Tutto esaurito, oggi, al convegno su “Siccità, degrado del territorio e desertificazione in Italia e nel mondo”
L’allarme lanciato dagli studiosi del territorio è alto perché i numeri parlano un linguaggio che non ammette troppe distrazioni: le aree siccitose – ha ricordato Mauro Centritto, coordinatore del convegno insieme a Anna Luise (Ispra), Guido Bonati (Crea), Maurizio Sciortino (Enea) e Vito Uricchio (Cnr-Irsa) - coprono oltre il 41 per cento della superficie terrestre e ospitano circa 2 miliardi di persone. Il 72 per cento delle terre aride interessano i Paesi in via di sviluppo. Neppure l’Italia è al riparo: circa il 21 per cento del nostro territorio è a rischio desertificazione e circa il 41 per cento di questo territorio si trova al Sud. Colpa dei cambiamenti climatici? Non solo, dicono gli scienziati. Responsabilità del fattore antropico, cioè di una cattiva gestione del territorio. Occorre intervenire, prima che sia troppo tardi.
Come? “Il controllo del ciclo dell’acqua nell’ecosistema forestale del Mediterraneo è fattore cruciale nella gestione sostenibile delle foreste e nella prevenzione degli incendi boschivi e del rischio desertificazione legato ai cambiamenti climatici” ha sottolineato Giuseppe Scarascia-Mugnozza, dell’Università della Tuscia. “Le nuove tecnologie spaziali possono dare importante supporto nel monitoraggio della desertificazione e nello sviluppo di pratiche agricole che migliorino lo sfruttamento delle risorse idriche” ha suggerito Nicola Zaccheo, Chief Executive Officer di SITAEL SpA. Più in generale, come ha ricordato Uriel Safriel, Professore emerito di Ecologia e Presidente della Commissione di Scienza e Tecnologia dell’UNCCD-United Nations Convention to Combat Desertification, “la Land Degradation Neutrality – obiettivo delineato a Rio+20 – consiste nello sforzo di ottenere un mondo in cui il consumo e il degrado di suolo sia stato bloccato, puntando al contempo al recupero delle terre degradate, comprese quelle colpite dalla desertificazione, il tutto attraverso l’uso sostenibile degli ecosistemi terrestri, la gestione intelligente del patrimonio forestale, la lotta alla desertificazione e alla perdita di biodiversità”.
“L’impegno degli scienziati può ben poco senza una convinta mobilitazione della politica e uno sforzo radicale per contrastare i cambiamenti climatici, attraverso lo sviluppo di tecnologie ecosostenibili – ha affermato Diana Bracco, Commissario Generale di Padiglione Italia, concludendo i lavori -. Personalmente credo che il processo di responsabilizzazione nei confronti del grido d’allarme che viene dal mondo della scienza sia già iniziato. Penso all’ambizioso piano per il clima lanciato recentemente dall’amministrazione Obama, ma penso anche alla crescente attenzione che viene prestata al tema dell’acqua. Una prova in tal senso ci viene proprio dalla nostra Expo.
“Se non si interviene con una grande iniziativa mondiale, la mancanza di cibo e acqua sarà causa non solo di immense tragedie umanitarie, ma di nuove guerre”, scriveva d’altronde il Presidente Romano Prodi nel 2011, candidando Milano e l’Italia come sede dell’Authority Internazionale dell’Acqua. Sarebbe meraviglioso che magari questa Authority trovasse casa proprio qui negli uffici di Palazzo Italia a Milano, la città che ha ospitato una grande Expo sulla sostenibilità, e che pertanto meriterebbe di diventare la capitale mondiale dell’Acqua”.
Organizzato da CnrxExpo all’Auditorium di Palazzo Italia, Padiglione Italia Expo Milano2015, insieme a Enea, Ispra, Crea e con il sostegno di Consiglio nazionale dei dottori agronomi e dei dottori forestali, Sitael, Consiglio nazionale dei geologi, Finmeccanica e Alce Nero.
L’allarme lanciato dagli studiosi del territorio è alto perché i numeri parlano un linguaggio che non ammette troppe distrazioni: le aree siccitose – ha ricordato Mauro Centritto, coordinatore del convegno insieme a Anna Luise (Ispra), Guido Bonati (Crea), Maurizio Sciortino (Enea) e Vito Uricchio (Cnr-Irsa) - coprono oltre il 41 per cento della superficie terrestre e ospitano circa 2 miliardi di persone. Il 72 per cento delle terre aride interessano i Paesi in via di sviluppo. Neppure l’Italia è al riparo: circa il 21 per cento del nostro territorio è a rischio desertificazione e circa il 41 per cento di questo territorio si trova al Sud. Colpa dei cambiamenti climatici? Non solo, dicono gli scienziati. Responsabilità del fattore antropico, cioè di una cattiva gestione del territorio. Occorre intervenire, prima che sia troppo tardi.
Come? “Il controllo del ciclo dell’acqua nell’ecosistema forestale del Mediterraneo è fattore cruciale nella gestione sostenibile delle foreste e nella prevenzione degli incendi boschivi e del rischio desertificazione legato ai cambiamenti climatici” ha sottolineato Giuseppe Scarascia-Mugnozza, dell’Università della Tuscia. “Le nuove tecnologie spaziali possono dare importante supporto nel monitoraggio della desertificazione e nello sviluppo di pratiche agricole che migliorino lo sfruttamento delle risorse idriche” ha suggerito Nicola Zaccheo, Chief Executive Officer di SITAEL SpA. Più in generale, come ha ricordato Uriel Safriel, Professore emerito di Ecologia e Presidente della Commissione di Scienza e Tecnologia dell’UNCCD-United Nations Convention to Combat Desertification, “la Land Degradation Neutrality – obiettivo delineato a Rio+20 – consiste nello sforzo di ottenere un mondo in cui il consumo e il degrado di suolo sia stato bloccato, puntando al contempo al recupero delle terre degradate, comprese quelle colpite dalla desertificazione, il tutto attraverso l’uso sostenibile degli ecosistemi terrestri, la gestione intelligente del patrimonio forestale, la lotta alla desertificazione e alla perdita di biodiversità”.
“L’impegno degli scienziati può ben poco senza una convinta mobilitazione della politica e uno sforzo radicale per contrastare i cambiamenti climatici, attraverso lo sviluppo di tecnologie ecosostenibili – ha affermato Diana Bracco, Commissario Generale di Padiglione Italia, concludendo i lavori -. Personalmente credo che il processo di responsabilizzazione nei confronti del grido d’allarme che viene dal mondo della scienza sia già iniziato. Penso all’ambizioso piano per il clima lanciato recentemente dall’amministrazione Obama, ma penso anche alla crescente attenzione che viene prestata al tema dell’acqua. Una prova in tal senso ci viene proprio dalla nostra Expo.
“Se non si interviene con una grande iniziativa mondiale, la mancanza di cibo e acqua sarà causa non solo di immense tragedie umanitarie, ma di nuove guerre”, scriveva d’altronde il Presidente Romano Prodi nel 2011, candidando Milano e l’Italia come sede dell’Authority Internazionale dell’Acqua. Sarebbe meraviglioso che magari questa Authority trovasse casa proprio qui negli uffici di Palazzo Italia a Milano, la città che ha ospitato una grande Expo sulla sostenibilità, e che pertanto meriterebbe di diventare la capitale mondiale dell’Acqua”.
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