Alessandro il Grande, l'arte scarlattiana tra mito e oblio: a Bologna un convegno celebra l'Orfeo italiano. Incarnò la transizione dal barocco al galante
Nel III centenario della morte di Alessandro Scarlatti l'Accademia Filarmonica di Bologna organizza una giornata di studi con l’obiettivo di tracciare un ritratto completo del compositore palermitano, la cui opera ancora oggi attende una monografia critica definitiva in Italia. Soprannominato "l'Orfeo italiano" , a riflesso della sua abilità compositiva e fama.
Organizzato quest’anno dall’Accademia Filarmonica e curato dal musicologo Piero Mioli, il convegno bolognese, in programma il 3 maggio prossimo presso la Sala Mozart, cerca di dar conto della maggioranza della musica composta dall’insigne musicista, padre di Domenico, scomparso esattamente trecento anni or sono.
Il programma, suddiviso in due sessioni, coinvolge studiosi di rilievo internazionale per esplorare ogni aspetto della produzione scarlattiana:
- Emanuela Marcante ripercorrerà la biografia del compositore, mentre Francesca Menchelli Buttini approfondirà il legame tra teatro romano e potere politico.
- Antonio Caroccia analizzerà il periodo napoletano, cuore della sua attività operistica, con oltre 60 drammi per musica, tra cui capolavori come Gli equivoci nel sembiante (1679) e Griselda (1721).
- Andrea Parisini e Luca Della Libera indagheranno la ricezione postuma e l’uso innovativo di voci e strumenti, mentre Mariateresa Dellaborra e Marco Bizzarini affronteranno la produzione sacra e politica, dagli oratori alle serenate.
- Teresa Chirico e Andrea Zepponi sveleranno il mondo delle cantate, genere in cui Scarlatti eccelse con oltre 800 composizioni, e Luciano Scarpaci proporrà aggiornamenti per un catalogo finalmente “a giorno”.
Nato a Palermo nel 1660 e morto a Napoli nel 1725, Scarlatti traghettò il melodramma dal modello veneziano seicentesco alla scuola napoletana, codificando strutture divenute canoniche: la sinfonia tripartita (antesignana dell’ouverture), l’aria col da capo e i recitativi secchi, elementi che influenzarono direttamente Pergolesi e Händel. Come sottolinea Piero Mioli, curatore del convegno: «Scarlatti fu un laboratorio di forme: nella sua musica convivono il contrappunto rigoroso e la ricerca espressiva, l’austerità liturgica e il teatro popolare».
Nonostante la fama in vita, gran parte della sua opera è oggi poco eseguita, oscurata da quella del figlio Domenico. Eppure, come dimostrano studi recenti (Caroccia, Alessandro Scarlatti: Il teatro musicale, 2018), la sua produzione incarna la transizione dal barocco al galante, con soluzioni armoniche audaci e un’attenzione al testo che anticipa il Sturm und Drang.
Il convegno si avvarrà di fonti primarie custodite presso l’Archivio dell’Accademia Filarmonica e la Biblioteca Estense di Modena, dove si conservano autografi come la Toccata per cembalo (1715). Gli atti, pubblicati entro un anno come numero 19 della collana Libreria Filarmonica (avviata nel 2008), mirano a colmare un vuoto storiografico, come evidenzia Loris Azzaroni, presidente dell’Accademia: «Scarlatti merita di essere riscoperto non come padre di Domenico, ma come architetto di un’estetica musicale senza confini».
In un’epoca in cui il barocco è spesso associato a Händel o Vivaldi, questa giornata di studi invita a riscoprire un autore che, tra serenate per principi e oratori sacri, seppe fondere moti d’affetto e calcolo politico. Come scrive Marco Bizzarini nel saggio L’oratorio nel Seicento (2012): «Scarlatti trasformò la musica in un linguaggio di potere, ma anche di sublime evasione». Un monito per interpreti e studiosi: esplorare Scarlatti significa riscrivere la mappa del Barocco.
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