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La semplificazione dello stile: un gesto alla moda. Una nuova lettura del madrigale romano tra Marenzio e de Macque

La "scuola romana" e la semplificazione dello stile del madrigale alla fine del Cinquecento, a cura di Paolo Teodori, è stato uno degli interventi più significativi della Giornata di studi sulla produzione profana di Giovanni Pierluigi da Palestrina, svoltasi mercoledì scorso presso la Sala Macchia della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma. Riprendendo le teorie di Anthony Newcomb, Teodori evidenzia come la scuola romana trasformi il linguaggio madrigalistico in senso armonico e sintetico, segnando una fase di rinnovamento consapevole più che di regressione stilistica.


Sulla base dell’intervento del musicologo Paolo Teodori al recente convegno romano incentrato sulla semplificazione stilistica del madrigale di fine Cinquecento, alcune riflessioni meritano di essere approfondite per la loro capacità di ridefinire il ruolo della scuola romana nel processo evolutivo del madrigale. Con un approccio originale, Teodori ha proposto una rilettura del madrigale romano, offrendo un contributo di rilievo all’evento organizzato dall’Istituto di Bibliografia Musicale (IBImus) e dall’Associazione Culturale Recercare, che voglio ringraziare per la squisita accoglienza, nell’ambito delle celebrazioni per il Cinquecentenario della nascita di Palestrina.

Il punto di forza dell’intervento di Teodori, risiede nella capacità di collegare le teorie di Anthony Newcomb, che ha approfondito il madrigale italiano e le innovazioni stilistiche tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento, con il contesto specifico della scuola romana. Teodori mostra come alcune tendenze individuate da Newcomb, in particolare la semplificazione del contrappunto polifonico a favore di effetti più "accordali", siano rintracciabili anche nei madrigali romani degli ultimi decenni del Cinquecento. L’analisi dei casi di Luca Marenzio e Giovanni de Macque evidenzia come queste pratiche abbiano trasformato il linguaggio madrigalistico, orientandolo verso una verticalizzazione armonica e una resa più immediata del testo poetico e retorico.

La riflessione di Teodori contribuisce a ridefinire il ruolo della scuola romana nel contesto europeo, mostrando come la cosiddetta "semplificazione" dello stile non rappresenti decadenza o regressione, ma una fase di consapevole rinnovamento formale e linguistico: una scelta estetica orientata a un linguaggio più chiaro, armonicamente compatto e coerente con il senso poetico del testo.

Teodori ha fatto ricorso a elementi della cosiddetta "moda compositiva" dell’epoca, come il chordal noodling (termine derivato dagli studi di Newcomb), evidenziando come nei libri curati attorno a Marenzio o in manoscritti romani emergano chiari tratti di semplificazione e una riduzione della densità contrappuntistica a favore di effetti armonici e accordali. Nel suo intervento, Teodori ricontestualizza queste osservazioni nel panorama della scuola romana, mostrando come le tendenze identificate da Newcomb siano rintracciabili anche nei madrigali romani del tardo Cinquecento.

Faccio presente che Anthony Newcomb è riconosciuto a livello internazionale come uno dei principali studiosi del madrigale italiano del tardo Cinquecento, in particolare per i suoi studi sulla scuola di Ferrara. Il suo lavoro più noto, The Madrigal at Ferrara, 1579–1597 (Princeton University Press, 1980), costituisce un riferimento fondamentale per la musicologia rinascimentale.

Brevemente, il termine "chordal noodling" descrive una scrittura musicale che privilegia blocchi armonici e progressioni accordali, riducendo l’intensità del contrappunto lineare tradizionale. Questo approccio riflette una tendenza alla semplificazione stilistica, volta a una maggiore chiarezza espressiva e a una più immediata comunicazione del testo poetico, rappresentando una fase evolutiva del linguaggio madrigalistico.

Di particolare rilievo è la modalità con cui si è articolato il confronto tra la tendenza semplificativa tipica di Marenzio e le voci coeve della scuola romana. Ne è emersa una compagine stilisticamente mista, dove alcuni compositori adottano scorci di omofonia e riduzioni contrappuntistiche, mentre altri mantengono un approccio più denso e tradizionale. In questo contesto, Teodori richiama e rialloca sul terreno romano l’interpretazione critica di Newcomb, evidenziando come la riduzione dell’intreccio imitativo, l’accento su passaggi omofoni o quasi-accordali e la ricorrenza di formule ritmico-motiviche non siano semplici semplificazioni, ma rispondano a precise esigenze retoriche, editoriali e performative.

