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Comunicazione&Vino

La comunicazione e l’“efficacia simbolica del vino”
Il paesaggio come metafora eloquente di dinamismo
“I limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo”
Ludwig Josef Johann Wittgenstein



Re Edoardo VII aveva due soprannomi: il primo era peacemaker, coniato per le sue grandi qualità diplomatiche, il secondo  Zio d’Europa, per la sua parentela con i diversi monarchi europei. Edoardo VII si trovò a gestire l'impero coloniale più grande del pianeta, ed in quel contesto storico, chiamato anche belle èpoque,  furono frequenti i viaggi che intraprese, alternando alla vita politica, anche quella mondana.

Ed è proprio da quest’ultima che emerge - oltre a quella per il gentil sesso - la sua grande passione per il cibo ed il buon bere. Il vino era la bevanda che più amava ed alimentava in lui quella "sete" di conoscenza che andava ben aldilà del semplice piacere edonistico, il vino per lui diventava oggetto con caratteristiche che dovevano essere contestualizzate, un “altrove” da esaminare e comprendere con il semplice mezzo del dialogo, egli fu uno dei primi comunicatori moderni del vino, sua la frase: ”Il vino non si beve soltanto, si annusa, si osserva, si gusta, si sorseggia e... se ne parla”.

Sicuramente il messaggio di Edoardo VII era troppo innovativo e non pienamente raggiungibile, in un epoca dove il vino e l’alcol in generale, era accompagnato da contenuti impropri, come la devianza sociale, l’eccesso, il basso livello popolare dei suoi consumi, e così via. Ma oggi sappiamo quanto il suo pensiero fosse indirizzato ad una comunicazione del vino in chiave moderna: il logos che ci accompagna nell'atto degustativo, arricchisce e va a formare quella  “competenza enologica” in cui il vino da oggetto simbolico, e quindi elemento della comunicazione, è capace di orientare un significato più ampio attraverso il linguaggio, in un processo che porta ad una “efficacia simbolica” e cioè, riuscire a produrre cultura con chiunque ne entri in contatto.

Il binomio “vino e cultura”, oggi è un elemento imprescindibile per una comunicazione efficace, restituendo o comunque andando a recuperare un immagine del vino che è fonte di raffinatezza, di conoscenza, di elevazione, e di quanto, il suo uso moderato, può contribuire al miglioramento della nostra “forma del vivere” e, dove il vino, come matrice di piacere sensoriale, possa anche diventare matrice di piacere intellettuale.

Ma raccontare il vino ci porta inevitabilmente ad una riflessione ancora più ampia; riprendendo le parole del Prof. Scienza attraverso i suoi studi sulla zonazione: "la vite è una pianta dall’estrema versatilità narrativa, caratterizzando il paesaggio ed i suoi iconemi, che ne sono i tratti più significativi, simboli anch’essi, che ci riportano al concetto di tipicità del luogo. Il termine tipicità - neologismo in –ità che designa le generalità dell’espressione “tipo”, tipico da cui deriva - si rifà ai contenuti espressi da Max Weber nel 1922, dove l’uso del termine “tipico-ideale”, rappresenta un modo per classificare la conoscenza, e designa appunto l’appartenenza di un soggetto a un genere identificato di facile riconoscimento. Per i francesi identifica un prodotto territoriale difficilmente ripetibile altrove ed è associato a terroir”.

Il potenziale metaforico che possiede un vigneto è molto forte e che diventa sempre più il vettore essenziale della conoscenza dei vigneti e dei vini di una zona, e quindi il supporto più importante per tutte le strategie enoculturali. Ma è anche una metafora eloquente di dinamismo. Il paesaggio è portatore di entusiasmo, ma nello stesso tempo di rigore e di stabilità che conforta e stimola il consumatore.

Rivolgendo uno sguardo a quelle che sono le nuove generazioni, è facile intuire quanto sia importante dare un’identità più comprensibile del vino secondo nuove chiavi di lettura, e questo anche concentrando gli sforzi comunicativi verso la ricerca di valori che si potrebbero far coincidere con il concetto di "identità globale", dove si intende affermare che, una buona comunicazione del vino non deve solo mirare a promuovere il prodotto, bensì  anche a far conoscere il contesto di produzione: il rapporto con il territorio, la cultura del vino, la possibilità di associare a un prodotto occasioni di festa, di incontro e di socialità. 

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