Mozart e Bruckner, l’apice del genio e la forza della fede: Pappano inaugura la stagione sinfonica di Santa Cecilia
Antonio Pappano inaugura la stagione sinfonica dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia con un programma di raro equilibrio e profonditΓ : la Sinfonia n. 41 "Jupiter" di Mozart e la Messa n. 3 in fa minore di Bruckner. Due opere capitali, due ereditΓ a confronto, distanti per epoca e linguaggio ma unite da una comune tensione verso l’assoluto, che il direttore anglo-italiano affronta con la consueta luciditΓ analitica e sensibilitΓ teatrale, guidando orchestra e coro in un percorso che attraversa la perfezione formale del Classicismo e la monumentale spiritualitΓ del Romanticismo.
Nell’estate del 1788, in un periodo segnato da gravi difficoltΓ economiche e familiari, Mozart compose in rapida successione le sue ultime tre sinfonie, un trittico che rappresenta una sorta di testamento musicale. La Sinfonia n. 41 in do maggiore K 551, detta "Jupiter", chiude questo ciclo con un gesto di affermazione e di luminositΓ . L’appellativo, attribuito in epoca postuma, riflette la solennitΓ e la chiarezza di una scrittura che combina perfezione formale e inesauribile vitalitΓ .
Se la Sinfonia n. 39 si distingue per un tono austero e la n. 40 per la sua tensione malinconica, la Jupiter rappresenta il trionfo dell’equilibrio e della luce. La complessitΓ della struttura non ne offusca la chiarezza, ogni tema nasce con naturalezza e si sviluppa con un rigore contrappuntistico che testimonia la profonda assimilazione, da parte di Mozart, delle lezioni bachiane e handeliane. La frequentazione della casa van Swieten, dove si studiavano le opere dei maestri barocchi, gli permise di tradurre quell’ereditΓ in linguaggio classico.
Il finale ne Γ¨ la prova piΓΉ evidente con un fugato a cinque soggetti in cui l’arte combinatoria si fa espressione di gioia e intelligenza creativa, un vertice di architettura sonora che molti studiosi hanno definito "contrappunto esplosivo". In questa sinfonia la disciplina formale si unisce a un sentimento di libertΓ assoluta, come se Mozart, nel momento piΓΉ difficile della propria vita, avesse voluto affermare la fiducia nella razionalitΓ e nella bellezza.
Un secolo piΓΉ tardi Anton Bruckner affronta il mistero della fede con la stessa radicalitΓ con cui Mozart aveva esplorato la forma. Figura enigmatica, profondamente religiosa, definita da Mahler "mezzo babbeo, mezzo genio", Bruckner traspose la propria spiritualitΓ in una musica che unisce monumentalitΓ e introspezione.
La Messa n. 3 in fa minore "Grosse Messe", composta nel 1868, appartiene al suo primo periodo creativo ma contiene giΓ tutti i tratti del suo linguaggio maturo, un’imponente architettura corale e orchestrale, un uso esteso del contrappunto e una tensione continua tra intimitΓ e grandiositΓ . Nonostante il titolo, non si tratta di un lavoro liturgico nel senso stretto del termine ma di una professione di fede personale, in cui la struttura della Messa diventa spazio di meditazione sonora.
Il Kyrie si apre con un’invocazione quasi esitante che cresce in potenza fino a trasformarsi in una preghiera corale di grande intensitΓ . Il Gloria esplode in un’affermazione di fede assoluta, mentre il Credo culmina in una doppia fuga di straordinaria complessitΓ . Accanto ai grandi blocchi corali, Bruckner inserisce episodi per i quattro solisti, che non hanno ruoli solistici tradizionali ma si fondono con il coro in un tessuto unitario, come se la voce individuale trovasse senso solo nella coralitΓ della fede. La Messa in fa minore Γ¨, per molti versi, la prima cattedrale sonora di Bruckner, una costruzione di pietra e luce dove la musica assume il valore di atto devoto e architettura spirituale.
Il concerto ci propone due visioni dell’assoluto; Mozart e Bruckner rappresentano due estremi di un’unica aspirazione: dare forma al divino attraverso il linguaggio della musica. Il primo lo fa con la limpidezza della ragione illuministica, il secondo con la solennitΓ della fede romantica. Entrambi raggiungono l’essenza del suono come strumento di elevazione.
Nel confronto fra questi due universi sonori, il gesto di Antonio Pappano diventa il filo interpretativo che unisce la perfezione formale e la potenza spirituale, restituendo all’ascoltatore la continuitΓ ideale tra genio e fede, tra la razionalitΓ di Mozart e la mistica di Bruckner.

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