Dietro la maschera di Lucrezia Borgia: il capolavoro noir di Donizetti torna al Costanzi dopo 45 anni
Dopo 45 anni di silenzio, Lucrezia Borgia di Gaetano Donizetti riemerge dalle nebbie della storia per calcare nuovamente il palco del Teatro Costanzi. Dal 16 al 23 febbraio 2025, il “capolavoro noir” del compositore bergamasco torna in una nuova edizione firmata dalla regista argentina Valentina Carrasco, già acclamata per Les vêpres siciliennes. Ad accompagnare questo ritorno, le note magistrali di Roberto Abbado, sul podio per dirigere un’opera che definisce «un Notturno brillante, ricco di personaggi e tensioni drammatiche».
«Date al vostro mostro un’anima di madre, e il mostro interesserà e moverà alle lagrime». La citazione di Victor Hugo, tratta dalla prefazione alla sua Lucrèce Borgia, diventa il cuore della visione registica di Carrasco. «Lucrezia non è una vittima, ma una predatrice – spiega –. La sua maschera non è solo un simbolo di potere, ma uno scudo per proteggere una vulnerabilità che la rende umana».
L’eroina donizettiana, figlia illegittima del cardinale Borgia e duchessa di Ferrara, viene così dipinta come una creatura ambivalente: spietata avvelenatrice e madre disperata, in lotta tra il peso della sua leggenda nera e l’amore per il figlio Gennaro. «Volevamo restituire la sua ferocia, ma anche la solitudine di una donna intrappolata in un ruolo che la storia le ha imposto», aggiunge la regista.
A vestire i panni della protagonista, due interpreti d’eccezione: il giovane soprano Lidia Fridman, al debutto al Costanzi, e Angela Meade, star del belcanto, reduce dal trionfo in Ernani (2022) e dalla Turandot alle Terme di Caracalla. Accanto a loro, Alex Esposito è Alfonso I d’Este, marito tirannico di Lucrezia, mentre Enea Scala dà voce a Gennaro, il figlio ignaro della propria origine, e Daniela Mack interpreta Maffio Orsini, amico-rivale di Gennaro. Completa il quadro un ensemble di sette ruoli minori, definiti da Abbado «una corrente che alimenta il flusso drammatico».
Le scene di Carles Berga e i costumi di Silvia Aymonino immergono lo spettatore in un’ambientazione rinascimentale, ma attraversata da un’estetica gotica: labirinti di specchi, abiti opulenti e luci taglienti (curate da Marco Filibeck) riflettono i dualismi dell’opera. «Abbiamo cercato di creare un mondo in cui ogni elemento visivo racconta la doppia natura di Lucrezia: la sua eleganza pubblica e il caos interiore», spiega Berga.
Lucrezia Borgia, rappresentata per la prima volta a Milano nel 1833, è un melodramma che mescola intrighi politici, vendette familiari e un’esplorazione audace della maternità. «Donizetti ha trasformato un mito storico in un ritratto psicologico – sottolinea Abbado –. La musica, con le sue cabalette travolgenti e i momenti lirici, rivela come persino un personaggio condannato dalla storia possa suscitare empatia».
Donizetti, insieme al librettista Felice Romani, ha tratto dalla tragedia di Hugo una storia a tinte forti, in cui si alternano toni grotteschi e momenti di grande patetismo. Al centro della vicenda c’è Lucrezia, duchessa di Ferrara e figlia illegittima del cardinale Borgia, una figura storica tramandata dalla tradizione come una femme fatale spietata e avvelenatrice. Tuttavia, nell’opera donizettiana, la protagonista trova un riscatto nell’amore materno per il figlio Gennaro, un elemento che aggiunge profondità e complessità al suo personaggio.
La prima del 16 febbraio (ore 19.00) sarà trasmessa in diretta su Radio3 Rai, offrendo al pubblico un’occasione per riscoprire un’opera che, tra belcanto e tragedia, interroga ancora sul potere, l’identità e il prezzo della redenzione.
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