Anthoni usque limina, Busnoys e l’ascolto del mottetto: comunità, significato e spiritualità nel tardo Medioevo. La raccolta di saggi di Dolores Pesce
La raccolta Hearing the Motet di Dolores Pesce, rappresenta uno strumento essenziale per lo studio interdisciplinare del mottetto medievale e rinascimentale. Attraverso contributi di rilievo, il volume esplora il rapporto tra compositore e contesto culturale, le strategie testuali e musicali adottate, e la funzione liturgica e simbolica di questo genere. Particolare rilievo assume l’analisi del mottetto votivo Anthoni usque limina di Busnoys, che mette in luce l’interazione tra dimensione personale e comunitaria all’interno di pratiche devozionali complesse. L’opera stimola una rinnovata esperienza di ascolto e interpretazione, sottolineando la ricchezza e la profondità del mottetto come fenomeno musicale e culturale tra Medioevo e Rinascimento.
Hearing the Motet: Essays on the Motet of the Middle Ages and Renaissance, curata da Dolores Pesce, è una raccolta di saggi che costituisce un contributo fondamentale per la musicologia. Frutto di una conferenza tenutasi nel 1994 alla Washington University, questo volume, esplorando il mottetto dalla sua origine medievale al pieno Rinascimento, ha riunito prospettive interdisciplinari che riflettono non solo sugli aspetti musicali, ma soprattutto sul contesto culturale, liturgico e sociale che i compositori hanno interiorizzato e tradotto nelle loro opere.
Il motivo conduttore è l’idea del compositore come "lettore" esperto della propria epoca, capace di manipolare risorse testuali, simboliche e musicali con una conoscenza profonda di liturgia, esegesi biblica, numerologia, e sfera politica e umanistica, con continuità e mutamenti tra Medioevo e Rinascimento.
Nell’ambito medievale, i saggi analizzano la tensione tra significati nascosti e citazioni musicali, come nell’esempio complesso di Mout me fu grief di Adam de la Halle, in cui la linea tenorale assume un ruolo dinamico il cui riferimento liturgico si interpone con una doppia valenza cristologica e mariana.
Le riflessioni di studiosi come Rebecca Baltzer e Anne Walters Robertson arricchiscono la nostra comprensione attribuendo nuove geografie culturali o contributi biografici, ad esempio nel caso di Philippe de Vitry, posizionandolo entro un tessuto più preciso di riferimenti liturgici e testuali. Margaret Bent, con la sua analisi del contrappunto semantico e numerico, mette in luce un processo compositivo sofisticato e ricco di implicazioni simboliche, che si intrecciano con la letteratura classica e la teoria musicale dell’epoca.
I contributi sul mottetto rinascimentale approfondiscono invece il rapporto tra musica, mecenatismo e spiritualità, mostrando come autori quali Du Fay, Busnoys, Obrecht, Josquin, Orlando di Lasso e Palestrina riflettessero nelle loro composizioni tensioni culturali attuali e personali.
Du Fay sperimenta stili musicali diversi in relazione a testi colti o devozionali, mentre Busnoys, nella cui opera Anthoni usque limina si concentra il musicologo Rob C. Wegman, offre un esempio emblematico di come un mottetto votivo potesse incarnare il vissuto personale del compositore e una sensibilità collettiva legata alle confraternite e alla commemorazione spirituale. Si tratta di un articolo di Wegman intitolato For Whom the Bell Tolls: Reading and Hearing Busnoys’s Anthoni usque limina (Per chi suona la campana: Leggere e Ascoltare l'Anthoni usque limina di Busnoys); un contributo centrale questo, alla raccolta Hearing the Motet.
Il mottetto Anthoni usque limina è un’opera votiva di eccezionale unicità, conservata nel codice corale borgognone di Bruxelles, Bibliothèque Royale, MS 5557, probabilmente copiato dallo stesso Busnoys. La campana indicata nel canone è verosimilmente quella della consacrazione (sacring-bell), il cui suono annuncia l’arrivo del Salvatore, integrandosi con il simbolismo della campana come attributo di Sant’Antonio.
Attraverso un’analisi filologica, musicale e storico-religiosa, Wegman mostra come il mottetto operi su molteplici livelli di significato: la fusione di testo, canone sonoro e simboli personali e comunitari lo rende una metafora vivida della comunità medievale, capace di esprimere tanto ansie quanto speranze condivise e individuali.
In questo contesto, il santo emerge come fulcro di stabilità, attorno al cui culto si strutturava la vita dei fedeli. La ricerca sottolinea inoltre l’importanza delle pratiche di ascolto come chiave interpretativa, evidenziando la forza simbolica degli elementi sonori, come il motivo della campana inserito nel canone con una precisa valenza liturgico-devozionale.
In un precedente articolo ho evidenziato come, Inviolata, integra et casta es Maria, delizioso mottetto di Josquin des Prez eseguito magistralmente dall’ensemble Cappella Pratensis presso il Museo Klok & Peel di Utrecht (esiste un video appena pubblicato su youtube), metta in luce una suggestiva sintonia tra la polifonia rinascimentale e la tradizione delle campane meccaniche dei Paesi Bassi. Questa stessa connessione si riscontra nel mottetto di Busnoys, dove l’elemento sonoro della campana va oltre la funzione puramente acustica per assumere significati profondi fondendo tradizione, spiritualità e contesto sociale.
Nel repertorio rinascimentale, l’uso rituale e simbolico della campana riflette un patrimonio culturale condiviso, arricchendo l’espressività musicale e invitando a un ascolto attento, capace di cogliere le molteplici relazioni tra musica, fede e comunità.
A breve Cappella Pratensis pubblicherà un video con l'interpretazione del mottetto Anthoni usque limina, di Busnoys, sempre registrato all'interno del Museo Klok & Peel, seppure in una sala di dimensioni contenute. Quest’ultima iniziativa si inserisce nel più ampio progetto di valorizzazione della cultura e della tradizione campanaria locale, rafforzando il legame tra la musica polifonica rinascimentale e l’importante patrimonio sonoro dei Paesi Bassi.
Gli studi su Obrecht e Josquin arricchiscono il discorso con una lettura attenta dell’uso del cantus firmus e delle strutture testuali, mentre le riflessioni su Orlando di Lasso e Palestrina documentano come, in epoca tardo-rinascimentale, la tradizione umanistica influenzasse un rinnovato storicismo musicale e l’approccio allegorico ai testi sacri, conferendo una nuova vitalità ed espressività al repertorio motettistico. Gli interventi di Kerman e Monson mostrano infine come la ricerca contempli anche l’accezione politica implicita in autori come Byrd, la cui musica assumeva un ruolo comunicativo nelle tensioni confessionali della sua epoca, utilizzando un linguaggio retorico codificato e sottile.
Complessivamente, Hearing the Motet offre una molteplicità di approcci metodologici e nuovi dati biografici che consentono di rinnovare profondamente la percezione del mottetto come genere musical-letterario articolato, portatore di memorie culturali e spirituali stratificate e in continua trasformazione tra Medioevo e Rinascimento, invitando a una pratica di ascolto consapevole e interpretativa.
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