Vino&Clima. La riscoperta dei raspi in vinificazione, vecchie e nuove esperienze a confronto per una loro corretta gestione
Nell'ambito di “VinoVip al Forte”, manifestazione ammiraglia della storica rivista enologica Civiltà del bere, un interessante masterclass sulla riscoperta dei raspi in vinificazione. Si parlerà, insieme ai produttori presenti, di cambiamenti climatici e annate calde, del rischio di banalizzare il frutto di alcuni vini con l’obiettivo di ritrovare una speciale complessità andata perduta.
Un clima sempre più caldo nel vigneto porta inevitabilmente ad un eccessivo accumulo di zuccheri nelle uve con conseguente innalzamento del grado alcolico. Così molti produttori italiani iniziano a sperimentare vinificazioni in presenza di raspi ed in particolare a grappolo intero, una metodica che ben utilizzata, oltre ad essere in grado di assorbire alcool, apporta tannini nobili e arricchimento aromatico. Cosa importante è che l’uso dei raspi deve essere preceduto da una coltivazione naturale del vigneto e ad una perfetta maturazione di raspo e frutto.
La masterclass in programma il 18 giugno è ideata e guidata dal giornalista e critico enogastronomico Aldo Fiordelli e vedrà la presenza di cinque importanti aziende italiane: Stefano Amerighi col suo Apice, Cortona Syrah Doc 2014, Pievalta col San Paolo, Castelli di Jesi Verdicchio Classico Riserva Docg 2015, Il Borghetto col Sangiovese in purezza Bilaccio, Toscana Igt 2015, Weingut Pranzegg con la Schiava Campill, Mitterberg Rosso Igt 2015, la piemontese Burlotto con il cru di Barolo Monvigliero 2014 e I Vigneri con l’Etna Rosso Doc 2016.
Colgo l'occasione per precisare che non molto è stato scritto sulla fermentazione dei vini in presenza di raspi. Questa pratica era molto in uso in tempi passati con tutti i suoi pro e contro. Quando gran parte dei produttori si accorsero che l'acido tannico in essi contenuto conferiva caratteristiche sgradevoli e di eccessiva astringenza che non si addolcivano con l'invecchiamento del vino, tralasciarono i pro ed iniziarono a fare uso della diraspatrice in modo da separare il raspo dagli acini. Con questo accorgimento la maggior parte dei produttori ovviarono così alle problematiche legate sopratutto ad una non corretta gestione dei raspi, andando di fatto a perdere le caratteristiche positive che questo tipo di vinificazione apporta. Altra considerazione è che i raspi contengono potassio, minerale che ha la capacità di abbassare l’acidità del vino e ciò spiega la percezione alterata della sensazione tannica.
Ricordo che alcuni anni fa, Kerin O’Keef, scrittrice e giornalista enologica statunitense trattò il tema contrastato della fermentazione in rosso in presenza dei raspi in un articolo citando alcuni produttori che ne facevano uso in vinificazione per la produzione di vini con un particolare stile, frutto di una vera e propria filosofia che contempla aspetti legati a territorio, tipo di vitigno e tipicità. Maestri in questo senso sono stati i francesi. Alcuni esempi di questa metodica produttiva ce li offre ad esempio la borgogna, qui l'aggiunta del raspo viene gestita in base all'andamento climatico stagionale ed in misura variabile tra una vendemmia e l'altra. Le esperienze evidenziano che eleganza e struttura del Pinot Nero, vitigno d'eccellenza di questa regione, non vengono compromesse, ma anzi si osserva un incremento dei caratteri floreali e speziati durante l’affinamento, in modo particolare se vengono utilizzati raspi da vigne molto vecchie, il cui legno tende a cedere tannini di sufficiente dolcezza.
Anche un altra eccellenza d'oltralpe come lo Châteauneuf-du-Pape, viene prodotto nella sua versione classica/tradizionale, proprio con l'aggiunta dei raspi durante la fermentazione. Attraverso questa metodica, il celebre vino della zona del Rodano Meridionale, si evolve e si completa negli anni con armoniosa eleganza. Diversamente, nella sua versione innovativa, ovvero quella che sfrutta la diraspatura, risulta più fruttato e sciropposo, con un tenore alcolico che spesso domina la struttura.
In Italia, a parte alcuni piccoli produttori di vino c.d. naturale, esperienze qualitativamente concrete sull'utilizzo dei raspi in fermentazione, si possono trovare in Piemonte, nei territori del Barolo e del Barbaresco, dove ogni viticoltore interpreta in modo diverso l’uso del raspo, con percentuali variabili di grappoli interi di Nebbiolo, specialmente quando ci sono annate in cui i raspi sono molto maturi. Esperienze comuni, in tal senso, hanno portato ad osservare un arricchimento di note speziate e balsamiche e di apporto di tannini eleganti e fini.
