Buxheimer Orgelbuch: alle radici dell'umanesimo musicale del tardo Medioevo. Il manoscritto include anche opere di Dufay, Binchois e Dunstable
Il Buxheimer Orgelbuch (Libro d’organo di Buxheim) è uno dei manoscritti più significativi della musica per tastiera del tardo Medioevo. Redatto tra il 1450 e il 1470 e scoperto nel priorato di Buxheim, in Baviera, viene oggi conservato presso la Biblioteca di Stato di Monaco di Baviera. Il codice rappresenta una finestra unica sulla pratica organistica e sulla polifonia del XV secolo, con oltre 250 brani che spaziano da composizioni liturgiche a trascrizioni di chansons francesi e tedesche.
Un immenso tesoro musicale del XV secolo, il manoscritto, realizzato da otto diversi amanuensi, fu probabilmente utilizzato come strumento didattico o come raccolta esemplare per organisti. La sua provenienza è legata alla Certosa di Buxheim, dove rimase fino al 1883, prima di essere acquisito dalla biblioteca bavarese durante un’asta.
Contiene brani liturgici con circa 50 pezzi, tra cui mottetti, salmi e parti del Ordinario della Messa. Trascrizioni di chansons con oltre 100 arrangiamenti di canzoni francesi e tedesche, come Je loe amours di Gilles Binchois e O rosa bella di John Dunstable. 30 preludi strumentali e danze, tra cui i Praeambula, che alternano passaggi virtuosistici a sezioni accordali. Il materiale didattico include il *Fundamentum Organandi di Conrad Paumann, un manuale per l’improvvisazione e la composizione.
Sebbene molti brani siano anonimi, il manoscritto include opere di grandi nomi del XV secolo come Guillaume Dufay e Gilles Binchois, esponenti della scuola borgognona. John Dunstable, pioniere della polifonia inglese e Conrad Paumann, organista cieco di Norimberga, autore del Fundamentum e figura chiave nella trasmissione della pratica organistica.
Le composizioni sono prevalentemente a tre voci, con qualche esempio a due o quattro parti. La notazione utilizza la tablatura organistica tedesca antica: la melodia è scritta in notazione mensurale su un pentagramma, mentre le voci inferiori sono indicate con lettere e simboli ritmici. Questo sistema permetteva agli organisti di visualizzare tutte le parti simultaneamente, facilitando l’esecuzione su strumenti a tastiera come clavicembali o organi positivi.
Il Buxheimer Orgelbuch è fondamentale per comprendere la transizione tra Medioevo e Rinascimento: combina tradizioni locali tedesche con influenze franco-fiamminghe e inglesi. L’arte dell’intavolatura: le trascrizioni sono arricchite da ornamentazioni e diminuzioni, anticipando tecniche del XVI secolo. La diffusione della musica europea: la presenza di brani di Dunstable e Dufay testimonia scambi culturali oltre le Alpi.
Dopo secoli di oblio, il manoscritto fu studiato sistematicamente a partire dal XIX secolo. Oggi, edizioni critiche e registrazioni (come quelle di Joseph Payne per Naxos) ne hanno riportato alla luce il valore, eseguendo brani su organi storici ispirati al suono medievale.
Il Buxheimer Orgelbuch non è solo una raccolta di musica, ma una testimonianza del forte legame tra epoche e culture diverse, un documento che rivela l’ingegno degli organisti del Quattrocento e la ricchezza della vita musicale europea. La sua conservazione a Monaco garantisce che questo patrimonio continui a ispirare studiosi e musicisti, mantenendo viva una tradizione che affonda le radici nell’umanesimo musicale del tardo Medioevo.
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