Viaggio a Lavaux alla scoperta dei vigneti terrazzati a strapiombo sul lago di Lemano, un paesaggio mozzafiato lungo la rotta del "Train des Vignes"
Lo sguardo non riesce a stare fermo, mentre percorro questo tratto di paradiso, in dodici minuti esatti da Vevey salgo fino a Puidoux-Chexbres, comodamente seduto dentro il trenino giallo e blu, attraverso i rigogliosi vigneti che come un ricamo degradano dolcemente fino al lago
Con 800 ettari di vigneti, le terrazze viticole del Lavaux costituiscono la zona vitivinicola più ampia della Svizzera e offrono le migliori vedute panoramiche, terrazza dopo terrazza. Questo luogo incantato e di eccezionale bellezza si è meritato nel 2007 il riconoscimento di patrimonio mondiale dell‘Unesco.
St-Saphorin, Dézaley, Epesses: gli appassionati di enologia
si entusiasmano nel pronunciare questi nomi, pronti a sciogliersi non appena
giungono nella zona del Lavaux, che domina il Lago Lemano.
Frammentati in numerosi «climat», o particelle, questi
vigneti coltivati su detriti rocciosi di ghiacciai ricchi di grès (morene)
diventano rapidamente il territorio di elezione dello Chasselas, un tipo di uva
dalla buccia spessa in grado di resistere all’umidità del lago e all’ardore del
sole…
Per migliaia di anni, questi colli sassosi e sterili
ispirarono solo desolazione, finché la via commerciale che collegava l’Italia
all’Inghilterra gli apportò un po’ di vita. Nel XII sec., i monaci cistercensi delle abbazie di
Hautcrêt e di Montheron in Francia iniziarono un colossale lavoro di
dissodamento e in seguito edificarono le prime terrazze chiuse da muretti,
destinate alla coltura della vigna. È quindi il know-how borgognone, trasmesso
e applicato dai monaci, all’origine dei vigneti di Lavaux.
Alcune minuscole terrazze, chiamate charmus, sono talmente
a picco sul lago che solo degli sportivi di alto livello e senza vertigini
possono vendemmiare. Lì, l’uva beneficia di un soleggiamento eccezionale
rinforzato dal riflesso del lago.
Gli Chasselas prodotti possiedono un’ampiezza, un rilievo
tattile setoso e una complessità molto particolari. Col tempo, esprimono note
di miele, tiglio, pesca e nocciola abbastanza simili a quelle dei grandi Marsannes
della valle del Rodano.
Per scoprire questo grande vino, bisogna far visita ad
uno dei viticoltori più rappresentativi e impegnati di Lavaux: Louis Bovard. paladino
dello Chasselas, il vitigno autoctono di queste valli, cui ha dedicato anche un
luogo ad hoc: il Conservatorio mondiale dello Chasselas, oltre 3.000 metri
quadri di terra dove sono accolte ben 19 varietà differenti di questo vitigno.
La sua tenuta familiare è situata nel villaggio di Cully da
diversi secoli. Louis Bovard si è affermato in questi ultimi anni come un
fervente difensore dello Chasselas (vitigno spesso un po’ sottovalutato).
Non c’è «uno», ma ci sono «vari» Chasselas, una moltitudine
di «cloni» utilizzati dai vignaioli di un tempo e che sono ormai scomparsi a
vantaggio del vitigno più prolifico, dall’arido nome: RAC 6.
Qui, nel cantone di Vaud, da 10 generazioni la famiglia
Bovard valorizza alcuni vigneti panoramici: terrazze, con pendenze anche del
90%, che si affacciano sull'acqua. In alcuni casi i terrazzamenti sono così
stretti da poter accogliere solo singoli filari di piante.
Per Louis Bovard, l’avvenire del Chasselas dipende da questo
ritorno alle fonti, ma anche da una ricerca permanente dell’acidità: <Rinunciando
ai fertilizzanti chimici e scegliendo la coltura biodinamica, ho già fatto
guadagnare ai miei vini un supplemento di freschezza. Lo Chasselas dev’essere
vivace, con un po’ di perlage, a volte un po’ fumé, da bere in ogni momento>.
Il Grand Cru Dézaley, che copre attualmente 53 ettari tra i
villaggi di Epesse e di Rivaz, è una creazione umana che raccomando di venirla ad ammirare a piedi, o
in bicicletta, prendendo la strada panoramica petite corniche, 2.000 anni di
storia lo contraddistinguono ed il suo sviluppo in Europa s'intreccia con le
vicende dei Re di Francia.
Fendant roux, Vert de la Côte, Giclet, Blanchette e Bois
Rouges. I vecchi Chasselas qui conservati permetteranno fra qualche anno di
produrre un vino forse più complesso e sottile, poiché ogni vitigno è adatto ai
vari territori specifici del Lavaux.
Da questi terreni costituiti da strati di rocce
sedimentarie, alternati da strati di argilla e calcare nascono vini estremamente
delicati, composti, con basse gradazioni alcoliche e modesti apporti acidi, eppure
sono espressioni capaci di uno straordinario invecchiamento.
Con ancora il ricordo del suo vivace e speziato Grand Cru mi ritrovo a tarda sera seduto in una delle tante piccole
e accoglienti osterie di questa zona. Una piacevole sosta, e chissà magari impreziosita dall’incontro
con quel Peter Camenzind di Herman Hesse e sentirlo ordinare ancora, là in
mezzo ai tavoli, un litro del suo “giallo e piccante” vino di Vaud.
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