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Pratica musicale: un continuo balletto cognitivo che velocizza attenzione, memoria, linguaggio e funzioni esecutive. Lo studio dell'Università di Padova

Uno studio dell'Università di Padova pubblicato su Psychology of Music ha indagato sul legame tra formazione musicale e potenziamento delle abilità visuo-spaziali. Attraverso dei test il team di ricerca ha coinvolto musicisti e non musicisti, dimostrando che i primi sono più rapidi del 15-20% nell’elaborazione gerarchica degli stimoli. 

Pompeo Massani, Prova d'orchestra,  1920

Numerosi studi hanno evidenziato un legame tra formazione musicale e potenziamento delle abilità visuo-spaziali. I musicisti hanno mostrato una spiccata attenzione ai dettagli locali di una scena visiva. Tuttavia, rimaneva un interrogativo: l’allenamento musicale modifica la precedenza globale-locale, ossia la tendenza a processare prima l’insieme e poi i particolari, ben documentata nella popolazione generale? Un recente studio condotto dal team guidato dal prof. Christian Agrillo dell’Università di Padova, ha indagato sulla questione rivelando che i musicisti possiedono un vantaggio unico: una maggiore velocità nel passaggio tra analisi globale e locale, abilità forgiatasi tra pentagrammi e accordi.

La lettura di uno spartito richiede di fatto un balletto cognitivo continuo: riconoscere un accordo (globale) mentre si individuano alterazioni o dinamiche nelle singole note (locale). Questo allenamento visuo-spaziale rende i musicisti abili nel decifrare non solo la musica, ma anche stimoli complessi estranei al contesto musicale. Come sottolinea Agrillo, un musicista non allenato rischierebbe di confondere una cadenza perfetta (V-I, conclusiva) con una cadenza d’inganno (V-VI, sospensiva), differenziate da un singolo dettaglio nell’accordo finale.  

Al centro della ricerca c’è lo stimolo di Navon, una lettera grande composta da caratteri minuscoli (es. una "H" formata da piccole "H" o "S"). Questo strumento misura la capacità di alternare l’attenzione tra l’insieme (la lettera principale) e i dettagli (le lettere componenti). I non musicisti mostrano tempi più lunghi quando globale e locale entrano in conflitto (es. una "H" fatta di "S"), mentre i musicisti eccellono in entrambi i compiti, senza sacrificare la precisione.  

Lo studio, pubblicato su Psychology of Music, ha coinvolto 22 musicisti e 22 non musicisti, dimostrando che i primi sono più rapidi del 15-20% nell’elaborazione gerarchica degli stimoli. Questo vantaggio si riflette in abilità trasversali come la precisione nelle illusioni acustiche: i musicisti sono meno suscettibili a illusioni come la Regular-Random Numerosity Illusion, dove elementi ordinati sembrano più numerosi di quelli casuali; l'efficienza nella lettura: strategie come l’analisi battuta per battuta o l’uso di app specifiche (es. Music Tutor) ottimizzano ulteriormente queste capacità. La prevenzione di errori armonici: la distinzione tra cadenze richiede un’analisi microscopica delle note, simile alla decodifica degli stimoli di Navon.  

In un ulteriore esperimento incentrato sul bilanciamento tra visione d’insieme e dettaglio, ai partecipanti è stato proposto un compito basato sull’osservazione di immagini complesse (es. paesaggi strutturati). I dati raccolti hanno smentito l’ipotesi iniziale di una diversa precedenza globale-locale tra musicisti e non musicisti: entrambi i gruppi hanno mostrato una gerarchia percettiva identica, elaborando prima la configurazione generale (“foresta”) e successivamente i singoli elementi (“alberi”), seguendo la gerarchia tipica della percezione umana.  

Tuttavia, i musicisti hanno dimostrato un netto vantaggio in termini di rapidità cognitiva, completando entrambi i compiti (globale e locale) con tempi significativamente ridotti rispetto ai non musicisti, mantenendo standard di precisione invariati. Un test di controllo sulle tempistiche motorie ha escluso differenze nella velocità di risposta fisica, evidenziando come la differenza risieda in un’ottimizzazione dei processi mentali legati all’attenzione selettiva.  

Questa ricerca, in linea con studi precedenti, rafforza l’idea che la pratica musicale prolungata agisca come un allenamento trasversale, potenziando compiti che richiedono l’elaborazione simultanea di informazioni globali e locali e l’inibizione di quelle irrilevanti. Come sottolineano gli autori, la lettura di uno spartito – dove l’occhio deve cogliere strutture ampie (accordi, frasi) e dettagli microscopici (alterazioni, dinamiche) – potrebbe essere la chiave di questo affinamento percettivo. Un ulteriore tassello che conferma: la musica non solo allena l’orecchio, ma trasforma il modo in cui occhi e mente decifrano il mondo.  

La pratica musicale si conferma un esercizio olistico: affina l’udito, potenzia la mente e, sorprendentemente, acuisce la vista. Le abilità visuo-spaziali sono fondamentali per l’apprendimento e l’orientamento, e i musicisti ne rappresentano un caso emblematico. Insomma, leggere uno spartito non è solo abilità o arte: è neuroscienza applicata.  

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