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TEA e Vitigni Resistenti: innovazione e sostenibilità per la viticoltura del futuro. A Vinitaly il talk del CREA

In occasione di Vinitaly, il CREA ha organizzato un talk dal titolo “TEA & vitigni resistenti: a che punto siamo?”, riunendo ricercatori, istituzioni e produttori per tracciare un bilancio su due pilastri della viticoltura sostenibile: le Tecnologie di Evoluzione Assistita (TEA) e i Vitigni Resistenti. 


I vitigni resistenti, noti anche come Piwi (dal tedesco Pilzwiderstandsfähig), rappresentano una rivoluzione silenziosa. Ottenuti tramite incroci naturali tra varietà nobili, come ad esempio Sangiovese o Nebbiolo, e parentali resistenti a malattie come oidio e peronospora, questi ibridi uniscono la resilienza al prestigio dei vitigni autoctoni. Quindi è bene ribadirlo non si tratta di OGM, ma di un miglioramento genetico tradizionale accelerato.  

I vantaggi sono tangibili: riduzione del 70-90% dei trattamenti fitosanitari, minor impatto ambientale e mantenimento di profili aromatici complessi. Esempi come il Soreli (bianco resistente) in Friuli o il Cabernet Volos (incrocio tra Cabernet Sauvignon e un vitigno resistente) dimostrano come la qualità non sia compromessa. 

Tuttavia, la sfida resta l’accettazione del mercato: “I consumatori devono percepire questi vini come espressione autentica del territorio”, osserva Giangiacomo Bonaldi Gallarati Scotti, presidente di Federdoc. Andrea Rocchi, presidente del CREA, ha sottolineato l’urgenza di coniugare innovazione e valutazione economica: “Dobbiamo assicurare all’agricoltura italiana strumenti non solo efficaci, ma anche sostenibili e rispondenti alle reali esigenze del settore”.  

Complementari ai Piwi sono le TEA, che agiscono su varietà esistenti per migliorarne resistenza e adattamento. Attraverso tecniche come la cisgenesi (trasferimento di geni tra organismi sessualmente compatibili) o l’editing genomico (es. CRISPR), è possibile sviluppare cloni di Sangiovese o Pinot Grigio meno suscettibili a stress climatici o malattie, senza alterarne l’identità genetica. “Le TEA preservano il patrimonio viticolo italiano, accelerando processi che in natura richiederebbero decenni”, afferma Sara Zenoni, ricercatrice dell’Università di Verona.  

La diffusione di queste innovazioni dipende dalla loro fattibilità economica. Marco Stefanini, presidente della Fondazione Piwi, evidenzia come i vitigni resistenti possano ridurre i costi di produzione (fino al 30%), cruciale per i piccoli produttori. Tuttavia, servono incentivi per la riconversione dei vigneti e formazione tecnica. Per le TEA, invece, il dibattito si concentra sulla brevettabilità: “È necessario trovare un equilibrio tra tutela della proprietà intellettuale e accessibilità per gli agricoltori”, sottolinea Luca De Carlo, presidente della Commissione Agricoltura del Senato.  

Un tema trasversale è la comunicazione. “Dobbiamo trasmettere i benefici ambientali ed economici di queste tecnologie, contrastando disinformazione e paure infondate”, aggiunge De Carlo. Servono campagne che coinvolgano istituzioni, media e influencer, puntando su trasparenza e dati scientifici. 

Il talk ha delineato un futuro in cui ricerca e tradizione dialogano: i Piwi ampliano la biodiversità, mentre le TEA preservano le eccellenze esistenti. La sfida ora è costruire un quadro normativo chiaro (in Europa, le TEA sono ancora regolate come OGM), sostenere gli investimenti e coinvolgere tutta la filiera. “L’Italia può guidare una rivoluzione verde nel vino, ma serve coraggio e visione”, conclude Rocchi. Un obiettivo ambizioso, ma non impossibile, per un settore che vale 14 miliardi di export e incarna il made in Italy nel mondo.

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