Rinfrescante, gustosa, dissetante: è sua Maestà la grattachecca, la risposta romana al caldo estivo
Da non confondere con la granita, la grattachecca è fatta solo con ghiaccio tritato a mano e i classici gusti di menta, orzata, limone, arancia e latte di mandorla o quelli della tradizione romana come tamarindo, amarena e pezzetti di limone. Un modo tutto romano per dissetarsi durante le torride giornate di agosto.
La Grattachecca si può trovare solo nella capitale, il turista che arriva nel nostro Paese può anche dimenticare di vederla a Firenze o Venezia. Questa bibita che fa del ghiaccio la sua peculiarità, è tipicamente romana, tanto che un paio di anni fa è stata anche inclusa in un test di ammissione ad una università per alcuni studenti che provenivano dal resto d'Italia.
Secondo la leggenda, il ghiaccio tritato con l'aggiunta di sciroppi dolci, era un classico dessert anche per gli antichi romani che, per preparare questa vera e propria prelibatezza, si approvvigionavano di neve che veniva conservata nei ghiacciai delle vicine montagne.
Durante il Rinascimento, nel XVI° secolo, Caterina de 'Medici, portava con se il suo cuoco italiano, per avere la grattachecca sempre a disposizione, anche alla corte reale francese a Parigi.
Molto probabilmente fu inventata, così come la conosciamo oggi, alla fine del XIX° secolo: in cui "Checca" in romanesco sta per blocco di ghiaccio, mentre "gratta", sta a significare raschiare, letteralmente quindi: raschiare il blocco di ghiaccio.
A Roma solo pochi chioschi oramai preparano la grattachecca con ghiaccio grattato da un singolo blocco e non con cubetti di ghiaccio tritati, tra questi sicuramente c'è quello della Sora Mirella, che i romani chiamano ancora affettuosamente con il suo nome, nonostante siano passati anni dalla sua scomparsa. Lei che per oltre 50 anni grattava il ghiaccio, in quel chiosco all’angolo tra Lungotevere degli Anguillara e Ponte Cestio, per offrire al passante, nelle serate d’estate, il gusto fresco ed indimenticabile di limone e cocco, amarena e menta. Ha cresciuto generazioni di romani, ha incantato i turisti come e più di un monumento da fotografare e dove anche Alberto Moravia e Pierpaolo Pasolini venivano qui a trovare ristoro. Un’istituzione cittadina secolare; questo punto di ritrovo è divenuto celebre negli anni per la grattachecca ai frutti di bosco: veri e freschi frutti schiacciati, mescolati al ghiaccio e insaporiti con poco sciroppo.
In zona Prati invece domina incontrastata Sora Maria: grattachecche dal 1933. Scomparsa nel 2005, ora a portare avanti il chiosco ci pensano i nipoti. Dal 1946 a Parioli c'è il Lemoncocco, celebre per l’omonimo preparato che ha una caratteristica diversa rispetto agli altri chioschi: il ghiaccio viene tritato con una grana più grossa del solito.
Regina delle primizie estive sugli argini del Tevere. Dai primi quattro gusti (menta, limone, orzata e amarena) alle infinità di combinazioni di oggi.
Nata all’inizio del secolo scorso, la grattachecca deve il suo nome all’azione di “grattare la checca”, tipica lastra di ghiaccio che all’epoca veniva usata nella conservazione degli alimenti quando ancora non esistevano i frigoriferi. Da allora i chioschi che la preparano sono diventati oasi di refrigerio e punti di incontro serale per romani e turisti.
Da non confondere con la granita, la grattachecca è fatta solo con ghiaccio tritato a mano e i classici gusti di menta, orzata, limone, arancia e latte di mandorla o quelli della tradizione romana come tamarindo, amarena e pezzetti di limone. Un modo tutto romano per dissetarsi durante le torride giornate di agosto.
La Grattachecca si può trovare solo nella capitale, il turista che arriva nel nostro Paese può anche dimenticare di vederla a Firenze o Venezia. Questa bibita che fa del ghiaccio la sua peculiarità, è tipicamente romana, tanto che un paio di anni fa è stata anche inclusa in un test di ammissione ad una università per alcuni studenti che provenivano dal resto d'Italia.
Secondo la leggenda, il ghiaccio tritato con l'aggiunta di sciroppi dolci, era un classico dessert anche per gli antichi romani che, per preparare questa vera e propria prelibatezza, si approvvigionavano di neve che veniva conservata nei ghiacciai delle vicine montagne.
Durante il Rinascimento, nel XVI° secolo, Caterina de 'Medici, portava con se il suo cuoco italiano, per avere la grattachecca sempre a disposizione, anche alla corte reale francese a Parigi.
Molto probabilmente fu inventata, così come la conosciamo oggi, alla fine del XIX° secolo: in cui "Checca" in romanesco sta per blocco di ghiaccio, mentre "gratta", sta a significare raschiare, letteralmente quindi: raschiare il blocco di ghiaccio.
A Roma solo pochi chioschi oramai preparano la grattachecca con ghiaccio grattato da un singolo blocco e non con cubetti di ghiaccio tritati, tra questi sicuramente c'è quello della Sora Mirella, che i romani chiamano ancora affettuosamente con il suo nome, nonostante siano passati anni dalla sua scomparsa. Lei che per oltre 50 anni grattava il ghiaccio, in quel chiosco all’angolo tra Lungotevere degli Anguillara e Ponte Cestio, per offrire al passante, nelle serate d’estate, il gusto fresco ed indimenticabile di limone e cocco, amarena e menta. Ha cresciuto generazioni di romani, ha incantato i turisti come e più di un monumento da fotografare e dove anche Alberto Moravia e Pierpaolo Pasolini venivano qui a trovare ristoro. Un’istituzione cittadina secolare; questo punto di ritrovo è divenuto celebre negli anni per la grattachecca ai frutti di bosco: veri e freschi frutti schiacciati, mescolati al ghiaccio e insaporiti con poco sciroppo.
Un altro simbolo che viene naturale associare alla storia della grattachecca è Pallini, azienda romana di liquori e sciroppi, che quest’anno ha compiuto i suoi primi 140 anni. In occasione di questo anniversario, lo scorso luglio è stato anche presentato, presso Eataly Roma, l'evento "la vera grattachecca romana".
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