Pratiche armoniche, la cadentia duriuscula: dalla dissonanza al cluster di note, l'intimo legame tra musica e retorica del primo Seicento. Il ruolo chiave dei continuisti
Nel primo Seicento, i compositori italiani legati alla seconda prattica, privilegiarono l’espressione del testo rispetto alle rigide regole del contrappunto. La cadentia duriuscula, ad esempio, figura retorico-musicale emblematica della seconda prattica, rientra in questo quadro come dispositivo armonico volto a creare tensione attraverso dissonanze non preparate o risolte in modo non convenzionale. In questo contesto emerge la figura dei continuisti, figure chiave nella musica barocca, per la loro capacità di interpretare il basso continuo in modo stilisticamente appropriato e retoricamente efficace.
Apro il manualetto di retorica musicale ed incappo nella cadentia duriuscula. Già il colorito nome mi incuriosisce. Leggo, dal latino: cadenza un po' più aspra. Normalmente viene nominata al plurale cadéntiae duriúsculae: in pratica una dissonanza che si crea con l'impiego contemporaneo di ritardo e anticipazione prima dell'accordo conclusivo di una cadenza. Nello specifico è una figura armonica che introduce appunto dissonanze deliberate e ritarda la risoluzione per creare un effetto di tensione e drammaticità.
Come sappiamo, la musica del Rinascimento e del Barocco è profondamente legata alla retorica, l’arte del discorso persuasivo. I compositori di questi periodi, ispirati dalla teoria classica di Aristotele e Cicerone, adottarono figure retoriche musicali per trasmettere emozioni e significati attraverso il suono e, la cadentia duriuscula, è solo una delle tante figure retoriche che i compositori dell'epoca utilizzavano per comunicare emozioni e significati. Ad esempio simile alla cadentia duriuscula, è il passus duriusculus, una figura che utilizza cromatismi o dissonanze per creare un effetto di tensione e instabilità. Era spesso associato a concetti come il dolore, il conflitto o l’incertezza.
Nel suo bel saggio "From dissonance to note-cluster" Thérèse de Goede, clavicembalista specializzata in basso continuo e pratica esecutiva storica, colloca la cadentia duriuscula, tra gli strumenti armonici innovativi adottati dai compositori. Monteverdi ad esempio la utilizzava per intensificare il pathos nelle musiche vocali solistiche.
Questa figura, associata allo stylus communis da teorici come Christoph Bernhard (1628–1692), rappresenta un punto di contatto tra la teoria contrappuntistica rinascimentale e la nuova sensibilità barocca per l’affetto drammatico. Bernhard, nel suo Tractatus compositionis augmentatus, la descrive come una cadenza che introduce "dissonanze un po' strane", una cadenza che di fatto "rompe le regole" del contrappunto tradizionale, utilizzando intervalli come la quarta e la settima per enfatizzare parole chiave del testo. Questa figura era particolarmente efficace nel contesto della seconda prattica, dove l’espressione del testo era prioritaria rispetto alla purezza armonica.
Nello specifico, il basso mantiene una nota fissa (spesso la tonica) mentre la voce superiore crea dissonanze attraverso sincopi o note estranee all’armonia. Negli intervalli dissonanti, Bernhard specifica l’uso di una quarta sul quartultimo grado del basso (es. Sol nel basso con Do in soprano) e una settima sul terzultimo (es. Fa♯ con Mi), generando un cluster di note che anticipa gli sperimentalismi moderni. Si ottiene un finale sospeso in cui la risoluzione viene ritardata per enfatizzare parole chiave del testo, come "dolore" o "lamento", collegandosi alla teoria degli affetti.
