Ecco mormorar l'onde: la svolta concettuale di Monteverdi. Quando paesaggio esteriore ed emozione interiore si fondono in un unico linguaggio
Con Ecco mormorar l'onde, Monteverdi supera il madrigalismo descrittivo anticipando l’estetica romantica e simbolista. Nel madrigale il paesaggio diventa specchio dell'io: ogni elemento naturale, diventa un gesto musicale carico di intenzionalità psicologica e non una semplice illustrazione. E' una svolta concettuale quella del compositore cremonese, una vera e propria rivoluzione, in cui la fusione di poesia e musica, creando una realtà autonoma, pone al centro l'arte come sintesi.
Qualcuno lo chiama il madrigale perfetto, io aggiungerei: concettualmente rivoluzionario. Ecco mormorar l’onde, composto da Claudio Monteverdi e pubblicato nel Secondo Libro de Madrigali a 5 voci (1590), rappresenta un punto di svolta nella storia della musica rinascimentale. Il brano fu dedicato a Iacomo Ricardi, probabilmente un mecenate o collaboratore, e riflette l’intento di Monteverdi di elevare il madrigale a forma d’arte capace di trascendere la mera descrizione, trasformando la parola in esperienza sonora.
Il testo, tratto da un madrigale di Torquato Tasso, appartiene alla raccolta Rime per Laura Peperara, dedicata all’arpista mantovana con cui il poeta ebbe una breve relazione. Monteverdi, già affermato a corte, scelse questo testo per la sua capacità di fondere immagini naturali e suggestioni emotive, inserendolo in un contesto artistico influenzato da figure come Giaches de Wert, compositore legato a Tasso e modello per la sperimentazione musicale dell’epoca.
Torquato Tasso fu fondamentale per Monteverdi, la sua poesia era già strutturata per accogliere una dimensione "affettiva". La Gerusalemme liberata, ad esempio, combina epica e lirismo, offrendo spunti per una resa musicale drammatica. Monteverdi, musicando le ottave del Combattimento, trasformò il duello tra Tancredi e Clorinda in un dramma interiore, dove la musica sottolinea il pathos della riconcilianza finale. Studi recenti, come quelli di Massimo Ossi, sottolineano che Monteverdi vedeva in Tasso non un semplice fornitore di testi, ma un collaboratore ideale, la cui poesia conteneva già un’"anima musicale".
L'evidenza di questa svolta epocale in Monteverdi ci viene fornita dal passaggio dalla prima pratica (polifonia rinascimentale rigorosa) alla seconda pratica, dove la musica diventa proprio lo strumento per esprimere gli stati d’animo, seguendo il principio platonico della musica come "serva dell’orazione". Questa innovazione si basava sulla teoria degli affetti, che studiava come tradurre in suoni le emozioni umane (ira, temperanza, umiltà) attraverso scelte armoniche, ritmiche e dinamiche.
Ad esempio, nello stile concitato (caratterizzato da note ribattute e dissonanze), Monteverdi rappresentava l’ira o l’eroismo; tornando al Combattimento di Tancredi e Clorinda, il tremolo degli archi simula di fatto l’agitazione interiore dei personaggi, non il rumore della battaglia. Questa visione è confermata dalle sue lettere e dagli scritti teorici, come la prefazione agli Scherzi musicali (1607), dove il fratello Giulio Cesare spiega che la musica deve "muovere gli affetti" attraverso l’armonia al servizio del testo.
Tra le fonti che attestano questo, ci sono anche lettere e scritti teorici, come le missive di Monteverdi (ad esempio quelle al cardinale Ferdinando Gonzaga) e la Dichiarazione di Giulio Cesare che rivelano l’intenzione di privilegiare l’espressività sulla forma, influenzata dalla filosofia neoplatonica e dalla retorica classica. Nel contesto storico-culturale, la riscoperta della teoria degli affetti nel XX secolo ha permesso di interpretare opere come L’Orfeo o L’incoronazione di Poppea non come mere narrazioni, ma come esplorazioni psicologiche, dove i personaggi hanno una profondità emotiva senza precedenti.
La polemica con Giovanni Maria Artusi è cruciale per comprendere la portata della rivoluzione. Artusi criticava le "imperfezioni" armoniche di Monteverdi, come le dissonanze non preparate nel madrigale Cruda Amarilli. Monteverdi rispose difendendo la seconda pratica, in cui la musica deve adattarsi al testo, anche violando le regole del contrappunto, per comunicare emozioni autentiche.
Questo approccio si lega alla retorica musicale, dove figure come l’anabasi (scale ascendenti per esprimere speranza) o la catabasi (scale discendenti per la tristezza) diventano codici espressivi standardizzati, come evidenziato nel trattato Istitutioni harmoniche di Zarlino.
