Nella regione sud-occidentale della Francia, culla di alcuni dei vini più iconici al mondo, si sta scrivendo un nuovo capitolo per il futuro della viticoltura. Tra i filari storici di Bordeaux, ricercatori e viticoltori sono impegnati in una missione ambiziosa: riscoprire antiche varietà di uva dimenticate, nella speranza di trovare soluzioni innovative alle sfide del cambiamento climatico e alle malattie della vite.
In un’epoca in cui il cambiamento climatico genera inevitabilmente nuovi paesaggi e minaccia tradizioni secolari, Bordeaux, simbolo indiscusso dell’eccellenza vinicola mondiale, guarda al passato per proteggere il suo futuro. Tra i filari storici della Gironda, ricercatori e viticoltori si trasformano in archeologi della vite, scavando tra varietà dimenticate e ibridi quasi scomparsi. Obiettivo? Scoprire geni resilienti, capaci di resistere a malattie, siccità e gelate. Un progetto che unisce scienza, storia e speranza, culminante in un’Arca di Noè clonale a Château Dillon.
Come ha spiegato Olivier Yobregat, esperto dell’Istituto Francese della Vigna e del Vino (IFV), durante un forum sulla biodiversità organizzato dal Consiglio del Vino di Bordeaux (CIVB) il 14 gennaio, il Sud-Ovest della Francia custodisce un patrimonio genetico unico. Oltre 150 varietà di uva hanno avuto origine in questa zona, molte delle quali discendono da quattro "genitori" storici: Gouais, Savagnin, Tressot e Verjus. Da queste radici sono nati vitigni celebri come il Colombard, il Petit Manseng, il Petit Verdot e il Prunelard. Tra questi, spicca il Verjus, una varietà a maturazione tardiva identificata per la prima volta in Gironda nel 2023, durante studi condotti dalla camera dell’agricoltura locale.
Tra il 2023 e il 2024, indagini in quaranta vigneti ultracentenari (tra i 60 e i 120 anni) hanno portato a una scoperta sorprendente: 63 varietà da tavola e ibridi, provenienti non solo dalla Gironda ma anche dalla Linguadoca, dalle Alpi e dal Nord-Est della Francia. Un numero che supera di gran lunga le 22 varietà storiche finora catalogate a Bordeaux. Per preservare questa ricchezza, entro il 2026 verrà creato un centro di conservazione per la diversità clonale nel vigneto di Château Dillon, gestito dalla scuola viticola di Blanquefort.
Il centro non sarà solo un archivio vivente, ma un laboratorio a cielo aperto. Come sottolinea Yobregat, tra queste varietà potrebbero nascondersi risorse preziose per l’adattamento climatico. Un esempio è il Castets, un vitigno a germogliamento tardivo che potrebbe mitigare i danni delle gelate primaverili, sempre più frequenti con l’instabilità climatica. Ma non solo: i ricercatori sperano di trovare risposte anche alla flavescenza dorata, una malattia trasmessa dalle cicaline che colpisce la vite, in particolare la Magdeleine noire, progenitrice del Merlot e del Malbec.
Questo progetto non è solo una corsa contro il tempo per salvare la biodiversità, ma un investimento per le generazioni future. “Piantando queste varietà, possiamo studiare caratteristiche perdute o trascurate, come la resistenza alle malattie o la tolleranza alla siccità”, afferma Yobregat. La speranza è che, tra queste antiche viti, si celino i geni in grado di ridefinire il volto della viticoltura bordolese, rendendola più resiliente senza perdere la sua anima storica.
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