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La Primavera ritrovata: Alessandro Scarlatti al Teatro dell’Opera di Roma per i 300 anni dalla morte

Per la prima volta, La gloria di Primavera di Alessandro Scarlatti risuona al Teatro dell’Opera di Roma, nel trecentesimo anniversario della morte del compositore barocco. Un evento eccezionale, promosso in collaborazione con il Ministero dell’Università e della Ricerca e il Conservatorio di Palermo, che vedrà protagonista l’Orchestra Nazionale Barocca dei Conservatori Italiani diretta da Ignazio Maria Schifani, al suo debutto romano.


La gloria di Primavera di Alessandro Scarlatti rivivrà nella sua forma originale lunedì 28 aprile al Teatro Costanzi. L'iniziativa si inserisce in un più ampio progetto di valorizzazione del repertorio barocco italiano, realizzato in collaborazione con il Ministero dell’Università e della Ricerca e il Conservatorio “Alessandro Scarlatti” di Palermo.

Composta in sole quattro settimane nella primavera del 1716, La gloria di Primavera è una serenata allegorica che celebra la nascita dell’arciduca Leopoldo d’Asburgo, figlio dell’imperatore Carlo VI, avvenuta il 13 aprile dello stesso anno. Fu commissionata a Scarlatti da Gaetano d’Aragona e dalla colta e influente principessa Aurora Sanseverino, tra le più importanti mecenati del Settecento napoletano e già committente di opere di Porpora e Vinci. 

La prima rappresentazione, tenutasi il 19 maggio 1716, fu un trionfo, tanto da richiederne due repliche immediate, come riportato da fonti d’epoca e dagli studi di musicologi contemporanei come Francesco Cotticelli e Paologiovanni Maione. Tuttavia, la morte prematura dell’arciduca nello stesso anno ne compromise la fortuna postuma: la partitura cadde nell’oblio, sopravvivendo in copia manoscritta presso archivi partenopei e viennesi fino alla riscoperta novecentesca.

Una delle sue prime riesecuzioni moderne avvenne nel 2015 presso la First Congregational Church di Berkeley (California), diretta da Nicholas McGegan con la Philharmonia Baroque Orchestra. Un evento che contribuì a riaccendere l’interesse verso questa pagina sontuosa del barocco musicale europeo.

La serenata si articola in una sequenza di recitativi e arie per cinque voci soliste (Primavera, Estate, Autunno, Inverno, Giove) e orchestra, in una forma che riflette i canoni del genere ma con soluzioni armoniche e retoriche di grande raffinatezza. Le quattro stagioni, personificazioni allegoriche della Natura, si contendono il privilegio di celebrare la nascita del principe. Giove interviene a dirimere la disputa, attribuendo alla Primavera la supremazia simbolica; un gesto questo che richiama il rinnovamento e la speranza dopo il lungo inverno della guerra di successione spagnola, conclusasi con la pace di Utrecht nel 1713.

Scarlatti, qui nella sua piena maturità stilistica, adotta un linguaggio che prefigura la cantabilità galante del primo Settecento ma mantiene soluzioni contrappuntistiche e modulanti che testimoniano l’eredità del Seicento. L’orchestrazione - composta da archi, continuo e fiati selezionati - si distingue per l’uso simbolico del colore timbrico e per la precisione prosodica nel trattamento del testo forse attribuibile a un poeta d’ambito metastasiano.

La scrittura musicale di Scarlatti intreccia con raffinatezza immagini pastorali, riferimenti alla natura e all’Austria imperiale (tra cui il Danubio e l’aquila), in un continuo dialogo tra testo e suono che richiama la sensibilità pre-classica e la teatralità del barocco maturo. L’opera, infatti, si colloca nel pieno della parabola artistica del compositore, all’epoca celebre in tutta Europa per i suoi drammi per musica e per l’innovazione introdotta nella cantata e nell’oratorio.

L’edizione moderna della serenata presentata a Roma si basa sulla revisione critica dei materiali manoscritti conservati a Napoli (Biblioteca del Conservatorio San Pietro a Majella) e a Vienna (Österreichische Nationalbibliothek). A rendere vivo questo capolavoro sarà un cast vocale selezionato tra giovani promesse del panorama lirico italiano e internazionale: Jiayu Jin (Primavera), Martina Licari (Estate), Chiara Brunello (Autunno), Luca Cervoni (Inverno) e Antonino Arcilesi (Giove). La direzione è affidata a Ignazio Maria Schifani, clavicembalista e direttore d’orchestra palermitano, noto per le sue interpretazioni filologiche del repertorio antico e già ospite di festival di prestigio come il Festival d’Ambronay, il Maggio Musicale Fiorentino e il Festival di Musica Sacra di Quito.

Sul podio l’Orchestra Nazionale Barocca dei Conservatori Italiani, fondata nel 2016, che riunisce giovani talenti provenienti dai principali istituti di alta formazione musicale del Paese. L’ensemble ha già collaborato con direttori del calibro di Rinaldo Alessandrini, Enrico Onofri e Alessandro Quarta, distinguendosi per rigore stilistico e freschezza interpretativa.

La messa in scena de La gloria di Primavera, in occasione del tricentenario della morte di uno dei giganti della musica barocca, oltre ad essere un omaggio commemorativo, è anche occasione per riportare alla luce una parte del nostro patrimonio musicale dimenticato che ci fa riflettere sulla funzione della musica come strumento di costruzione del potere, dell’identità dinastica e del simbolismo politico. In un’epoca in cui il patrimonio musicale europeo viene sempre più studiato con criteri interdisciplinari, opere come questa ci ricordano quanto ancora sia necessario indagare i margini del repertorio canonico.

Alessandro Scarlatti, troppo spesso ridotto a figura di passaggio tra il Seicento e il classicismo, rivela invece - come già sostenuto da Howard E. Smither (A History of the Oratorio, 1977) - una modernità sorprendente nella gestione drammaturgica e nella concezione timbrica. Questo evento romano ne è la prova tangibile.

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