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Ovidio in scena: Glauco e Scilla, la metamorfosi sonora di De Rossi Re

Presentata in prima assoluta al Teatro Manfroce di Palmi, Glauco e Scilla, azione mitologica in sette scene liberamente ispirata alle Metamorfosi di Ovidio, segna un momento significativo nel teatro musicale contemporaneo italiano. Composta e diretta da Fabrizio De Rossi Re, l’opera fonde recitazione, canto e pianoforte in un’esperienza di rara coerenza formale.


Glauco e Scilla è il nuovo lavoro del compositore Fabrizio De Rossi Re, presentato in prima esecuzione assoluta lo scorso 16 ottobre a Palmi, nell'ambito, del cinquantenario dell'Associazione Amici della Musica Manfroce. Concepita come dramma contemporaneo dalle radici arcaiche, l'opera per soprano, due attrici, un attore e pianoforte, reinterpreta il mito classico attraverso una scrittura che unisce sperimentazione sonora, limpidezza vocale e precisione narrativa.

L’opera, che racconta il mito della ninfa Scilla e del pescatore Glauco trasformato in tritone, è fortemente intrisa di memoria mitica, fondendo elementi antichi e contemporanei in un equilibrio poetico di grande maturità. La scrittura musicale si distingue per la contaminazione, controllata, dei linguaggi: il pianoforte, suonato dallo stesso autore, assume un ruolo autonomo e dialogico, mai subordinato alla voce. Timbri arcaici e suggestioni lontane, filtrati da una sensibilità moderna, alternano densità espressiva e rarefatta sospensione.

L'apporto musicale di De Rossi Re, qui in veste di maestro musico romano incaricato della "manipolazione" della leggenda narrata da Ovidio, si inserisce con forza nel tessuto drammaturgico dell'opera. La sua musica è intrinsecamente legata all'esigenza di recuperare una dimensione espressiva e drammaturgica del suono, fornendo il sostegno emotivo e spaziale necessario per la narrazione mitologica.

Il soprano Maria Chiara Forte, nel ruolo de La Voce del Mare, offre un’interpretazione di notevole finezza, caratterizzata da purezza timbrica e chiarezza del testo. La sua voce, centrale nei momenti di maggiore tensione lirica, come la supplica di Circe o l’incantesimo del filtro vendicativo, riesce a restituire con equilibrio il conflitto emotivo del personaggio. La precisione e naturalezza negli acuti e l’emissione limpida mantengono costante la tensione drammatica, facendo emergere con naturalezza il senso poetico di ogni frase, come la supplica rivolta alla dea ("O Afrodite/ immortale signora/ dal trono iridato/ figlia di Zeus/ ti prego ") o i passaggi di forte impatto emotivo legati alla parola "amore". La voce non sovrasta mai la linea pianistica, ma vi si inserisce con precisione, dando forma a un dialogo che mantiene costantemente tensione emotiva e chiarezza espressiva.

Nella quinta scena, la comparsa di una Gymnopédie - esplicito omaggio a Erik Satie - introduce un clima di malinconica levità. La semplicità melodica e l’andamento cullante del soprano e del pianoforte fungono da contrappeso al dramma, creando una temporalità interiore e meditativa. In questo equilibrio tra evocazione antica e linguaggio moderno si riconosce una delle cifre più originali di De Rossi Re, vicino per libertà timbrica ad alcune esperienze del minimalismo europeo e della musica ambientale colta.

La musica di De Rossi Re, autentico motore drammaturgico dell’opera, restituisce al mito la sua forza evocativa. Il suono diventa gesto, respiro e spazio teatrale: la voce si trasforma in materia fluida, oscillando tra parola e canto in una metamorfosi sonora in continuo divenire.

Gli attori che incarnano Ovidio, Circe, Glauco e Scilla contribuiscono a un tessuto narrativo efficace, in cui il linguaggio verbale si espande nella musica. Monologhi e dialoghi si alternano con naturale fluidità fino alla metamorfosi finale di Scilla, vertice emotivo dell’opera. Glauco e Scilla non rappresenta soltanto una vicenda mitologica, ma un principio estetico di trasformazione.

Il passaggio continuo tra linguaggi, tempi e registri, dal parlato al cantato, dall’antico al contemporaneo, mostra come l’arte possa rigenerare il mito, preservandone la forza originaria e rinnovandone l’eco nel presente. Con questa sintesi tra tradizione e modernità, De Rossi Re realizza un’esperienza teatrale attuale, in dialogo con le nuove forme della musica europea. Il mare di Glauco e Scilla diventa così spazio simbolico di ascolto e rispecchiamento, dove la metamorfosi sonora si fa poesia.

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