Ovviamente semplificare non significa appiattire. Marenzio modulava la densità contrappuntistica con scorci di omofonia, progressioni verticali e pattern ritmici ricorrenti, privilegiando l’impatto immediato del testo poetico, la trasparenza del fraseggio vocale e la destrezza esecutiva richiesta da ensemble virtuosi. Questa strategia favoriva anche la circolazione rapida delle edizioni a stampa e l’efficacia musicale in contesti colti e competitivi.

La tendenza alla semplificazione è evidente nel confronto tra libri di madrigali di Marenzio e raccolte romane degli ultimi decenni del Cinquecento, dove la cosiddetta scuola romana mantiene in alcuni casi la densità contrappuntistica tradizionale, mentre in altri adotta soluzioni più chiare, assimilando elementi di moda stilistica e declinandoli localmente.

Nel contesto editoriale, Teodori cita Il Lauro Secco (1582) e Il Lauro Verde (1583), pubblicati da Vittorio Baldini e dedicati a Laura Peverara, che offrono esempi concreti di riduzione dell’intreccio imitativo a favore di texture verticali e effetti accordali. Queste raccolte documentano come la tendenza compositiva e le esigenze editoriali abbiano favorito una scrittura più immediata e comprensibile, pur mantenendo eleganza e raffinatezza.

Lo studio del madrigale romano riguarda un repertorio profano ancora in gran parte inedito, comprendente compositori nativi di Roma e musicisti italiani o stranieri attivi presso corti e istituzioni romane. L’analisi di raccolte come Il Lauro Secco consente di delineare un profilo del madrigalismo romano, evidenziando caratteristiche autonome e la tendenza alla chiarezza armonica e alla semplificazione contrappuntistica tipiche della scuola romana del tardo Cinquecento.

Bisogna tener presente che l'interesse degli studiosi per la produzione polifonica profana dei compositori romani del Cinquecento è emerso più recentemente rispetto alla consolidata attenzione rivolta alla loro musica sacra, come quella di Palestrina. Un contributo pionieristico in questo ambito è stato fornito da Peter Wagner, che nel 1892 pubblicò un articolo intitolato "Das Madrigal und Palestrina" nella rivista Vierteljahrsschrift für Musikwissenschaft. In questo studio, Wagner analizzò i madrigali di Palestrina, evidenziando le caratteristiche stilistiche e compositive di queste opere. Il suo lavoro ha rappresentato un punto di partenza per ulteriori ricerche sulla musica madrigalistica romana del tardo Cinquecento. 

Rimane evidente che il contributo di Teodori ricolloca la scuola romana in un panorama più sfumato, mostrando come negli ultimi anni del Cinquecento siano operative scelte stilistiche che anticipano forme di chiarezza espressiva poi centrali nel Barocco. Il suo lavoro ne conferma il valore non solo storico-analitico, ma anche performativo: offre spunti per edizioni critiche, prassi esecutiva storicamente informata e interpretazioni vocali che modulano tempi, articolazioni e bilanciamenti in funzione di un testo musicale vivo. 

L’intervento apre di fatto una linea nuova nello studio del madrigale romano, a partire proprio dal dialogo tra moda compositiva, funzione retorica, impulso editoriale e scelte stilistiche, considerando Marenzio e de Macque non solo come maestri virtuosistici, ma come protagonisti di una transizione verso una maggiore trasparenza sonora.

Un ulteriore sviluppo interessante, aggiungo, potrebbe riguardare le implicazioni performative di queste scelte stilistiche. Diventa utile riflettere su quanto la semplificazione armonica sia percepibile all’ascolto odierno e su come possa guidare l’interpretazione vocale del repertorio; valore questo che supera l’analisi storico-musicologica, aprendo prospettive concrete per prassi esecutive informate e interpretazioni capaci di valorizzare la chiarezza espressiva e la trasparenza del madrigale romano tardo-cinquecentesco.


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