Analizzando il rapporto musica-poesia, nel madrigale tassesco viene descritta l’alba attraverso un crescendo di immagini: dal mormorio delle onde al canto degli uccelli, fino allo splendore dell’aurora. Tasso utilizza un linguaggio ricco di metafore (es. imperla il dolce gelo per la rugiada) e giochi fonici (allitterazioni in r e l), strutturando il testo in due parti introdotte da ecco, con una progressione dalla quiete notturna all’esplosione della luce. Monteverdi risponde a questa architettura con una scrittura polifonica che interpreta e amplifica il testo.
Il brano è considerato un capolavoro per la sua sintesi tra tradizione e innovazione. Monteverdi attinge dalla lezione di Luca Marenzio e Wert, ma introduce un linguaggio tonale embrionale, utilizzando progressioni armoniche che prefigurano il barocco. La scelta di omettere alcune parole del testo originale (es. le campagne) sottolinea l’attenzione alla fluidità musicale, privilegiando la resa emotiva rispetto alla fedeltà letterale.
Inoltre, Ecco mormorar l’onde esemplifica il concetto di paysage est un état d’âme: la musica non dipinge la natura, ma riflette lo stato d’animo del poeta, trasformando il paesaggio in un’esperienza interiore. L’espressione «paysage est un état d’âme» (in francese, "il paesaggio è uno stato d'animo"), citata dal musicologo e compositore Roman Vlad in riferimento a Monteverdi, sintetizza un’idea centrale della poetica musicale rinascimentale e barocca: la natura non viene descritta oggettivamente, ma diventa un riflesso dell’interiorità umana.
Il concetto affonda le radici nella tradizione simbolista e romantica, dove il paesaggio è spesso metafora di emozioni (si pensi a Baudelaire o ai Lieder di Schubert). Tuttavia, il musicologo, lo applica specificamente al madrigale monteverdiano, evidenziando come la musica trasfiguri gli elementi naturali in esperienze psicologiche.
Così, nel madrigale di Monteverdi, l’alba non è un semplice scenario, ma un’allegoria dell’animo in trasformazione. Dalla quiete all’esplosione emotiva: le note ribattute e le sospensioni armoniche all’inizio non imitano il mormorio delle onde, ma evocano l’attesa prima del sorgere della luce. Il climax su «O bella e vaga Aurora» non celebra solo l’aurora fisica, ma la rivelazione di un’illuminazione quasi mistica.
La natura come linguaggio dell’anima: elementi come il «tremolar de’ verdi rami», diventano vibrazioni emotive, resi con tremoli vocali che suggeriscono inquietudine o speranza. Le voci riproducono il mormorar delle onde con note fluide evitando l’onomatopea banale a favore di un’evocazione psicologica. Come scrive Vlad, «il paesaggio cessa di essere sfondo per diventare protagonista della vita psichica».
Monteverdi supera di fatto il madrigalismo descrittivo - l’acqua che scorre imitata da scale veloci - per abbracciare un approccio soggettivo e simbolico. Quindi non suoni, ma stati d’animo: il ribattuto iniziale non riproduce il rumore delle onde, ma fissa nell’ascoltatore la sensazione di un istante sospeso, dove l’immobilità esterna nasconde un fermento interiore.
La divisione in due sezioni corrisponde ai due ecco del testo. La prima parte, caratterizzata da note ribattute e sospensioni armoniche, crea un’atmosfera di attesa; la seconda, più luminosa, celebra l’aurora con accordi aperti e un climax sul verso bella e vaga Aurora: il crescendo dinamico non è solo un aumento di volume, ma l’emergere progressivo di una consapevolezza emotiva, simile all’alba che dissolve le ombre della notte.
Siamo di fronte ad un madrigalismo raffinato: come osservato dal musicologo Tito Gotti, Monteverdi non si limita a illustrare il paesaggio, ma ne cattura lo spirito interiore. Come dicevo, il ribattuto iniziale delle voci simula la quiete precaria dell’alba, anticipando l’imminente risveglio della natura.
Vlad collega questa visione a compositori successivi quali Schubert, nei Lieder come Der Lindenbaum (da Winterreise), dove il tiglio non è un albero, ma il simbolo di una nostalgia irrisolta. Wagner, nel preludio de L’Oro del Reno trasforma il fluire del Reno in un’allegoria del desiderio umano.
Il concetto di «paysage est un état d’âme» sottolinea come, in Monteverdi, la natura sia un mezzo, non un fine; "non è il vento che trema, ma l’anima che lo ascolta", un approccio questo che rivela l’essenza del madrigale maturo: un’arte che non descrive il mondo, ma lo ricrea attraverso il filtro dell’esperienza umana, ponendo le basi per la futura drammaturgia musicale barocca e oltre.
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