Info su programma e masterclass www.vinovipalforte.it
Un clima sempre più caldo nel vigneto porta inevitabilmente ad un eccessivo accumulo di zuccheri nelle uve con conseguente innalzamento del grado alcolico. Così molti produttori italiani iniziano a sperimentare vinificazioni in presenza di raspi ed in particolare a grappolo intero, una metodica che ben utilizzata, oltre ad essere in grado di assorbire alcool, apporta tannini nobili e arricchimento aromatico. Cosa importante è che l’uso dei raspi deve essere preceduto da una coltivazione naturale del vigneto e ad una perfetta maturazione di raspo e frutto.
La masterclass in programma il 18 giugno è ideata e guidata dal giornalista e critico enogastronomico Aldo Fiordelli e vedrà la presenza di cinque importanti aziende italiane: Stefano Amerighi col suo Apice, Cortona Syrah Doc 2014, Pievalta col San Paolo, Castelli di Jesi Verdicchio Classico Riserva Docg 2015, Il Borghetto col Sangiovese in purezza Bilaccio, Toscana Igt 2015, Weingut Pranzegg con la Schiava Campill, Mitterberg Rosso Igt 2015, la piemontese Burlotto con il cru di Barolo Monvigliero 2014 e I Vigneri con l’Etna Rosso Doc 2016.
Colgo l'occasione per precisare che non molto è stato scritto sulla fermentazione dei vini in presenza di raspi. Questa pratica era molto in uso in tempi passati con tutti i suoi pro e contro. Quando gran parte dei produttori si accorsero che l'acido tannico in essi contenuto conferiva caratteristiche sgradevoli e di eccessiva astringenza che non si addolcivano con l'invecchiamento del vino, tralasciarono i pro ed iniziarono a fare uso della diraspatrice in modo da separare il raspo dagli acini. Con questo accorgimento la maggior parte dei produttori ovviarono così alle problematiche legate sopratutto ad una non corretta gestione dei raspi, andando di fatto a perdere le caratteristiche positive che questo tipo di vinificazione apporta. Altra considerazione è che i raspi contengono potassio, minerale che ha la capacità di abbassare l’acidità del vino e ciò spiega la percezione alterata della sensazione tannica.
Ricordo che alcuni anni fa, Kerin O’Keef, scrittrice e giornalista enologica statunitense trattò il tema contrastato della fermentazione in rosso in presenza dei raspi in un articolo citando alcuni produttori che ne facevano uso in vinificazione per la produzione di vini con un particolare stile, frutto di una vera e propria filosofia che contempla aspetti legati a territorio, tipo di vitigno e tipicità. Maestri in questo senso sono stati i francesi. Alcuni esempi di questa metodica produttiva ce li offre ad esempio la borgogna, qui l'aggiunta del raspo viene gestita in base all'andamento climatico stagionale ed in misura variabile tra una vendemmia e l'altra. Le esperienze evidenziano che eleganza e struttura del Pinot Nero, vitigno d'eccellenza di questa regione, non vengono compromesse, ma anzi si osserva un incremento dei caratteri floreali e speziati durante l’affinamento, in modo particolare se vengono utilizzati raspi da vigne molto vecchie, il cui legno tende a cedere tannini di sufficiente dolcezza.
Anche un altra eccellenza d'oltralpe come lo Châteauneuf-du-Pape, viene prodotto nella sua versione classica/tradizionale, proprio con l'aggiunta dei raspi durante la fermentazione. Attraverso questa metodica, il celebre vino della zona del Rodano Meridionale, si evolve e si completa negli anni con armoniosa eleganza. Diversamente, nella sua versione innovativa, ovvero quella che sfrutta la diraspatura, risulta più fruttato e sciropposo, con un tenore alcolico che spesso domina la struttura.
In Italia, a parte alcuni piccoli produttori di vino c.d. naturale, esperienze qualitativamente concrete sull'utilizzo dei raspi in fermentazione, si possono trovare in Piemonte, nei territori del Barolo e del Barbaresco, dove ogni viticoltore interpreta in modo diverso l’uso del raspo, con percentuali variabili di grappoli interi di Nebbiolo, specialmente quando ci sono annate in cui i raspi sono molto maturi. Esperienze comuni, in tal senso, hanno portato ad osservare un arricchimento di note speziate e balsamiche e di apporto di tannini eleganti e fini.
Info su programma e masterclass www.vinovipalforte.it
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