Sky Wine 2013 ultimo atto
Dalle vigne del ventaglio alla corte dei borboni, è di scena
sua maestà il Pallagrello un vitigno in bianco e nero.
"Ecco premier già
spillo il Pallagrello che da’ suoi tralci stilla il Monticello. Ecco n’empio il
bicchiere e mentre fuma e brilla, e tremula e zampilla, questo di buon sapore
spiritoso licore, a te...volgo la fronte".
Nicolò Giovo, pseud. Eupidio Siriano, nel Brindisi di
Eupidio, 1729
Come si poteva non dimenticare quest’ultimo appuntamento con
la storia. Si spengono le luci in sala ed ecco che appare lui u pallarell.
Dietro i volti sorridenti dei due produttori campani c’è tutto l’orgoglio di
presentarne i suoi frutti.
La storia siamo noi, è proprio il caso di dirlo, quello che
ritorna dal passato non torna mai per caso e quando si presenta è sempre per
non perderne la memoria, ma ascoltiamone il racconto.
Il Pallagrello nero e il Pallagrello bianco, sono varietà
arrivate presumibilmente dall’antica Grecia che attraverso il Molise (ne
esistono tracce a Roccasecca), lungo il corso del fiume Volturno, si sono
acclimatate in Campania. Il loro nome deriva da “pallarella”, piccola palla, perché
ha acini piccoli e tondi, perfettamente sferici. Il Dna dei due vitigni è identico. In pratica Pallagrello è
una delle poche varietà italiane a bacca bianca e a bacca nera. Le differenze
sono poche.
Il Pallagrello nero ha grappoli più grossi e acini con
buccia più spessa, e si vendemmia a fine ottobre, il Pallagrello bianco ha
grappoli più piccoli e acini con buccia più sottile, si vendemmia a inizio
settembre. Dalle recenti ricerche storiche è emerso che del Pallagrello
si trova traccia in dizionari geografici e testi agricoli di fine 1600 e del
1700.
Ma fu Ferdinando IV
di Borbone, appassionato di innovazioni agronomiche e tecniche, a dargli un
particolare rilievo: alle spalle della Reggia di Caserta fece realizzare la
“Vigna del Ventaglio”, distinta in dieci sezioni, ciascuna delle quali
rappresentava una varietà di vite coltivata nel Regno delle Due Sicilie.
Pallagrello nero e Pallagrello bianco erano le uniche
varietà campane là rappresentate. Allora venivano chiamate Piedimonte rosso e
Piedimonte bianco, prendevano il nome dalla località di Piedimonte dove
venivano coltivate.
Di queste varietà e dei loro vini, gli unici della Campania
che si servivano a corte con i vini francesi, con l’Unità d’Italia quasi non è
rimasta traccia.
Tuttavia a fine 1800 scrive di questo vitigno Giuseppe Frojo, il più
importante ampelografo italiano vissuto fra il XIX e il XX secolo. Solo alcuni contadini ne avevano conservato, per se stessi,
la memoria storica e la coltivazione, anche negli anni ’50 e oltre del secolo
corso, quando la viticoltura casertana è cambiata con l’introduzione di nuove
varietà e la realizzazione di nuovi impianti.
L’incontro con il Pallagrello dell’Azienda Vitivinicola
Castello Ducale allo Sky Wine 2013 non è un caso e parlarne ora qui con voi è un
modo per conservarne la memoria. A Castel Campagnano, nel territorio delle colline caiatine,
tra Capua e le terre dell’antico Sannio, sorgono le Cantine del Castello
Ducale. Un antico maniero nei cui sotterranei è stata rinvenuta una Chiesa
Paleocristiana dell’XI secolo tappezzata da affreschi tardo bizantini,
utilizzata fin dal 1600 quale cantina per la conservazione del vino.
Ancora oggi, in queste cavità tufacee del Castello, dove la
temperatura è sempre di 13 gradi in qualsiasi mese dell’anno, maturano ed invecchiano
i loro vini. L’azienda coltiva circa 15 ettari di vigneti tutti da
Agricoltura Biologica coltivati a spalliera sulle colline di Castel Campagnano
e nelle terre di Solopaca. I vigneti ricadono nella I.G.T. Terre del Volturno e nella
D.O.C. Sannio e tra questi il Pallagrello
Il loro Pallagrello del Ventaglio Terre del Volturno IGT 2011
è vino di rara eleganza, di colore giallo paglierino intenso e di notevole
consistenza glicerica.
Al naso si apprezza con un ventaglio di profumi
elegantemente dolci che spaziano dal fruttato con riconoscimenti fragranti di
agrumi, le intense note floreali che sfumano decise a quelle di ginestra lasciano
il posto a quelli del miele d’acacia e di vaniglia.
Al palato è di piacevole
fattura gustativa, di buon equilibrio, caldo, con una grande percezione di
freschezza e sapidità, note aromatiche fondono
insieme ad un finale di grande piacevolezza gustativa.
L’accostamento ai piatti
della cucina marinara è un connubio ideale rispettandone la temperatura di
servizio di 12-14°C.
Il profumo è intenso con
tipici sentori di rosa e viola. In bocca si apprezzano i piccoli frutti rossi
dove la generosa nota tannica e l’acidità rimangono in grande equilibrio in un finale intenso e persistente.
La maturazione
avviene in barriques di rovere di media tostatura di secondo passaggio per 8
mesi.
Temperatura di servizio sui 18-20 °. Abbinamenti ideali sono le carni grigliate ovine e caprine ma consiglierei di provarlo con il tipico maialino nero casertano arrosto.
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