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Il “divino” Guido Reni nelle collezioni sabaude e sugli altari del Piemonte. La mostra a Torino celebra il 450º anniversario della nascita del celebre pittore emiliano

Dall’11 ottobre 2025 al 18 gennaio 2026, nello Spazio Scoperte, al secondo piano della Galleria Sabauda, la mostra Il “divino” Guido Reni nelle collezioni sabaude e sugli altari del Piemonte renderà omaggio al pittore emiliano, in occasione dei 450 anni dalla sua nascita. Attraverso una selezione di opere provenienti dai Musei Reali, da importanti prestiti locali e dal Musée des Augustins di Tolosa, l’esposizione intende evidenziare il profondo legame tra la corte sabauda e l’arte di Guido Reni, simbolo del classicismo bolognese che ha influenzato la cultura figurativa del Piemonte.


La rassegna, curata da Annamaria Bava e Sofia Villano, illustrerà, attraverso le opere dei Musei Reali e alcuni significativi prestiti dal territorio e dal Musée des Augustins di Tolosa, l’apprezzamento della corte sabauda, fin dalla nascita delle collezioni ducali, per la pittura classicista bolognese e nello specifico per l’arte di Guido Reni. 

La mostra si articola in più parti: la prima sezione raccoglie opere di Guido Reni entrate nelle collezioni ducali sabaude già nel primo Seicento, periodo in cui la corte sabauda iniziò a manifestare una forte predilezione per la pittura classicista bolognese. Questi dipinti riflettono il pieno sviluppo dello stile reniano, caratterizzato da una luce diffusa e una composizione equilibrata che esaltano la perfezione formale e la serenità delle figure. Molte tele esibiscono soggetti religiosi, in cui la grazia idealizzata e l’eleganza statuaria conferiscono un senso di spiritualità accessibile e maestosa. L’influenza dei modelli rinascimentali e della scultura antica si percepisce nella plasticità e nell’armonia delle pose, che rendono queste opere perfettamente adatte all’ambientazione aristocratica e devozionale della corte sabauda.

La seconda sezione si concentra sulle tele provenienti dalla quadreria del principe Eugenio di Savoia Soissons, che entrarono a far parte della collezione torinese nel XVIII secolo tramite Carlo Emanuele III. Qui si osserva una fase più matura e riflessiva della produzione di Reni, con un’evoluzione nelle tonalità cromatiche e una maggior intensità emotiva. Questi dipinti conservano comunque la luminosità e l’equilibrio compositivo tipico del pittore, ma si completano di un’accentuazione narrativa che ne arricchisce la teatralità, mettendo in luce l’abilità di Reni nel coinvolgere lo spettatore.

L’importante sezione dedicata al disegno e alla grafica consente di esplorare i passaggi preparatori e l’accuratezza del procedimento creativo di Reni. I materiali esposti, provenienti dalla Galleria Sabauda e dalla Biblioteca Reale, mostrano la raffinata capacità del pittore di costruire la forma, lavorando su studi di figura e composizioni che anticipano le soluzioni definitive. Questi bozzetti rivelano inoltre il dialogo costante di Reni con l’arte antica e rinascimentale, da cui trae ispirazione per rendere idealmente perfetti i corpi e le espressioni.

Infine, l’Assunzione della Vergine, tela giovanile recentemente ritrovata nella chiesa di Abbadia Alpina e oggi restaurata, rappresenta un momento fondamentale per cogliere le origini e la crescita artistica di Guido Reni. L’opera mostra ancora l’influenza delle lezioni emiliane e l’attenzione al ritmo compositivo, ma già lascia intravedere il passaggio verso la luminosità e la compostezza che contraddistinguono le sue opere mature, confermando il suo percorso unico all’interno del panorama artistico italiano del Seicento.

Guido Reni, figura di spicco del Seicento italiano, si affermò come uno degli interpreti più raffinati del classicismo barocco. Il suo linguaggio artistico è caratterizzato da una straordinaria armonia formale e da una luce dolce e avvolgente che si ispira alla bellezza ideale della statuaria antica e ai modelli rinascimentali. Questi elementi facevano di Reni il pittore ideale per realizzare opere destinante a residenze regali e altari, capaci di esprimere solennità ed eleganza insieme a un’efficace spiritualità. La sua influenza si estende ben oltre l’ambito bolognese, tanto da essere apprezzato fin dai primissimi anni del Seicento dalla corte sabauda, in particolare grazie al sostegno del cardinale Maurizio di Savoia e, successivamente, con l’acquisizione di importanti dipinti da parte di Carlo Emanuele III.

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