De Goede, nel suo libro, sottolinea come tali dissonanze fossero comuni in generi come arie, tripli e solocini, ma spesso sconsigliate dagli stessi teorici per la loro audacia. Secondo la scrittrice, la cadentia duriuscula non era un mero esercizio tecnico, ma uno strumento per esaltare il significato del testo. Ad esempio, come accennavo, in un madrigale monteverdiano, il ritardo della risoluzione poteva sottolineare un verso carico di pathos, trasformando l’armonia in un veicolo di narrazione drammatica. Questo approccio rifletteva l’ideale del recitar cantando, dove la musica diventava serva della poesia, rompendo con le convenzioni dello stylus gravis.
Il messaggio che Thérèse de Goede vuole mettere in evidenza, è in sostanza quello di porre maggiore attenzione nella comprensione della figura retorica in un ottica di una giusta prassi esecutiva. E' qui che entrano in scena i continuisti, ovvero i musicisti specializzati nell'esecuzione del basso continuo, una pratica fondamentale nella musica barocca. Il basso continuo (o continuo) è una linea di basso che fornisce la struttura armonica e ritmica di un brano, suonata da uno o più strumenti, come il clavicembalo, l'organo, il liuto, il chitarrone o il violone. I continuisti non si limitano a suonare le note scritte, ma realizzano l'armonia improvvisando accordi e contrappunti sulla base delle cifre numeriche (o figure) indicate nel basso: un processo questo chiamato realizzazione del basso continuo.
Qui la de Goede muove una critica: nonostante il ruolo centrale dei continuisti nella musica del tempo, la loro tendenza odierna è quella di "addolcire" queste dissonanze, privilegiando linee melodiche fantasiose anziché seguire le indicazioni dei trattati seicenteschi. I continuisti devono essere consapevoli del contesto retorico del brano per decidere come realizzare il basso continuo. Una dissonanza non preparata, come quelle della cadentia duriuscula, non va quindi "addolcita" ma eseguita con la giusta intensità per rispettare l’intento espressivo del compositore.
Essenziale per la de Goede è quindi migliorare la coerenza stilistica, ovvero conoscere le convenzioni retoriche e armoniche dell’epoca; ciò permette di realizzare un accompagnamento storicamente informato, che si integra perfettamente con le linee vocali e strumentali. Come anche l'applicazione delle dissonanze che devono essere usate con giudizio, come quello di evitare di sopprimere quarte o settime non preparate, rispettando l’intento espressivo del compositore. Infine, non ultimo, studiare fonti primarie, come i trattati di Christoph Bernhard e Joachim Burmeister, che forniscono esempi concreti di come queste figure venivano utilizzate nella pratica compositiva.
Facendo esempi concreti, in un madrigale di Monteverdi, un continuista potrebbe accentuare una cadentia duriuscula per sottolineare una parola come "dolore" o "lamento" o in un’aria di Cavalieri, dovrebbe utilizzare la suspiratio (figura del sospiro) per creare pause espressive che imitano il respiro affannoso del personaggio. Insomma i continuisti in quanto figure chiave nella musica barocca, non devono essere solo accompagnatori, ma come veri e propri co-creatori dell’esperienza musicale. La loro capacità di interpretare il basso continuo in modo stilisticamente appropriato e retoricamente efficace è essenziale per restituire alla musica antica la sua autentica carica emotiva e drammatica.
Come ben si evince il lavoro di Thérèse de Goede non solo chiarisce il ruolo di queste figure nella musica del primo Seicento, ma offre anche un modello per interpretare e restituire alla musica antica la sua ricchezza espressiva. La cadentia duriuscula incarna lo spirito innovativo del primo Barocco italiano, dove l’armonia diventa ancella dell’espressione verbale.
Il lavoro di Thérèse de Goede non solo chiarisce il funzionamento tecnico di questa figura, ma invita a una rivalutazione della prassi esecutiva, restituendo alle dissonanze il loro ruolo originario di potenti strumenti retorici. Come sottolinea l’autrice, solo attraverso un approccio filologicamente rigoroso è possibile restituire alla musica seicentesca la sua carica drammatica e rivoluzionaria.
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