pienamente aggiornati e riconosciuti come tali dai contemporanei. Proprio questa coerenza, unita all’uso di un linguaggio percepito come universale, contribuì alla costruzione di un mondo compositivo destinato a essere considerato nel tempo come ideale.

Questo articolo è stato pubblicato anche su: www.musicantiquajournal.eu

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