Il modello a 17 toni, basato sul Circle of 17 Fourths, rappresenta uno strumento essenziale per comprendere la musica maqām mediorientale precedente al XIX secolo. Si tratta di una concezione melodica capace di conciliare il paradigma pitagorico con le antiche prassi modali, offrendo una chiave di lettura profonda delle strutture e degli intervalli microtonali caratteristici di questo repertorio. Nella sintesi tra teoria, acustica e tradizione, il sistema rivela la propria efficacia nel decodificare una grammatica sonora di straordinaria complessità e finezza e di grande interesse tanto per lo studioso quanto per l’interprete.

Sulla base delle analisi approfondite raccolte nel volume Problems of Turkish Music del compositore e musicologo turco Yalçın Tura, emerge la profondità di un pensiero teorico che affonda nelle connessioni modali arcaiche e nelle intonazioni ancestrali del maqām, distanti dalla sensibilità musicale moderna. L’opera, ormai considerata un punto di riferimento negli studi sulla musica tradizionale turca e sul suo rapporto con la cultura occidentale, testimonia decenni di ricerca e un costante dialogo tra teoria, prassi e storia, restituendo una visione organica e coerente del patrimonio sonoro mediorientale.
Il sistema, formulato per la prima volta nella teoria persiano-araba medievale, si basa su una catena continua di 17 quinte (o quarte) perfette che suddivide l’ottava in modo irregolare in limma e comma, concepiti come terzi concettuali di tono. Da questa struttura discendono tre categorie fondamentali di intervalli melodici: il bakiyye, equivalente a una limma (L); il mujannab, una seconda neutra corrispondente a due limma (LL), interpretabile sia come terza diminuita sia come apotome; e infine il tono intero, composto da due limma e un comma (LLC). Tale organizzazione rivela un sistema di intonazione di grande precisione teorica, capace di restituire con finezza le sfumature modali proprie della musica medio-orientale antica.
Questo modello teorico, che a un primo sguardo può apparire complesso agli occhi occidentali, rivela in realtà una straordinaria raffinatezza, configurandosi come uno dei più alti esempi di intonazione e modulazione microtonale. Esso riesce a integrare il paradigma pitagorico con la prassi musicale del Medio Oriente, restituendo un equilibrio tra rigore matematico e sensibilità acustica. Se il cerchio delle quinte occidentale serve a ordinare le tonalità nel sistema temperato a dodici suoni, il Circle of 17 Fourths rappresenta invece una mappa sonora più densa e sfumata, concepita per un universo musicale basato su proporzioni minute e rapporti flessibili. Le due tradizioni rispondono a principi differenti: la prima fondata sull’uguaglianza temperata, la seconda su divisioni variabili e dinamiche dell’ottava, capaci di restituire la complessità e la ricchezza espressiva di tutta la musica modale mediorientale.
Analizzato anche dal punto di vista acustico, il temperamento a 17 toni si configura come un riferimento imprescindibile per l’interpretazione dei repertori maqām anteriori al XIX secolo, tramandati in fonti fondamentali come il Mecmua di Ali Ufki, l’Edvâr di Dimitrie Cantemir e il Mecmua di Kevseri. Questo sistema offre una cornice teorica coerente, capace di mettere in luce la struttura generativa dei modelli modali antichi, conciliando la precisione matematica del pensiero pitagorico con la flessibilità propria della prassi esecutiva orientale. In tale equilibrio tra calcolo e percezione, esso diventa una chiave di lettura essenziale per comprendere l’organizzazione profonda della musica mediorientale premoderna.
Un concetto di particolare rilievo introdotto da questo approccio è quello di pseudoschisma, termine che designa lo scarto tra la nota effettivamente intonata e quella teorica prevista dal sistema. Quando il rapporto di frequenza tra due altezze si discosta, anche di poco, da quello ideale, si genera un intervallo pseudoschismatico, che trova il proprio equilibrio soltanto all’interno del temperamento a 17 toni. È proprio in questa "elasticità controllata" che si manifesta gran parte delle sfumature microtonali caratteristiche del maqām antico, sfumature che sfuggono inevitabilmente ai sistemi temperati convenzionali e che rivelano l’estrema sensibilità acustica su cui si fonda la tradizione mediorientale premoderna.
Tra gli esempi più significativi si annoverano l’equivalenza pseudoschismatica tra Sol diesis e Ad (bemolle doppio di La), o la nota Sabâ (Sol bemolle), capace di mutare funzione a seconda del contesto modale. Queste relazioni rivelano la complessità di una teoria dell’intonazione che si muove entro uno spazio sonoro "micrometrico", in cui ogni intervallo possiede un valore non solo acustico, ma anche espressivo e strutturale. In tale prospettiva, la distanza minima tra due altezze diventa un campo di tensione e significato, rendendo udibile quella fine architettura del suono che costituisce l’essenza stessa del linguaggio maqām.
La ricerca contemporanea sul temperamento a 17 toni, sostenuta dagli studi musicologi di Owen Wright e Armen Tigranyan, conferma la rilevanza di questo modello non solo per la comprensione storica della musica mediorientale antica, ma anche per le sue potenzialità nell’ambito della microtonalità e della musica xenharmonica contemporanea. Tale prospettiva dimostra come un sistema teorico di origine premoderna possa ancora oggi offrire strumenti interpretativi e creativi, capaci di ampliare i confini dell’intonazione e di ridefinire il rapporto tra scienza del suono e sensibilità musicale.
Va sottolineato che lo studio dei modi arcaici arabi, nel contesto occidentale, offre un contributo significativo sia sul piano teorico sia su quello pratico. Dal punto di vista musicologico, l’analisi dei maqām permette di comprendere sistemi modali e microtonali profondamente diversi dal temperamento a 12 suoni occidentale, ampliando la capacità di interpretare intervalli, strutture melodiche e relazioni armoniche. In ambito interpretativo e compositivo, l’integrazione dei maqām apre nuove prospettive espressive, favorendo sperimentazione microtonale, improvvisazione e creazione di repertori ibridi senza compromettere la coerenza interna dei modelli arabi. Sul piano storico e culturale, questi studi evidenziano le influenze reciproche tra le tradizioni musicali mediorientali e occidentali, riscoprendo radici comuni e percorsi di trasmissione teorica.
Commenti
Posta un commento