Caste dive, le Scholae Cantorum romane: le divine voci del coro sacro femminile del Tempio di Diana Tifatina a Capua
Nel cuore dell'antica Capua, oggi Santa Maria Capua Vetere, un mosaico pavimentale policromo risalente al II-III secolo d.C. racconta una storia affascinante di musica, religione e società nell'antica Roma. Si tratta della rappresentazione di un coro di giovani ragazze impegnate nell'esecuzione di canti sacri durante cerimonie religiose pagane dedicate a Diana, la dea della caccia, dei boschi e protettrice delle donne caste.
La musica ha sempre avuto un ruolo centrale nei riti religiosi dell'antica Roma, ma raramente abbiamo testimonianze così vivide e dettagliate come il mosaico pavimentale scoperto a Capua. Questo straordinario manufatto, risalente al II-III secolo d.C., è stato rinvenuto sotto la pavimentazione della Basilica benedettina di Sant’Angelo in Formis, costruita sulle rovine del Tempio di Diana Tifatina, ed oggi conservato al Museo provinciale della Campania.
L'opera ci offre una finestra sulla vita e le tradizioni di un'epoca in cui arte, spiritualità e musica si intrecciavano in modo indissolubile. Raffigurando un coro di giovani fanciulle dedicate al culto di Diana Tifatina, il mosaico non solo celebra la bellezza della musica sacra, ma riflette anche il ruolo della donna nella società romana, sottolineando il valore della castità come simbolo di indipendenza e autonomia.
Sebbene il termine schola cantorum sia di origine medievale, il mosaico suggerisce l’esistenza di scuole di canto sacro già in epoca romana. Questo gruppo di giovani cantanti, tutte ritratte con tratti fisiognomici distinti, riflette una struttura organizzata e disciplinata, simile a quella delle future istituzioni corali cristiane. La presenza di un maestro di canto, visibile sullo sfondo, sottolinea ulteriormente l'importanza attribuita all'istruzione musicale e alla perfezione dell'esecuzione vocale.
Le giovani fanciulle indossano abiti e calzature uniformi, e le loro acconciature rispecchiano la moda dell'epoca, fornendo preziose indicazioni sugli usi e costumi delle scholae cantorum romane. Questo dettaglio rafforza l'idea che il coro non fosse solo un elemento decorativo delle cerimonie, ma una parte fondamentale del culto, con una funzione precisa e codificata.
Il culto di Diana, a cui era dedicato il tempio, esaltava la castità non tanto come verginità, ma come indipendenza e autonomia femminile. Le giovani donne del coro rappresentavano quindi non solo la purezza rituale, ma anche l’ideale di donne libere da vincoli matrimoniali imposti, custodi di una sacralità naturale e incontaminata. Questo aspetto rende il mosaico ancora più significativo, offrendo uno spaccato sulla condizione femminile nell'antica Roma e sul ruolo che la musica sacra poteva avere nel rafforzare tali valori.
Le scuole romane di canto sacro, come quella raffigurata nel mosaico, sono considerate le progenitrici delle celebri scuole corali cristiane. La prima scuola di canto cattolica fu fondata da Papa Silvestro I intorno al 335 d.C., mentre il primo riferimento certo a un corpo organizzato di cantori a Roma risale a Papa Sergio I. Questo passaggio dal canto pagano a quello cristiano è emblematico della trasformazione culturale e religiosa che l’Impero Romano ha vissuto, con le tradizioni musicali che hanno saputo adattarsi e sopravvivere ai mutamenti storici.
Il mosaico, realizzato con tessere di marmo e pasta vitrea, è stato scoperto nel 1877 durante i lavori di scavo che hanno riportato alla luce i ruderi del tempio di Diana. L'amministrazione del Museo acquistò sette mosaici nel 1880, ma purtroppo tre di essi andarono perduti durante un bombardamento aereo nel 1943. Il sito del tempio, ben noto già in epoca romana e indicato sulla Tabula Peutingeriana come "ad Diana", ha subito diverse campagne di scavo nel corso del XX secolo, rivelando due fasi edilizie principali: una risalente alla fine del IV-inizio III secolo a.C. e una seconda nel periodo imperiale, quando furono creati i mosaici.
Un’iscrizione del 387 d.C. elenca le feste in onore di Diana, mentre un’altra iscrizione metrica del V secolo d.C. celebra l’offerta di una statua votiva da parte del liberto Dematius Laetus. Nonostante la trasformazione del tempio in basilica cristiana, il ricordo della dea e delle sue tradizioni rimase vivo per secoli, testimoniato anche da documenti medievali che si riferivano alla chiesa come "ad arcum Dianae" o "de monte Diana".
Il mosaico del coro sacro di Capua non è solo un capolavoro artistico, ma un importante e rara testimonianza dell'utilizzo della musica sacra nelle cerimonie pagane e la continuità di queste tradizioni nel mondo cristiano, offrendo uno spaccato unico sull'evoluzione delle istituzioni musicali e sul ruolo delle donne nella società romana. Un tesoro che, attraverso le sue tessere colorate, continua a raccontare la storia delle voci divine che un tempo risuonavano nel tempio di Diana Tifatina.
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