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Made in Italy, indagine: metà dei cinesi non conosce prodotti agroalimentari italiani. Sette su dieci associano il vino alla Francia

La Pasta e il Barolo sarebbero il cibo e il vino italiani più conosciuti dall’upper class cinese. Ma a vincere è la non conoscenza del made in Italy, con la metà dei consumatori chiamati ad associare al Belpaese un prodotto/brand agroalimentare che risponde ‘non so’. 



A rivelarlo un estratto dell’indagine dell’Osservatorio Paesi terzi di Business Strategies sul posizionamento del made in Italy in Cina, condotta da Nomisma Wine Monitor su un campione di 1.000 cittadini dal reddito medio-alto residenti a Pechino e Shanghai.

“L’equazione Italia-buona tavola è un’associazione che non può ancora essere data per scontata in Cina – ha detto Silvana Ballotta, Ceo di Business Strategies –. A fronte di un mercato in crescita e di un primo trimestre record a + 41,4% per il vino italiano, solo la metà dei consumatori dimostra di saper associare al nostro Paese almeno un prodotto enogastronomico. Questa mancanza, da un lato di conoscenza e dall’altro di promozione, si traduce in un deficit di comprensione sul fronte consumer e in una conseguente difficoltà di posizionamento per i nostri produttori, a vantaggio dei competitor”. Quasi 7 cinesi su 10, infatti, associano la categoria “vino” alla Francia, mentre sono solo 2 su 10 quelli che si orientano verso l’Italia. Un risultato che migliora solo leggermente quando si parla di cibo, con il Belpaese menzionato da un quarto del campione, dietro al Giappone (37%), ma prima di Francia (15%) e Usa (14%).

Secondo la survey condotta nelle due metropoli asiatiche, è la pasta la più conosciuta dai cinesi, nominata dal 31% di coloro che danno un’indicazione di prodotto e seguita dai brand Ferrero (10%) e Illy (4%). E mentre restano appena fuori dal podio la pizza (4%) e l’olio d’oliva (3%), a sorpresa il Tiramisù batte spaghetti, Barilla, formaggio e maccheroni. La classifica del vino vede premiati Barolo (13%), Amarone (7%) e Chianti (6%), seguiti però da risposte come “Piemonte”, “Docg”, “Italia”, “vino italiano”, “vino rosso” e “Toscana”, indicazioni che evidenziano una sostanziale confusione culturale rispetto al nostro prodotto enologico.

Il risultato evidenziato rappresenta un estratto di una più ampia indagine in corso di svolgimento relativa alla percezione del lifestyle italiano anche in rapporto ai propri competitor, ai gusti e alle abitudini di consumo dell’upper class cinese di Pechino, Shanghai, Canton e Hong Kong per un campione complessivo di 2 mila intervistati.

Insomma, la strada è lunga affinché le nostre eccellenze enogastronomiche siano comprese in un mercato così importante come quello cinese. Per quanto riguarda il vino, alcuni passi sono stati fatti, come ad esempio la nascita dei primi corsi "Insegnare-Imparando", un nuovo progetto di formazione per il vino italiano in Cina della Taste Italy! Wine Academy, la prima wine school italiana interamente dedicata ai winelovers cinesi fondata da Business Strategies a Shanghai nell’aprile dello scorso anno. Il progetto è stato presentato al convegno di Assoenologi lo scorso novembre ed ha l'obiettivo di promuovere capillarmente il vino italiano attraverso un’azione di formazione fondamentale affinché il prodotto made in Italy venga capito e apprezzato.

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