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La Georgia è la culla del vino

Scavi archeologici confermano lo status di patrimonio dell'umanità alla vinificazione georgiana nei Qvevri 
Un progetto archeologico internazionale scopre residui di vite risalenti a 8000 anni rafforzando l'ipotesi che la Georgia possa essere la culla della vinificazione.

Gli scavi, effettuati a ​​Kvemo Kartli nella regione sud-orientale della Georgia, supportano lo status della Georgia come luogo di nascita della vinificazione, secondo l'agenzia di stampa georgiana Agenda. Questa settimana, il Museo Nazionale della Georgia (GNM) ha annunciato il ritrovamento di semi d'uva e polvere di vite risalente al 6000 aC, presso il sito archeologico Gadachrili Gora. 

Già nel 2014, quando il progetto internazionale fu avviato a cura del GNM, dall'Associazione del Vino Georgiana e dall'Agenzia Nazionale del Vino di Georgia, furono trovati presso il sito antichi manufatti per la vinificazione (Qvevri in argilla).

Si è sempre affermato che la Georgia fosse la culla del vino, diversi reperti archeologici hanno confermato una produzione di vino anche in grandi quantità; come da sempre si afferma l'utilizzo dei Qvevri come strumento per la vinificazione e la conservazione del vino; queste particolari anfore hanno in media una capacità di 1000 litri, sono fatte di argilla cotta in forni a legna a una temperatura di circa 950° per tre giorni e tre notti, quindi vengono ricoperte di cera per poi essere interrate nelle cantine dove il vino riposa chiuso ermeticamente e a temperatura naturalmente stabile. 

L'annuncio del GNM fa riferimento ad un complesso studio sui resti di polvere di vite trovati in questi antichi vasi che da ulteriore conferma del loro utilizzo per la produzione di vino in un epoca risalente al neolitico. Il museo dice di aver stabilito con certezza che l'antica zona georgiana fu il primo luogo dove si è assistito, attraverso l'opera dell'uomo, al passaggio dalla vite selvatica alla vite domestica.

I Qvevri vengono costruiti ancora artigianalmente e con l’idea che debbano durare nel tempo, nelle cantine georgiane se ne usano ancora alcuni che hanno oltre 250 anni. La forma affusolata è un importante elemento tecnico, l’uva viene infatti pigiata con i piedi e il mosto viene lasciato colare in questi contenitori insieme a bucce e vinaccioli che vanno a depositarsi sul fondo riducendo la superficie di contatto con il vino e il rilascio di tannini amari.

Oltre alle tracce di vino, nel sito sono venuti alla luce, edifici residenziali, strumenti di lavoro domestico, vasi e pozzi. Secondo studi archeologici, tracce di viticoltura e vinificazione sono state trovate anche in antichi insediamenti neolitici in prossimità del villaggio Imiri. Lo scavo ha confermato la teoria che che durante il periodo neolitico, l'uomo, in entrambi i siti nella Georgia orientale e occidentale, aveva familiarità con la coltivazione della vite e ha giocato un ruolo importante nella vita economica della popolazione locale.

“La diversità dei vitigni selvatici ed indigeni, l’unicità dei Quevri e le più antiche tecnologie di vinificazione, confermano che la Georgia è veramente il Paese più antico in cui sia mai comparsa la vitivinicoltura”, ha commentato il direttore del museo, Davit Lortkipanidze.

Il progetto coinvolge scienziati provenienti da importanti università degli Stati Uniti, Francia, Italia, Danimarca, Canada e Israele.

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